domenica 10 luglio 2011

LA TENTAZIONE DEL PREMIER: È MEGLIO VOTARE

 

La condanna della Corte d’Appello di Milano è l’ultima tegola di una stagione di frane giudiziarie e di fallimenti politici. Incerto sul da farsi e fiaccato dai sondaggi il Cavaliere medita perfino le urne. Tra i suoi, infatti, avanza la suggestione di elezioni «in tempi brevi» che mettano nel conto perfino la possibile sconfitta. «Passaggio obbligato», questo, per preparare «un nuovo 2008» e il miraggio dell’ennesima «rinascita» dopo «quella che seguì al fallimento del governo Prodi». «Io corruttore? Siamo alle solite, questa è una sentenza politica - si sfoga Berlusconi dopo il verdetto di Milano - Siamo all’ultimo anello della persecuzione giudiziaria...». E ce n’è per tutti i gusti a leggere le reazioni dei maggiorenti Pdl chiamati a far quadrato a difesa del capo. «Sentenza illegale», «verdetto comprato», «siamo al Tribunale di Mosca e all’inquisitore Vyscinskij», «ritorsione», «esproprio proletario», «clima da piazzale Loreto». Berlusconi, in realtà, la dava ormai per scontata «la mazzata» di ieri. Aveva provato a neutralizzarla approfittando di quel codicillo nascosto tra le pieghe del decreto legge sulla manovra economica, ma l’espediente «ad aziendam» si rivelò un boomerang e venne riposto nel cassetto in fretta e furia. Infuriato per la «sentenza farsa» di ieri, però, il Cavaliere medita di tornare ad inserire in qualche modo la «salva Fininvest» nella manovra che approderà in Senato. Un percorso irto di ostacoli, questo. E anche i fedelissimi, adesso, si mostrano scettici. «Si potrebbe tentare un accordo tra le parti per congelare l'esecutività della sentenza - auspica uno di loro - Varrebbe la pena provarci in attesa del responso definitivo della Cassazione...». Un verdetto negativo messo nel conto quello di ieri, l’ennesima tegola che il Cavaliere invincibile di un tempo non riesce a schivare. «Tutto gli va storto», ammettono i suoi. Ieri, ad esempio, sperava di recuperare immagine volando a Lampedusa per «rendersi conto di persona», parole del sindaco De Rubeis, «di come l’emergenza sbarchi sia ormai superata». Il tentativo di neutralizzare mediaticamente dalla Sicilia il ko atteso a Milano, però, è andato regolarmente in fumo. Nella notte di sabato, infatti, quattro barconi salpati dalla Libia avevano scaricato sull’isola più di mille profughi, a dimostrazione che il problema immigrazione è tutt’altro che risolto. E Berlusconi. così, ha preferito cambiare rotta per rifugiarsi in Sardegna, nel buen retiro di Villa Certosa. Un premier «incerto sul da farsi», così lo descrive uno dei suoi. Un giorno ostinato nell’andare avanti fino al 2013, l’altro pronto a mettere nel conto perfino «un proficuo periodo di rigenerante opposizione». «A chi pensate che siano rivolti gli inviti alla responsabilità che Letta rivolge ai membri del governo e che tracimano puntualmente fuori dalla stanza del Consiglio dei ministri? - chiede un esponente di primo piano del Pdl - Ecco, quegli appelli sono rivolti innanzitutto a Berlusconi...». Il Sottosegretario che consiglia prudenza e il Presidente del Consiglio che oscilla tra «il dovere di farsi carico dei problemi del Paese» e «i propositi incendiari». Il premier «sempre più isolato», in realtà, teme che la situazione precipiti e che la Lega si sfili. La tentazione delle elezioni anticipate, così, gli consentirebbe di «recuperare un rapporto forte con l’alleato di sempre preservando il nocciolo duro della sua maggioranza da capitalizzare alle urne con questa legge elettorale. Prima dei possibili referendum anti porcellum. Una eventuale sconfitta? Un periodo d’opposizione a un governo della sinistra costretto ad accollarsi le difficoltà della crisi economica - secondo questa tentazione - consentirebbe a Berlusconi di cavalcare il malessere per tornare in sella «contando su un rapido logoramento di un governo diverso». Un esecutivo tecnico retto «eventualmente» da Tremonti? Il Cavaliere, certo, «griderebbe al golpe e al ribaltone», ma «sfrutterebbe la rendita di posizione». Altro che Berlusconi pronto a fare «il padre nobile» e a passare la mano, quindi. Le suggestioni che viaggiano tra Arcore, Villa Certosa, Palazzo Grazioli e dintorni, a ben vedere, non fanno i conti con i drammi del Paese. E con un 2011 distante mille miglia dal 2008 e da quella «rivincita» che si è rivelata l’ennesima illusione berlusconiana.       c.p.s.m.

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