domenica 1 luglio 2012


ITALIA E SPAGNA SOGNANO LA COPPA SALE FEBBRE PER LA FINALE EURO2012

di Sergio Conti

Ancora Italia-Spagna, l' ultima, la più bella, la prima finale tra le sorelle di calcio latino. Così vicine, così diverse. Da Danzica a Kiev, stasera è la sera di Euro 2012. Si ricomincia da dove ci eravamo lasciati, un pareggio all'esordio che per noi significava una mezza vittoria: «Loro restano i più forti ma noi saremo la sorpresa», il concetto tutto nostro, ripetuto anche ieri Prandelli e Buffon, un po’ per ammorbidire la vigilia, un po’ perché è la verità. «No, si parte alla pari», rispondo loro, un po’ per non esagerare, ma anche per passare a noi la tensione. Che invece sembra scivolare addosso agli Azzurri. « La Spagna è la migliore al mondo, è la squadra da battere», ripete Prandelli, con una naturalezza che sa di grande maturità. L’ultimo precedente in una gara a eliminazione diretta fu ai quarti di Euro 2008, quando la forza della Spagna era ancora incastrata nella roccia, come Excalibur (ma servirono i rigori per eliminarci). Ora, dopo la scorpacciata mondiale in Sudafrica, gli iberici sanno di avere tra le mani un'opportunità storica: vincere tre trofei consecutivi, cosa mai accaduta prima. Meno bella rispetto agli anni passati, ma i Los Siete Magnificos (Casillas, Xavi, Ramos, Xabi Alonso, Iniesta, Torres e Fabregas) fanno paura a chiunque. La novità è che anche l'Italia fa paura, per storia, ma anche – questa è la novità – per il gioco: «Siamo grati per il rispetto che ci hanno mostrato, ma anche noi rispettiamo l'Italia. È un'ottima squadra e in semifinale hanno dimostrato il loro valore. Partiamo alla pari», spiega il ct spagnolo, Vicente Del Bosque, che vincendo stasera eguaglierebbe lo stesso miracolo di Helmut Schön, vincere mondiali ed Europei da tecnico: «Credo – glissa il Del Bosque - che a questo punto la storia sia stata già scritta, perché siamo in finale».LA NOVITA'. FACCIAMO PAURA All’Italia di Prandelli il compito di riportarci a Berlino 2006. Senza paura e pressioni, è il volto rilassato del ct in conferenza stampa che introduce gli Azzurri in una nuova era: «Dovremo creare superiorità numerica, e quando gli avversari ce lo permetteranno, faremo gioco. È la strada vincente, anche in prospettiva». Da Danzica a Kiev, comunque vada è stato un Euro 2012 esaltante per gli Azzurri, che pareva essersi incrinato nel pari con la Croazia seguito però dalla definitiva consacrazione contro Inghilterra e soprattutto Germania: «Perché siamo cresciuti come condizione fisica ed equilibri – dice Prandelli - e ritrovato le sicurezze che avevamo perso nel frattempo». Stasera in campo la finale più giusta, otto trofei in tutto e se la storia recente dice Spagna, quella universale dice Italia: quattro mondiali e un Europeo, non dimenticarlo mai. Questione di motivazioni, pretesti e pressioni. Quelle degli iberici parlano di record, sono loro ad avere più da perdere: « La partita più importante per il calcio spagnolo», ripete Del Bosque. «Abbiamo la possibilità di entrare nella storia e faremo di tutto per vincere. È un risultato incredibile essere giunti alla finale per la terza volta», spiega Xavi, per poi chiudere una volta per tutte la querelle sul “biscotto”: «Abbiamo solamente fatto il nostro lavoro nella fase a gironi, non ce ne pentiremo mai». Non finiremo mai di dire bravi spagnoli, ma stasera niente «bonus» per dirla con Buffon: «Era un modo di dire – spiega il numero uno azzurro – per riconoscenza. Domani incontriamo la squadra che manifesta la sua superiorità, per fortuna si parte sullo zero a zero. Loro sono favoriti, ma noi abbiamo lo stesso spirito del 2006». In più, l'Italia piace a tutti, è diventata un esempio di gioco, e da una settimana è risbocciato l'amore con gli italiani. Quello che alla truppa prandelliana non ha mai fatto mancare il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che ieri ha consegnato a Prandelli una lettera scritta di suo pugno: «Con molta emozione l'ho letta – ha detto il ct - e ho trovato come sempre parole importanti per noi e non vedo l'ora di leggerle ai giocatori». Al Quirinale la visita degli Azzurri è prevista domani, che vincano o perdano. Ancora una volta, le chiavi del centrocampo a Pirlo. Si prepara la gabbia allo juventino: «Loro hanno Pirlo, Montolivo e sanno come giocare a calcio – precisa però Del Bosque - noi abbiamo l'esperienza necessaria». Differenze, la Spagna con Fabregas “finto 9” stenta a segnare e ieri Del Bosque ha detto che «giocheremo con tre attaccanti» (bisogna credergli?), noi un 9 lo abbiamo appena trovato. Dopo la doppietta alla Germania, ora Super Mario se lo coccolano tutti: «Balotelli? Il merito – dice Buffon - è tutto suo, e di Prandelli». Balotelli, Cassano, Pirlo, De Rossi, Buffon, e poi i gregari della difesa, Balzaretti, Barzagli, Bonucci, Chiellini. Nomi che in 90' possono finire in cantina o passare alla storia. Loro hanno solo la musica, noi anche le parole. E allora pazza Italia, facci cantare ancora.
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sabato 30 giugno 2012


FINI: MAI PIÙ CON PDL E LEGA GRILLO? TERMOMETRO DELLA FEBBRE

«Facciamo per rilegittimare la politica la proposta di una legge elettorale uninominale con maggioritario secco, senza listini proporzionali, senza paracaduti e senza furberie. Si discuta semmai del diritto di tribuna. Noi avanziamo la proposta, poi ci dicano di no».Lo ha detto il leader di Fli Gianfranco Fini. «Che il dominus sia Alfano o Berlusconi, la prospettiva del Pdl di un'alleanza con la Lega che contrasta e ha contrastato Monti per noi è impraticabile». Lo ha detto il leader di Fli Gianfranco Fini aprendo l'Assemblea Nazionale di Fli ad Eataly.«No ad alleanze con chi ha contestato o contesta il governo Monti». A dirlo è Gianfranco Fini durante l'assemblea di Fli. E questo vale a sinistra per forze come Sel e a destra «per un Pdl alleato con la Lega». «L'interesse nazionale passa per il pieno sostegno del governo, anche perchè noi per primi ci siamo assunti la responsabilità di aprire una nuova fase e non dobbiamo negare che alzare quel dito ci è costato, anche se tornassi indietro lo rifarei. Lo abbiamo fatto nel nome dell'interesse nazionale e oggi abbiamo dovere di coerenza nel sostenere governo, senza adesione acritica». Lo ha detto il leader di Fli Gianfranco Fini aprendo l'Assemblea Nazionale di Fli ad Eataly. «Grillo non è il problema, ma il termometro che registra la febbre che c'è nella società italiana, molto molto alta. Il compito della politica non è rompere il termometro o lanciare anatemi, ma curare questa febbre». Lo ha detto il Presidente della Camera Gianfranco Fini, parlando all'assemblea nazionale di Fli. L'altro dato significativo che indica la crisi dei partiti è «la crescita dell'astensionismo e delle liste civiche».Gianfranco Fini propone di regolare per legge le unioni diverse dal matrimonio fra due persone. «Nessuno mette in discussione la famiglia ma senza timori» e nonostante vi siano resistenze nel partito «occorre regolare per legge quelli che il Censis definisce nuovi format familiari».
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venerdì 29 giugno 2012


PRANDELLI, LA FORZA DI ESSERE NORMALI

di Sergio Conti 

La forza di Balotelli, certo. Il genio di Pirlo, sicuramente. La forza di De Rossi, ci mancherebbe. Le parate di Buffon, ovviamente. Eppure, dietro a quest’Italia che vince, piace, (ri)fa innamorare una nazione intera e ora sfiderà la Spagna, c’ è soprattutto la faccia di un uomo normale. Cesare Prandelli ha il sorriso del perfetto padre di famiglia. La voce calma e rassicurante che non deraglia mai in frasi fuori posto. L’ elogio della normalità, si direbbe. Laddove la normalità, nel suo lavoro di allenatore, è stata qualla di premiare i meriti dell’oggi e non guardare ai nomi o ai retaggi del passato. Ha portato in Nazionale giocatori che aveva messo ai margini quando li allenava nei club. Allroa credevo fosse giusto, forse ho sbagliato, oggi meriti di essere qui e ci sei, chissenefrega di quello che è stato. Ha raccolto le macerie di una nazionale distrutta da Lippi che, dopo i fasti di Germania, aveva agito in senso opposto. Dentro nomi e “protetti”, fuori i meritevoli, clamoroso specchio dell’ Italia che fallisce. Prandelli ha capovolto la logica, sfidato gli scettici e ha reso straordinaria la normalità. Premiare il talento, investire nei giovani, guardare oltre pregiudizi ed etichette, scegliere giocatori da Firenze, Bologna, Palermo, squadre reduci da annate mediocri o dal Torino che era in B. Certo, le fondamenta le ha messe salde e consolidate (Buffon, Pirlo, De Rossi) ma le colonne portanti sono poi diventati gli esclusi, i reietti, gli ingestibili, gli inallenabili. Cassano e Balotelli, oggi fratelli e orgoglio d’ Italia. Chi avrebbe scomesso sul primo dopo 4 mesi di inattività, un’ operazione al cuore e il rischio di non tornare più a correre dietro a un pallone? Prandelli non ha avuto dubbi. Sa che Antonio ha un’ ora nelle gambe, forse meno. “Ma tu vai, fai la differenza e torna” gli ha sorriso. E Antonio lo ha ripagato. Un gol contro l’Irlanda, la giocata decisiva contro la Germania. Lampi. Ciò che serviva. Eppoi Mario. Lui in guerra col mondo, lui incompreso, lui fuori dagli schemi, lui nero e insultato, lui solo e sempre e semplicemente troppo. Cesare ha preso quel troppo perché troppo è anche il talento e non ha esitato a mettergli sulle spalle il peso di una squadra, di una nazione, di un Europeo. Lo ha guardato dritto negli occhi e gliel’ha detto senza giri di parole. Come un padre al figlio che diventa grande. Non una sfida, ma un gesto di fiducia. Di responsabilità. Rinnovata anche quando non andava bene, il gol non arrivava, le occasioni sì, ma i gol no e allora sarebbe stato facile dire, ok, non importa, avanti un altro. Quanti, nell’Italia di oggi, avrebbero fatto altrettanto? Se Cesare ha un merito, e il suo passato lo insegna, è riuscire a fare di tanti individui un gruppo unito. A Firenze, per 5 nni, ha portato la squadra a risultati che sembravano normali ma non lo erano. La Fiorentina tra le prime quattro d’Italia e nel gotha d’Europa era una piacevole intrusa che lui aveva plasmato su di sé e sulla fiducia dei suoi uomini. Rimasti loro, uscito di scena lui, il campo ha ribaltato certezze e illusioni. E il gruppo lo si crea mettendoci la faccia. Come alla vigilia dell’Europeo, lo scandalo calcioscommesse, le perquisizioni, le pressioni, quel senso di marcio che si infiltrava ovunque. “Se volete, se serve, noi in Polonia e Ucraina non andiamo” sentenziò. Fermo, deciso, senza esagerazioni. Un titolo da giornali, certo, ma anche un modo per dire ai suoi, ok, ragazzi, in questa storia ci siamo dentro tutti insieme, nel bene e nel male e qualunque cosa accada si va tutti dalla stessa parte.E allora davvero, per una volta, il calcio che tutto fagocita può davvero portare una lezione al Paese. Scommettere su normalità, merito, fiducia, integrazione si può. Si deve. Prandelli ha tracciato un solco profondo. Unico. Lo ha reso semplice e spontaneo. E’ un patrimonio prezioso, da non sperperare.
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giovedì 28 giugno 2012


GOOGLE PRESENTA IL NUOVO NEXUS 7 LA SFIDA È AL KINDLE DI AMAZON

Google fa il pieno di novità. Ma l'attenzione è tutta per Nexus 7, il tablet di Mountain View che sfida il Kindle di Amazon col taglio ai costi. La tavoletta di Google, disponibile da luglio, ha infatti un prezzo molto economico: parte da 199 dollari, incluso un credito di 25 dollari per l'acquisto di film, libri e altro su Google Play. Nexus 7 costa quindi quanto un Kindle e decisamente meno dell'iPad di Apple. Il tablet di ultimissima generazione ha uno schermo di 7 pollici e un display HD 1280x800. Il microprocessore Tegra-3, dotato di CPU quad-core e GPU 12-core rende tutto, giochi inclusi, estremamente veloce. Nexus 7 pesa solo 340 grammi ed è venduto con alcuni contenuti di intrattenimento precaricati, tra cui il film "Transformers: Dark of the Moon", il libro "The Bourne Dominion", riviste come Condè Nast Traveller e Popular Science e canzoni di band come Coldplay e Rolling Stones. Mountain View si spinge però anche oltre nella battaglia a tutto campo con gli altri colossi del mercato digitale e presenta Nexus Q e Jelly Bean 4.1, la nuova versione del sistema operativo di Android, successiva a Ice Cream Sandwich. Nexus Q si presenta come una vera rivoluzione per Big G: si tratta di un dispositivo di social streaming per la condivisione di musica e show televisivi. È una sorta di jukebox in cloud, ovvero sulla nuvola, che sfida l'Apple Tv perché progettato per effettuare streaming sia da Google Play che da YouTube. Anche Nexus Q sarà disponibile da metà di luglio a 299 dollari. Per quanto riguarda Jelly Bean 4.1, anche questo arriverà a luglio. Tra le novità, una gestione delle notifiche più dinamica e la digitazione vocale più rapida che funziona anche in assenza di una connessione dati. Inoltre, è stata riprogettata la funzione di"Ricerca", rendendo il sistema di ricerca vocale più veloce e naturale. Nexus 7 e Nexus Q si basano ambedue su Google Play,il punto di partenza per l'intrattenimento digitale, con più di 600.000 app e giochi, musica, film e libri. Oggi Google Play si espande ulteriormente aprendo al mondo delle riviste: Google ha infatti lavorato a stretto contatto con Condè Nast, Hearst, Meredith e molte altre per poter offrire riviste come House Beautiful, Men's Health, Shape e Wired. Sulla piattaforma saranno a breve disponibili anche migliaia di episodi di popolari serie televisive, da Revenge a Parks & Recreation, passando per Breaking Bad. Le nuove tecnologie Google sono tutte basate su Android: al mondo ci sono 400 milioni di apparecchi attivati basati sulla piattaforma, le attivazioni giornaliere hanno raggiunto quota un milione, in aumento rispetto alle 400.000 dello scorso anno. Alla Google I/O, la conferenza degli sviluppatori, Google presenta anche gli aggiornamenti sul versante 'social', cioè su Google+ la rete sociale creata da Mountain View un anno fa. È stato raggiunto il tetto delle 250 milioni di persone iscritte e sono state aggiunte due nuove funzionalità: "Google+ per tablet" e "Google+ per eventi".                                                 r.m.s.d.p.c.
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mercoledì 27 giugno 2012


CENTRO SOCIALE INCENDIATO A ROMA «IMMEDIATA CHIAREZZA SU CAUSE»

Il day after, forse, è ancora peggio. Le macerie sono ancora lì, il capannone che ospitava la cucina, la scuola popolare e la sala concerti del Corto Circuito è completamente distrutto da un'incendio divampato ieri mattina all'alba nel centro sociale di Cinecittà. È la seconda volta che il Corto Circuito viene distrutto da un'incendio: la prima volta era nel 1991, a pochi mesi dall'occupazione, quando un gruppo di neofascisti appiccò un incendio in cui morì un giovane che dormiva nei locali del neonato centro sociale, Auro Bruni. Al posto di quel padiglione distrutto dall'incendio oggi c'è un campo di calcetto dedicato alla sua memoria. La scena che si è presentata ieri mattina agli occupanti della prima era molto simile a quella di venti anni fa, la differenza è che questa volta l'incendio sembra essere causato da un guasto elettrico, e che sono passati vent'anni «e in quel posto abbiamo costruito tanto, e ora non possiamo semplicemente togliere le macerie, dobbiamo ricostruirlo». In questi anni il Corto Circuito è stato uno dei centri propulsori dei movimenti a Roma: dalle occupazioni di case, alle esperienze delle tute bianche prima di Genova ai disobbedienti nei primi anni duemila. Qui è nata Action che ha portato in Campidoglio i primi consiglieri comunali "del movimento", prima Nunzio D'Erme ora Andrea Alzetta. Qui in X municipio è nata grazie anche al Corto una delle esperienze amministrative più avanzate su temi come la partecipazione e i servizi sociali con la presidenza di Sandro Medici, qui migliaia di persone mangiano ogni mese a prezzi popolari all'osteria, i ragazzi vengono aiutati nei compiti alla scuola popolare e centinaia di giovani e meno giovani si allenano nella palestra. I ragazzi del Corto sono stati investiti da uno straordinario abbraccio di solidarietà dal quartiere, la città, da ogni parte d'Italia: «anche questo - racconta Davide - ci ha fatto subito rimettere in movimento. Sappiamo che l'unico modo per superare questo momento è non fermarci, andare avanti come siamo abituati a fare». E così è stato ieri sera fino all'una di notte i cancelli del Corto Circuito sono rimasti aperti perché «la gente non se ne voleva andare, voleva testimoniarci la sua solidarietà, dare una mano». Da questa mattina continuano i lavori per montare la cucina all'esterno e proseguono le attività della palestra popolare, gli studenti del vicino Liceo Gullace preparano gli striscioni da attaccare per il quartiere, continua il viavai di persone che vengono ad offrire la loro vicinanza ed aiuto. Per questa sera è poi prevista una grande cena di sottoscrizione nel giardino grazie all'aiuto delle altre cucine popolari di Roma e di tanti cittadini. «Per ogni giorno stiamo costruendo un'iniziativa - continua Davide - per la campagna Senza Corto non SoStare con cui chiediamo una mano a tutti a rimettere in piedi il centro sociale nel più breve tempo possibile». DUBBI SULLE CAUSE. Un intero centro che brucia in pochissime ore, guarda caso alle 5 del mattina, dopo che un analogo episodio era già avvenuto anni prima sempre nello stesso luogo, fa almeno sospettare. «Chiediamo che si faccia immediata chiarezza sulle cause del rogo», ha detto Giovanni Barbera, membro del comitato politico romano del Prc-Federazione della Sinistra e presidente del Consiglio del XVII Municipio. «Desta molte perplessità il fatto che nel giro di un'ora le fiamme abbiano potuto avvolgere e distruggere un intero padiglione, nonostante l'intervento deivigili del fuoco. D'altronde già 21 anni fa un attentato incendiario distrusse uno dei padiglioni del suddetto centro, all'interno del quale morì un militante del centro sociale. Non vorremmo che anche questa volta l'incendio non fosse casuale. Purtroppo continuiamo a registrare nella nostra città, nell'indifferenza delle autorità competenti, una crescita esponenziale di aggressioni e provocazioni da parte dell'estrema destra. Nel frattempo esprimiamo la nostra solidarietà al Corto Circuito con l'augurio di poter ricostruire il loro centro più funzionante di quanto era prima». Gli stessi dubbi e la solidarietà al centro sociale sono stati diffusi in una nota da Luigi Nieri, capogruppo di Sinistra Ecologia libertà nel Consiglio regionale del Lazio.
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martedì 26 giugno 2012


ITALIA-GERMANIA: 44 ANNI DI SFIDE PERCHÉ I TEDESCHI CI TEMONO

«I tedeschi temono Dio, e nient’altro al mondo». Otto von Bismark venne prima del football, non poteva sapere che quel popolino appena organizzato e intimorito dai grandi imperi appollaiati sul confine, e che gli implorava protezione (contro l’Austria prima e contro la Francia più tardi) sarebbe poi diventato il babau della gente da lui riunita. L’avesse saputo, il primo cancelliere del Bundestag magari ci avrebbe invaso, invece che difeso. Nel calcio, siamo la sventura della Germania. La diga della loro acqua, l’alba dei loro sogni. Infatti ci temono, ci odiano, ci eviterebbero, anche. «Preferivo l’Inghilterra», ha ammesso ieri il loro tecnico, Joachim Löw. Un tipo preparato, coraggioso, che si tinge i capelli con troppa disinvoltura ma che ha lavorato sulla nazionale tedesca così bene da farne - per armonia e gioco - una replica di una squadra di club. È la migliore Germania mai vista. Versatile, quand’era spesso monotona. Tecnica, invece che “fisica”. Un gruppo che gioca insieme da molti anni, dalle selezioni giovanili: Khedira, Ozil, Neuer, Boateng e Mueller vinsero gli Europei dell’Under 21 e Löw li “travasò” nella nazionale maggiore. La squadra gira che sembra un capolavoro. E perché, la Germania di Beckenbauer e Overath, Muller e Seeler che doveva asfissiarci ai duemila metri dell’Azteca cos’era? E quella di Rummenigge e Breitner, Littbarski e Schumacher, che ballò con noi nella notte Mundial non era anch’essa fortissima? E i panzer che ci aspettavano in semifinale nel loro Mondiale, in quella fumosa e cupa Dortmund, non erano imbattibili? Perché poi arriva l’Italia. L’opposto. Vista da loro: la furbizia, l’opportunismo, il contropiede, il mestiere. Anche la fantasia, questo lo concedono. Nell’immaginario continentale, siamo semplicemente e perfettamente complementari (ma ora, grazie a Löw, ci somigliano di più e per questo sono più pericolosi). Siamo diventati un nome solo, scrivemmo sei anni fa, ai tempi di Dortmund: Italiagermania, tutto attaccato, una cosa nostra, e anche un patrimonio del calcio intero. Questo è il nome. Il cognome cambia: quattro-a-tré, il padre. Tre-a-uno, il figlio. Due-a-zero, il nipotino. Questa è la famiglia Addams che abita i loro incubi. La storia si ripete e i tedeschi la subiscono sempre, anche in casa loro, come l’ultima volta, ai supplementari, il luogo della nostra epica, quando i teutonici pencolano in avanti, sfiancati dal tentativo di consumarci. E noi partiamo in contropiede. Gianni Brera scriveva, dal Messico: «I tedeschi arrancano grevi. I tedeschi sono proprio tonti: ecco perché li abbiamo quasi sempre battuti. Nel calcio vale anche l’astuzia tattica non solo la truculenza, l’impegno, il fondo atletico e la bravura tecnica». Forse intingeva nel luogo comune, ma di questo di nutrono loro, verso di noi. «Pizzaioli», ci chiamavano a Dortmund, dove eravamo stati per anni il sudore delle loro acciaierie. Quando la produzione si contrasse, e c’era da fare posto anche ai disgraziati venuti dall’Est, i nostri calabresi, siciliani, pugliesi ritrovarono questa virtù, e fecero pizze, e pastasciutte. Va bene. E Grosso e Del Piero invece fecero i gol: due a zero, poi ci fu la Francia a Berlino e il nostro quarto Mondiale, coi tedeschi che sfilarono sul carro, festeggiando il terzo posto, ma dentro erano tristi. Ai supplementari si concimano le macerie. In campo non c’è quasi più niente. Noi siamo bravi e sappiamo palleggiare. La squadra alla lunga si disperde, piano piano, ma succede. «Campeggia su diversi toni l’individuo grande o fasullo, coraggioso o perfido, leale o carogna, lucido o intronato», ancora Brera. Quel pomeriggio messicano del 1970 ci dominarono, da cima a fondo, c’incornarono con furore e resistemmo, senza pudore, a mani nude. Bruciarono adrenalina per rincorrere il nostro vantaggio, e l’ultima mezz’ora fu così piena di tutto, occasioni, errori marchiani, prodezze (il gol di Riva), gesti eroici (Beckenbauer che gioca con il braccio allacciato al collo, infortunato) e poi i gol, uno qui, uno là, l’ultimo di Rivera, un tocco appena, la palla che scende in porta come un veleno nella gola dei tedeschi. Sembrava il patrimonio emotivo e plebeo di una generazione angosciata di illusioni, diventò un pezzo di storia, perché Italia e Germania, quando s’incontrano, quando si sfiorano, quando si battono a fianco o quando si fronteggiano è sempre una cosa importante. È nei libri. C’è anche quella partita, che dette il tono a tutte le sfide successive. Nel 1982 Angela Dorothea Kasner viveva nella campagna che degrada da Berlino verso il mar Baltico, nata ad Amburgo ma cresciuta nella Germania socialista, la Ddr. Aveva già conosciuto il primo marito, del quale tiene ancora il cognome:Merkel. La Repubblica Federale era inquieta, ma teneva: quando Paolo Rossi si precipitò fra le gambe dei tedeschi, all’appuntamento con il cross di Gentile, l’inflazione era al 4% (in Italia era quattro volte tanto: 16%, arrivò anche al 20). Quando Tardelli raccolse tutta la voce di una Nazione e la urlò al mondo, i tedeschi erano governati da Helmut Schmidt e nessuno può dimenticarne il volto serio mentre cerca la mano di Pertini, quelle mani per aria, a sventolare, con la pipa stretta, «non ci prendono più», e intanto aveva segnato Altobelli, e non ci presero più. Ma ancora ci corrono dietro. Italiagermania è un conto aperto che nessuno vuol chiudere, una partita di calcio cominciata 44 anni fa e non ancora finita. Giovedì ne vivremo un altro pezzo. Non finirà mai.                                                             r.m.s.d.p.c.

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lunedì 25 giugno 2012


CAMPIONATO ITALIANO MOTOCROSS/ LA TAPPA DI FAENZA HA SEGNATO IL RIENTRO, ALLA GRANDE, DEI CAMPIONI IN CARICA, BEGGI E APERIO, VINCITORI NELLE RISPETTIVE MANCHE D’APERTURA. ADESSO IL TRICOLORE AFFRONTA UNA PAUSA ESTIVA DI CIRCA DUE MESI

di Paola Maurizio

Il Campionato Italiano Motocross che ha fatto tappa sul tracciato del Monte Coralli, gestito dal Moto Club Faenza, ha senz’altro fatto registrare la temperatura più alta della stagione di gare riservate a questo campionato. Il caldo ha reso davvero arduo il compito dei ragazzi del sodalizio romagnolo, costantemente al lavoro per irrigare e rendere perfetto il tracciato faentino. Considerando che le manche sono state tante e con una cadenza costante e frenetica per tutto il week end, ricordando anche le gare di contorno, va inoltrato un particolare ringraziamento ai ragazzi del moto club che sono stati fenomenali. Per quanto riguarda la giornata ci sentiamo di segnalare che è stata, senza forse, la miglior gara di questa prima parte di stagione. Crediamo che questo sia da imputare alle condizioni climatiche ma anche all’emozione di rivedere in pista i due Campioni Italiani 2011 che con gli incidenti in cui sono incappati ad inizio anno ci avevano tolto quel sano agonismo e che un pò ci è mancato, senza nulla togliere agli altri protagonisti che sinora hanno brillato. Rivedere in pista e così in palla sia Aperio che Beggi è stato “super”. Il primo lo avevamo già visto gareggiare a mezzo servizio alla Malpensa ma assistere alla voglia di competere di Beggi, a soli tre mesi dal pauroso incidente, ci ha davvero riempito di gioia. Vederli poi vincitori nelle loro rispettive prime manche ci ha riempito il cuore! Non ce ne vogliamo i vincitori odierni se dedichiamo un’attenzione iniziale a questi due. La giornata è stata dunque rovente, con vincitori diversi nelle rispettive manche e alcuni verdetti che hanno stravolto la classifica provvisoria di campionato. In MX1 dopo la splendida prima manche vinta da Beggi che ha chiuso secondo di giornata, la seconda frazione è andata a Pierfilippo Bertuzzo (Honda-Team Massignani) che ha davvero monopolizzato la categoria e, dopo il secondo posto di gara 1, si è dunque aggiudicato l’assoluta. Per Bertuzzo una grande prestazione, in una giornata dove era difficile emergere, che lo proietta in un sol colpo al secondo posto della classifica provvisoria della massima categoria capitanata sempre da Felice Compagnone (Honda-Pardi Racing) che ha dichiarato anch’egli di aver sofferto la forte calura odierna. MX2 davvero incerta per via dei suoi protagonisti. L’avvio porta il sigillo di Matteo Aperio che con un assolo dal primo all’ultimo giro si è aggiudicato la gara d’apertura spendendo però molte energie tant’è vero che al via di gara 2 accuserà un evidente calo fisico, dovendo così tirare i remi in barca. Chi ne ha approfittato sono stati Alessandro Battig (Yamaha-JTech) e Roberto Lombrici (TM-Team RSR). Il primo si è guadagnato l’assoluta con la vittoria in gara 2 ed un terzo posto in apertura, mentre Lombrici con i due secondi posti si attesta in cima alla classifica provvisoria di campionato scalzando uno sfortunatissimo Pezzuto che oggi non ha brillato e lo vede retrocesso in un sol colpo dal primo al terzo posto della Elite. CRONACA DELLE GARE- MX1- Gara 1: hole shot di Bertuzzo seguito da Beggi e Fiorgentili, Compagnone è leggermente attardato ma non ci mette molto a raggiungere i fuggitivi formando un trio imprendibile da tutti. Beggi sembra ritornato quello di un tempo, si fa sotto a Bertuzzo e lo passa al giro numero sette involandosi indisturbato sin sotto la bandiera a scacchi. Compagnone intanto alita sul collo di Bertuzzo che viene scavalcato dal laziale, ma Bertuzzo non ci sta e con un guizzo d’orgoglio, a due giri dal termine, si riprende la seconda piazza. Compagnone giunge così terzo seguito dal giovane Albertoni e da Sonego. Gara 2: è sempre Bertuzzo davanti a tutti alla prima curva, seguito da Turchet e Beggi. Il veneziano cerca in tutti i modi di allungare su Beggi che lo insidia sin da subito. Il campione in carica passa al comando a metà gara ma il suo primato dura poco perché Cristian,inevitabilmente, accusa la stanchezza dovuto allo scarso allenamento, giungerà addirittura in quarta posizione, stremato, sotto la bandiera a scacchi dopo essere stato sorpassato anche da Compagnone e Dami. Bastano due giri, infatti, a Bertuzzo per tornare leader e per restarci sino allo scadere del tempo.MX2- Gara 1: è Aperio che si presenta al comando alla prima curva, seguito da Terraneo e Roncaglia. Colpo di scena allo sgranarsi del gruppetto perché ci sono alcuni piloti a terra, tra questi Pezzuto che rimane invischiato in una caduta e riparte tra gli ultimi. Aperio aumenta il ritmo sugli inseguitori risultando imprendibile per tutti, per lui una meritata cavalcata in solitario. Da dietro risale Lombrici, transitato quinto al primo giro, alla terza tornata attacca Terraneo e lo passa agguantando così la seconda piazza che detiene sino alla fine della manche. Terzo chiude Battig dopo una pessima partenza, quarto è Terraneo. Gara 2: Aperio davanti a Lombrici di un’inezia, questi sono i due conduttori che per primi affrontano la curva dopo il via. Aperio stavolta non riesce a bissare la prestazione della gara d’apertura, viene infatti attaccato e scavalcato prima da Lombrici, poi da Battig e Marrazzo, sul finire del tempo si riprende la terza piazza ai danni di Marrazzo che viene sorpassato a sua volta da un rimontante Monticelli. Lombrici sembra scappare davanti a tutti ma Battig si avvicina minaccioso e passa al comando a tre quarti di manche vincendo poi indisturbato. Dietro al triestino chiudono Lombrici, Aperio, Monticelli e Marrazzo.MX1 – Gruppo B: entrambe le vittorie sono andate al marchigiano Ferrazzani. MX2 – Gruppo B: la prima manche disputata sabato è stata vinta da Winkler poi retrocesso per irregolarità alla prova fonometrica, la vittoria è andata così a Gruarin. La seconda manche è andata ancora a Gruarin che stavolta si è meritato, sul campo, la vittoria. Classifica provvisoria di campionato dopo la 4^ prova MX1-Under 21: 1.Albertoni pt. 980; 2.Roncaglia 536: 3.Musso 418; 4.Cencioni 417; 5.Quaglio 352.MX1-Over 21: 1.Fiorgentili pt. 626; 2.Tedesco 603; 3.Sonego 555; 4.Di Luccia 529; 5.Debbi 502.MX1-Elite: 1.Compagnone pt. 1502; 2.Bertuzzo 1335; 3.Dami 1220; 4.D’Angelo 889; 5.Pedri 814.MX2-Under 21: 1.Recchia pt. 672; 2.Paganini 611; 3.Ciarlo 592; 4.Violi 560; 5.Croci 550.MX2-Over 21: 1.Bertuccelli pt. 926; 2.Malimpensa 493; 3.Cogo 487; 4.Tramaglino 376; 5.Gruarin 314.MX2-Elite: 1.Lombrici pt. 1414; 2.Battig 1260; 3.Pezzuto 1169; 4.De Bortoli 1002; 5.Marrazzo 781.Femminile:1.Fontanesi pt. 100;2.Parrini 86; 3.Magnoli 80; 4.Decarli 66; 5.Rivetti 58.
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domenica 24 giugno 2012

 RUTELLI ATTACCA LUSI: «CALUNNIA MOLTA STAMPA GLI DÀ CREDITO»

Francesco Rutelli contrattacca alle accuse di Luigi Lusi: lo definisce “calunniatore” quando dichiara in carcere ai pm che tutti gli investimenti fatti dal 2007 erano concordati con la corrente dell'ex leader della Margherita e critica la stampa dopo aver detto che farà la fine di Igor Marini, l'uomo condannato a 10 anni per aver calunniato Prodi e lo stesso Rutelli nell'inventato affaire Telekom-Serbia. "MOLTA STAMPA DA' CREDITO AL LADRO" «Molta stampa – scrive Rutelli - continua a dare credito al ladro, ingannatore e calunniatore, evidentemente ignara di doveri deontologici e giuridici. Qualunque cosa dica, in qualunque modo si contraddica, qualunque calunnia profferisca, Lusi ottiene titoli distruttivi per l'onorabilità di persone perbene. Egli non è credibile? La verità finisce comunque schiacciata sotto le menzogne del calunniatore. Egli sa di poter diffamare e mentire: le sue palesi menzogne saranno comunque amplificate. Il suo percorso di uomo libero si è fermato. Ma quanto a lungo durerà il tormento delle sue vittime?». «In verità - aggiunge Rutelli - la lettura dei titoli di molti giornali pone un problema grave: da ormai 5 mesi, non contano rigorose precisazioni né analitiche confutazioni basate sui fatti (oltre alle severe autocriche sui controlli dei bilanci); sembra non contare neppure la solidità dell'impianto accusatorio dei Pubblici Ministeri, convalidato dal Gip e dal Tribunale del Riesame». Per il leader di Api «Lusi ha cambiato nuovamente la versione delle sue menzogne. Prima ha confessato di essersi impadronito di 12,9 milioni della Margherita per fare operazioni immobiliari ad esclusivo beneficio proprio. Poi ha sostenuto allusivamente di aver fatto queste ruberie nell'ambito di un 'mandato fiduciario' del gruppo dirigente del partito - smentito dalla moglie, che ha ammesso che il disegno era di appropriazione a beneficio della famiglia. Oggi, ammetterebbe di avere rubato un tot di milioni per sé, ma afferma nientemeno che ville e appartamenti, beni in Canada, a Roma, Genzano, Capistrello, Ariccia, tutti intestati a sé e ai familiari, erano accumulati per conto di una cosiddetta 'corrente rutelliana».                     
                                                                                            c.p.m.r.d.s.
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sabato 23 giugno 2012

VELTRONI: «C'È CHI MIRA
A INDEBOLIRE IL QUIRINALE»

«C’è una campagna per indebolire il Quirinale», dice Walter Veltroni in questa intervista a l’Unità. Sulla trattativa Stato-mafia bisogna cercare la verità. Commissione d’inchiesta? «Un modo per fermare l’Antimafia».Il presidente Napolitano dice « stop a una campagna di illazioni basata sul nulla». Ma le telefonate tra l’ex ministro Nicola Mancino e il consigliere giuridico del Quirinale Loris D’Ambrosio ci sono. Onorevole Veltroni, devono essere chiarite?
«Certo, ma occorre distinguere. La campagna attivata in questi giorni è di tipo politico e ha come obiettivo il Presidente della Repubblica e l’indebolimento del suo ruolo di garanzia per favorire esiti avventurosi della crisi italiana. Qualcuno sta cercando di accentuare gli elementi di instabilità all’interno di una logica che Gramsci avrebbe chiamato di avvelenamento dei pozzi. Altra cosa è la legittima indagine della magistratura per scoprire tutta la verità su uno dei momenti più drammatici del nostro passato». È normale che il consigliere giuridico del Quirinale parli con persona informata sui fatti, cioè Mancino, della vicenda di cui è testimone? «Non ho avuto impressione che D’Ambrosio entrasse nel merito della vicenda di quegli anni. Se non con alcuni riferimenti circa la stranezza del suicidio di Antonino Gioè (uno dei killer delle stragi, ndr) in carcere. Il punto è un altro. Conosco questo Paese. Ogni tanto si alzano polveroni per evitare che si arrivi al nocciolo dei problemi. La richiesta di una commissione d’inchiesta su questa vicenda vuole solo impedire che la commissione Antimafia, da quattro anni al lavoro sugli stessi temi, concluda il suo lavoro. Delegittimarla a un passo dalla relazione finale». Annullare chi vuole avvelenare i pozzi. Come? «Stando sul punto. A me interessa tutta la verità sulle stragi ’92-93. E tutta la verità passa anche dalla richiesta in commissione di nuove audizioni di Conso e Mancino. Ma dobbiamo sentire anche Gaspare Spatuzza ( il pentito che dopo sedici anni ha messo a nudo le bugie sulla strage di via D’Amelio, ndr) e il generale del Ros Subranni (indagato a Palermo per la trattativa, ndr). La commissione Antimafia non deve fare un’inchiesta giudiziaria ma ricostruire quel momento politico lasciando alla magistratura (indagano sui misteri del biennio tre procure, Palermo, Caltanissetta e Firenze, ndr) il compito di arrivare alla verità giudiziaria. È chiaro che nessun ostacolo va frapposto al lavoro della magistratura e a quello della commissione». C’è il rischio che quel biennio resti agli atti come l’ultimo mistero d’Italia? «Il rischio c’è visto che i misteri d’Italia sono il buco nero di questo Paese. È l’unico Paese europeo in cui c’è stato un tale succedersi di eventi non chiariti, zone oscure e depistaggi clamorosi. Dal caso Mattei in avanti. E quando penso alle stragi del biennio ’92-93 non posso non pensare al depistaggio di Scarantino, a quello del questore La Barbera (capo del pool di investigatori che indagava, ndr) che tornerà anni dopo anche dietro il sanguinoso blitz alla scuola Diaz nei giorni del G8 genovese. Andando indietro, al generale Subranni sospettato di aver guidato i depistaggi dopo l’omicidio Impastato. Coincidono, queste azioni, con passaggi cruciali nella vita del Paese. Nel biennio ’92-93 cambia la nostra storia politica. E come in tutte le fasi di transizione - nel ’68-69 con piazza fontana, prima ancora col Piano Solo e poi con il governo di unità nazionale e il rapimento Moro - succede qualcosa di sanguinoso. Le organizzazioni criminali in questi momenti di passaggio diventano parte della strategia terroristico-mafiosa volta a cambiare gli equilibri del Paese».Entrati in questa logica, capire la o le trattative è fondamentale per dare un nome a chi ha ucciso Borsellino? Se dietro il tritolo di via D’Amelio ci sono anche i servizi segreti? «Sì, ma bisogna chiedersi anche perché è stato ucciso Falcone, perché l’attentato all’Addaura. Soprattutto, perché sono cominciate le stragi e perché sono finite. La risposta chiama in causa certamente la trattativa ma anche una ricostruzione un po’ meno schematica di quello che è successo in quegli anni. Falcone, ad esempio, poteva essere ucciso in modi diversi, a Roma, per strada. Invece Riina richiama i suoi e decide per la dimensione terroristica della strage. La mafia, a parte Ciaculli e Portella della Ginestra, aveva fatto tanti assassinii ma mai stragi. Allora, perché Falcone? E perché Falcone, dopo l’Addaura, indica l’azione di “menti raffinatissime”?». Perché un falso colpevole come Scarantino trascina la magistratura fino al giudizio definitivo salvo poi scoprire, grazie a Spatuzza, che era tutto falso? «Perché un pezzo dello Stato ha lavorato contro lo Stato. C'è stato un “antistato” che ha lavorato fin dall’inizio, probabilmente l’Addaura, per depistare. L’Italia ha sempre dovuto combattere contro un grumo di cose nascoste che di volta in volta ha utilizzato agenzie di varia natura per fare operazioni. Perché la banda della Magliana spara al presidente del banco Ambrosiano? Perché spara a Mino Pecorelli? Vengono chiamati da qualcuno per un altro tipo di lavoro. Questo qualcuno è “l’entità” di cui ha parlato tante volte il procuratore antimafia Piero Grasso. Per me è identificabile con l’antistato. Lo chiamo cosi perché per me lo Stato è Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Ninni Cassarà, Rocco Chinnici». Chi è l’antistato? «Negli anni ha assunto la forma della P2, del terrorismo di destra, della deviazioni di Gladio. È un’entità che reagisce cercando di ricostruire equilibri di potere preesistenti quando questi vengono scossi». Perché nel 1994 finiscono le stragi? «Finiti Andreotti e la Dc dei Salvo e di Lima, la mafia era alla ricerca di un nuovo referente politico. Le stragi finiscono probabilmente quando quel referente viene trovato». Oggi siamo in una fase di passaggio simile al biennio ’92-93? «Assolutamente sì. E l’attacco al Capo dello Stato rientra in questa antica e carsica strategia. Così come ci rientra l’irresponsabile tentativo di trascinare l’Italia in elezioni anticipate cercando di far leva sullo scontento sociale e assumendo posizioni populiste come “usciamo dall’euro” e “torniamo alla lira”». Quello che sta dicendo Berlusconi? «Infatti. Non contento di quello che ha già fatto a questo paese, viste le difficoltà nel suo partito, vuol fare saltare tutto colpendo Monti e portando lo scontro all' esasperazione. Fare questo è da irresponsabili. Tipico di chi, appunto,vuole avvelenare i pozzi».                                                  

                                                                                                              c.p.m.r.d.s.
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