martedì 5 gennaio 2010

ALESSANDRA SENSINI SI CONFESSA: «UN SOLO RIMPIANTO, NON AVERE UN FIGLIO» LA STAR DEL WINDSURF A 40 ANNI HA UN NUOVO SOGNO: ESSERE LA PORTABANDIERA ALLE OLIMPIADI DI LONDRA 2012

di SERGIO CONTI


Siccome c’è sempre un altro orizzonte da inseguire, un’altra onda da cavalcare e un’altra medaglia da sognare, Alessandra Sensini continua ad andare dove la porta il vento, anche oggi che sta per virare attorno alla boa dei 40 anni, sempre in equilibrio sul mondo e sulla sua tavola da surf aggrappata a un fazzolettone in kevlar e fibra di carbonio che sembra l’ala di una farfalla splendente. Una carriera da urlo, quattro medaglie in cinque Olimpiadi, undici mondiali, superato persino il mitico ammiraglio Straulino, nella vela nessuno come lei; ma anche un’esistenza con molti salti di onda e di vento, qualche rimpianto, una paura che non diresti mai, e sempre una verifica tra adrenalina e progetto con le aspettative che ti si incollano addosso come salsedine. Tormentata no, è troppo; più probabilmente Alessandra Sensini è un’hawaiana nata in Toscana che la vita se la vive tutta ma che ogni tanto, fradicia di acqua e stanchezza, si ferma e ci fa dentro dei ragionamenti importanti. Poteva starsene tranquilla a Grosseto nella bottega di babbo Dedo, invece ha preferito raspare e sbucciarsi, filare e volare, e per anni svegliarsi la mattina, prendere la macchina, caricarsi la tavola sul tetto, trovare una spiaggia deserta e buttarsi a mare sfidando le sberle del vento. Mai nascoste voglie e obiettivi, simbolo in controtendenza di un paese che in genere non programma niente. Ma di quelle medaglie il rovescio sono per forza qualche rinuncia «perché se fai windsurf non torni ogni sera a mangiare a casa e molte cose poi vanno diversamente». Ha cominciato prestissimo, minorenne ed esordiente; finirà tardissimo come la Idem, come quelle che riescono a fermare il tempo e che dietro agli occhi azzurri nascondono la tempesta e l’assalto. Londra 2012 è un lunghissimo bordo di bolina che per “correr migliori acque” comincia oggi su un aereo per la Spagna. Alessandra, ci risiamo... «Parto per Cadice, due settimane di mare e palestra con più caldo e più avversari, poi altro stage ai Caraibi in Martinica, poi una regata in Israele, poi a Palma in Spagna per il primo appuntamento vero della stagione. E’ il mio 27° anno di windsurf e posso solo dire che me la sono cercata: l’ho voluto con tutte le mie forze e questo sono diventata». Tra pochi giorni compie 40 anni, un’età che per tutti, ma soprattutto per un’atleta, sono una brutta bestia. Sensazioni? «Ah, guardi, è tutto molto strano. Da una parte 40 anni sono tanti e la situazione non migliora quando mi accorgo che tutte le mie amiche sono sposate e con bambini; dall’altra parte invece ogni anno che passa mi sembra di ringiovanire, a Natale ero a sciare a Sestriere e dicevo che bello fare i paletti in slalom, ieri ero in bici a tutta, domani sarò di nuovo a mollo e la voglia che ho dentro sale. Invecchiare non mi infastidisce, semmai mi sorprende. Alle Olimpiadi di Londra avrò 42 anni e potrebbe essere una sfida meravigliosa?». Lo sport “è un lavoro stupendo”, ma viverlo così duramente chiede spesso in cambio sacrifici di vita. Lei ha vinto molto e a molto ha dovuto rinunciare. Rimpianti?«Che le devo dire, rimpianti sì, a volte, per forza, perché se vivi lo sport con un ritmo da reparto presse è chiaro che la vita personale passa in secondo piano. Oggi sono la velista italiana più medagliata di tutti i tempi e nel 2008 la Federazione mondiale mi ha premiato come il miglior atleta in assoluto, una soddisfazione pazzesca, però non mi sono sposata e non ho nemmeno un fidanzato, in più non ho fatto figli, anche se i bambini mi piacciono tantissimo e li vorrei, ma evidentemente non ho ancora trovato la persona giusta. Certo, ho avuto rapporti anche importanti ma al massimo lunghi tre anni, il fatto è che ho sempre cercato storie al di fuori del mio ambiente e forse ho sbagliato. Se mi giro indietro a guardare a volte soffro, ma forse è solo la vita, verrà il mio tempo, ho letto che Monica Bellucci è rimasta incinta a 45 anni, e poi è anche vero che tutto si è spostato più avanti, si allungano le carriere delle sportive e si diventa mamma dopo. Io penso che ce la farò, il guaio è che io ho lo sport dentro e lo vivo come una droga». Come dice Woody Allen le relazioni amorose sono quasi tutte inevitabilmente transitorie...«Per un primo e lunghissimo periodo ho passato anche 300 giorni l’anno fuori casa, avevo bisogno di conoscere più mari e più venti possibili, poi con le vittorie sono arrivate la struttura e l’organizzazione, ora ho una base a Castiglion della Pescaia e tutto uno staff che lavora con me e quindi è più facile, anche se il mio approccio alla vela resta totale, estremo. Mi consola che oggi l’età è solo una cifra di plastica con dentro quello che sei veramente, guardi Schumacher che torna in F1 a 41 anni con la sindrome di Peter Pan, oppure Armstrong che a 39 anni sfida Contador. Dopo Londra ci sarà tempo per tutto, credo, la fregatura è che le emozioni che ti regala un’impresa nello sport sono difficilmente paragonabili con il resto. Un avvocato si esalterà con una grande causa vinta, un ingegnere con un grande progetto, io credo che una medaglia all’Olimpiade dia qualcosa di più. Il guaio è che la carriera di uno sportivo è a tempo, è una candela che si consuma». Lei fa uno sport che si può definire solitario. Cosa pensa quando è sulla tavola, in mezzo al mare in quegli interminabili lati di bolina? «E’ vero, è uno sport solitario, tu e il vento, tu e il mare, ma poi anche quegli spazi immensi che ti spalancano pensieri di ogni tipo. Uno sport così ti influenza il carattere, io sono disponibile e aperta ma poi per certi aspetti sono proprio una solitaria, anche se paradossalmente l’unica mia paura è quella della solitudine. Ci sto lavorando con Umberto Manili, il mio psicologo. E ne verremo fuori, sono sicura». Si è mai immaginata dietro al bancone del negozio della sua famiglia a Grosseto? «Più che immaginata ci sono stata, qualche volta, ma poco, perchè io sono uno spirito libero. Di negozi ne abbiamo addirittura due, uno di argenteria e articoli da regalo e un altro di arredamento, bellissimi, ho perso mia mamma che avevo 16 anni, è stata dura, hanno fatto tutto le mie due sorelle gemelle maggiori e poi la più piccola, ma la fissazione sportiva di mio padre mi ha segnato. Chissà cosa farò da grande: ora grazie al presidente Carlo Croce che mi ha voluto sono vicepresidente della FIV, in più ho pianificato il mio futuro a Roma trovando casa al Circolo Canottieri Aniene, un club che ha atleti famosi e grandi valori dello sport, i soci sono dei veri sportivi e io per loro gareggerò alle prossime Olimpiadi. Per il dopo mi piacerebbe fare il team manager come ho fatto a Nizza con Azzurra. Tra Alinghi e Bmw Oracle non saprei, catamarano o trimarano, per ora nessuno sa chi sarà la barca più veloce». Lo sa che solo 6 atleti nella storia dello sport italiano sono saliti sul podio in sport individuali per quattro Olimpiadi? Sono Mangiarotti, Di Biasi, Trillini, Idem, Zoeggeler e lei... «Solo 6? Non lo sapevo, è incredibile. Niente Tomba, Mennea, Compagnoni, Vezzali...». Magari a Londra 2012 Petrucci la nomina portabandiera... «Sarebbe un sogno e un onore, l’ultima donna è stata la Trillini nel 1996. Lo meriterebbe Josefa, ma a Pechino abbiamo avuto Rossi con la canoa e quindi...».Se la immagina già la regata decisiva di Londra 2012? «E’ la splendida crudeltà delle Olimpiadi, dover dare tutto proprio in quel giorno, in quell’ora, in quell’attimo, in quell’ultimo lato. Se una ragazza italiana, di quelle che vogliono fare le veline, immaginasse quella sensazione cambierebbe idea. Come si fa a non capire?».

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