martedì 13 aprile 2010

DERAGLIA PICCOLO TRENO DELLA VAL VENOSTA: 9 MORTI

Perfino in «Paradiso» la terra smotta e uccide. Nove morti, sette feriti gravi e altri 21 in condizioni non allarmanti per una frana che con tempismo micidiale ha interrotto la corsa del trenino più sicuro e affascinante d’Italia, lungo la Valle Venosta, sui binari che corrono da Malles, su a Nord, fino a Merano. Si può affermare che questa volta la tragedia non era annunciata? Forse sì, procediamo con ordine. Alle ore 8.20 di ieri mattina, il treno regionale - amministrato dalla Provincia autonoma di Bolzano - ha lasciato la stazione di Malles. A bordo, 39 passeggeri, quasi tutti pendolari, gente di ogni età che, come ogni mattina, scende la Venosta per sbrigare le solite faccende. Le carrozze sono poche, curate, pulite, realizzate con tecnologie d’avanguardia, a cominciare dai sistemi di sicurezza: basta un ramo caduto sui binari ben lontano dalla motrice per accendere l’allarme e avviare le procedure di messa in garanzia del convoglio. La ferrovia corre nel fondovalle, accompagnando a lungo il corso dell’Adige che in quel tratto somiglia ancora a un grosso torrente. Fermate a ogni passo, davanti a pensiline graziate da una dolce architettura e da cespugli in fiore. Tra le aiuole di Castelbello e Laces il convoglio si insinua in una gola, non l’unica di quel percorso: sono le 9.03, in un secondo, una marea di fango colpisce con forza il treno che traballa, esce dal tracciato, si accartoccia tra rocce e alberi; in un lampo l’idillio è finito e ora due carrozze di quel che resta del treno sono in bilico sul vuoto che le separa, ben più in giù, dal letto del fiume. Fango, lamiere contorte, corpi senza vita, lamenti, scatta l’allarme. Cos’è successo? Perché? Mentre le squadre di soccorso in pochi minuti sono sul posto, mentre si improvvisano due piazzole di atterraggio per gli elicotteri, mentre la notizia fa il giro del paese, mentre arrivano le prime allibite condoglianze istituzionali, si contano i morti e gli elicotteri volteggiano con i primi feriti a bordo, si avvia una prima istruttoria della tragedia. Le sponde tra cui corre il treno sono regolarmente controllate, tutto il sistema è rigorosamente monitorato. Quel punto era stato ispezionato pochi mesi fa. Ma non siamo di fronte ad un accidente naturale; si scopre che poco più a monte della frana un tubo di irrigazione di un meleto era andato in avaria un paio di giorni fa e che l’acqua aveva minato la statica di un fazzoletto di terra superficiale; si fanno i conti: 400 metri cubi venuti giù lungo un arco di qualche decina di metri. Non avesse colpito con una mira infame quel pacifico trenino, la notizia dello smottamento sarebbe filtrata solo nelle pagine di cronaca locale. Infatti, due minuti prima era passato indenne il convoglio che risaliva la Venosta. Si dice «sfiga»? Magari non del tutto: il presidente dei geologi italiani, Pietro di Paola, lamenta «un uso dissennato del territorio», avrà ragione? Certo che quell’innaffiatoio non si fosse rotto, se il guasto, vista la prossimità della rete ferroviaria, fosse stato evidenziato da un sistema di segnalazione automatico...chissà. Eppure, in Sudtirolo, dal punto di vista del controllo del territorio siamo davvero in Paradiso rispetto alle realtà italiane funestate in questi mesi dalla tragedia. Le squadre tecniche sono sempre allertate, vigili del fuoco e guardie forestali conoscono terra, rocce e alberi metro per metro: sicurezza e protezione ambientale sono vanto riconosciuto di questa orgogliosa regione alpina inflessibile con chi abbatte una betulla. Troppe colture? Troppi meleti? Forse. Ma la Venosta è una delle valli da più tempo abitate dall’uomo, da più tempo coltivate, dove sta il limite? La procura di Bolzano ha aperto un fascicolo che definisce le ipotesi di reato: omicidio plurimo colposo, procurata frana e disastro ferroviario; fin qui, non ci sono indagati. Il presidente della Provincia, Luis Durnwalder, ha fatto sapere che il suo governo provvederà ad aiutare economicamente le famiglie in difficoltà, che sosterrà finanziariamente i passi legali da queste ultime avviati. Il ministro Matteoli ha offerto il suo aiuto a Durnwalder ma in Sudtirolo la protezione civile è una delle cose che funziona meglio: un piccolo esercito tra tecnici e volontari sempre efficiente che non smette mai di allenarsi. E Bertolaso non c’entra per niente.

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