LUTTO NEL MONDO DEL CICLISMO E' MORTO GINO SALA
E' morto questa mattina Gino Sala, il decano dei giornalisti di ciclismo in Italia. Firma storica dello sport dell'Unità, Gino Sala ha seguito con passione e competenza decine di edizioni del Tour de France, del Giro d'Italia e di migliaia di corse di ciclismo. Era nato a Voghera il 26 maggio del 1925. E proprio a Voghera, presso la chiesa di Pombio, mercoledì prossimo alle ore 10,15 si terranno i funerali . Era il 1980 e come ogni anno l'Unità era l'anima organizzativa del Gp di Liberazione, che si disputava il 25 aprile, e del Giro delle Regioni, gara a tappe per dilettanti, che partiva subito dopo per concludersi il 1° Maggio. Da pochi mesi ero in prova nella redazione delle pagine regionali per vedere se potevo diventare giornalista. Era un lavoro di cucina, si confezionavano le pagine di cronaca dell'Umbria, della Marche, della Toscana, della Campania e delle regioni del Sud. Tanta, importante, fatica e niente gloria. Al capo servizio Piero Gigli venne l'idea di mandare uno della redazione-regioni al Giro per fare dei pezzi di colore. "Gino Sala si occuperà della parte sportiva, tu invece - mi spiegò Gigli - dovrai ogni giorno inventarti un servizio". Bene, dissi fra me e me, mi sento come un pesce fuor d'acqua, ma la sfida mi piace. Avrò l'occasione di fare sul serio il giornalista, potrò finalmente scrivere. La prima tappa era a Sangemini. Mi ritrovai solo (non conoscevo nessuno) in un albergo che un tempo era stato un convento. La mattina seguente, mi alzo presto per cercare di trovare uno spunto per il mio primo pezzo di colore. Esco dalla stanza per andare in bagno e nel corridoio mi imbatto in un omettino che, in pigiama, sta facendo una sorta di ginnastica cinese. Guardo divertito e saluto."Tu devi essere Pergolini", mi dice interrompendo per un attimo i suoi movimenti nell'aria. "Sì, e tu chi sei?". "Io sono Gino Sala e mi hanno detto che dobbiamo lavorare insieme". Eccolo materializzato il Gino Sala che fino ad allora per me era solo una firma. Il "padrone" del ciclismo a l'Unità. Non so cosa pensò lui di me, a me parve uno che se la tirava un po'. Però mi portò a pranzo con Italo Zilioli, uno degli "eterni secondi" che avevano riempito i miei pomeriggi adolescenziali davanti allo schermo televisivo in attesa dell'arrivo di una tappa del Giro d'Italia. Certo se al posto di Zilioli ci fosse stato Imerio Massignan, il mio scalatore preferito anche se poco vincente (erano i tempi del piccolo inarrivabile Charlie Gaul), mi sarei rimangiato la mia prima impressione. Dopo quel primo ruvido incontro ci perdemmo di vista. Lui continuò a macinare Giri, Tour, Milano-Sanremo e classiche del Nord. Io a tritare un po' di tutto nella cronaca di Roma. Nell'87 passo alla redazione sportiva e il primo giorno mi ritrovo a fare il "capo servizio". Squilla il telefono. E' Gino Sala che mi chiede cosa deve fare per presentare la Milano-Sanremo. Parliamo un po' poi gli commissiono un pezzo di 80 righe e un appoggio di 50. " Porca l'oca-fa Gino. Un attimo di silenzio da parte mia e poi azzardo "Troppo poco?". E lui " macché, erano anni che non mi chiedevano di lavorare tanto. Ma a te piace il ciclismo?". "Mi piace, ma questo non c'entra, la Milano-Sanremo è la Milano-Sanremo". A Gino, anche dopo tanti anni piaceva ricordare questo episodio. Ma dopo averlo ritrovato ci perdemmo di nuovo di vista. Prima con il calcio viaggiammo su percorsi paralleli, poi passato alle cronache nazionali tornò ad essere una firma. Ma la vita ci offrì un'altra occasione per conoscerci davvero e non la sprecammo. L'Unità mi affido la direzione delle pagine sportive e allora quante chiacchierate, quante confidenze e quante discussioni. Gino era innamorato del suo ciclismo e si aggrappava con tutte le sue forze ad un mondo che stava scomparendo. Come uno di quegli amanti che non riescono a farsi una ragione della fine di un rapporto. Più il ciclismo gli dava stupefacenti delusioni, più lui indossava i panni dell'avvocato difensore. Ed io con il mio cinismo che scommettevo sul prossimo corridore che sarebbe stato trovato positivo all'antidoping. E vincevo sempre, ma era un succeso crudele e, lo ammetto, avrei potuto anche risparmiarmi qualche sarcastica cattiveria perché Gino ne soffriva, ne soffriva maledettamente. Ma io non godevo del suo dolore. sapevo di avere una visione più vicina alla realtà, ma nutrivo un gran rispetto per quell'uomo, per la sua onestà intellettuale e non solo, per la sua fanciullesca, inesauribile passione. Una mia insegnante di lettere delle medie, per consolare un compagno non troppo alto gli diceva :"L'uomo non si misura a palmi". Gino, tu sei stato un gigante. Grazie Gino.!!!!!!!!!!!!!!!