sabato 10 settembre 2011

EMERGENZA CIBO, AL CONVEGNO DEDICATO A TONI FONTANA


Il 50% della produzione cerealicola mondiale dei prossimi 5 anni è già stata acquistata dalle multinazionali del commercio alimentare alla borsa agricola di Chicago. Un ristretto numero di grandi compagnie ha per cosi dire prenotato sino al 2016 la manipolazione dei prezzi di beni di consumo essenziali per la sopravvivenza stessa dell’umanità. È uno degli esempi di economia distorta citati al convegno Otranto Legality Experience (OLE) in corso nella cittadina pugliese, e dedicato alla memoria del collega dell’Unità Toni Fontana, che proprio a Otranto mori un anno fa mentre seguiva i lavori della precedente edizione. L’ex-deputato europeo Vittorio Agnoletto, che organizza l’evento promosso da Flare (Freedom legality and rights in Europe) assieme a Libera, con il patrocinio fra gli altri della Regione Puglia, spiega come al centro dell’iniziativa sia l’analisi dei «modi in cui la globalizzazione finanziaria abbia facilitato la penetrazione dei capitali illegali nel sistema creditizio e bancario mondiale». La libertà di circolazione del denaro è andata crescendo in un contesto caratterizzato solo in Europa da 27 sistemi giuridici diversi. Ed è nelle maglie di questa labirintica rete legislativa che si insinua facilmente il germe dell’illegalità. O meglio, l’aspetto preponderante, aggiunge Agnoletto, è l’espandersi di una «zona grigia» fra il rispetto delle norme e la patente violazione, «un’economia eticamente illecita, anche se difficilmente perseguibile a livello giudiziario, in assenza di una legislazione internazionale che prevalga sui singoli ordinamenti nazionali». Alcuni degli studiosi presenti a Otranto, come il coordinatore della Campagna per la riforma della Banca Mondiale Antonio Tricarico e il direttore di Tax Justice International John Christensen, calcolano che ogni giorno sul pianeta avvengano scambi monetari per 4.000 miliardi di dollari, di cui il 90% ha natura meramente speculativa, vale a dire non crea né investimenti né merci né lavoro. Inoltre il 60% delle transazioni avviene nei paradisi off-shore o comunque con modalità che minimizzano o annullano il prelievo fiscale. Infine, metà di questi traffici finanziari totalmente o quasi esentasse si svolge all’interno di circuiti chiusi, i cui terminali fanno capo a centrali uniche. Il meccanismo tipico parte dal paio di scarpe acquistato in Cina a dieci dollari da una multinazionale americana tramite una sua consociata che ha sede nelle isole Cayman. La filiale delle Cayman la rivende per cento dollari alla casa madre negli Usa, ma non paga imposte grazie alle regole vigenti nel mini-Stato. Il profitto su cui la multinazionale sarà tassata in America è il misero differenziale fra i 100 dollari fittiziamente pagati dalla sua succursale alle Cayman e i 105, mettiamo, a cui la scarpa sarà realmente messa in commercio. I partecipanti al forum auspicano direttive dell’Unione Europea per la chiusura dei porti franchi che agiscono al riparo da qualunque controllo e generano insieme a profitti speculativi immensi per un ristrettissimo numero di operatori, rischi enormi per la stabilità finanziaria degli Stati e la solidità dei risparmi individuali. In particolare, ma questo riguarda soprattutto le proprietà confiscate alla criminalità organizzata, Flare punta a ottenere entro il 2012 una direttiva della Commissione Europea per l’uso sociale di quei beni, sul modello della legge italiana. Per rafforzare la campagna promuoverà la raccolta di un milione complessivo di firme in almeno 7 Stati dell’Unione, per lanciare una legge europea di iniziativa popolare. La logica in cui si colloca l’azione di Flare è una crescente integrazione dei sistemi giuridici continentali. Sul terreno di una lotta coordinata alle mafie finanziarie non bastano, rileva Emilio De Capitani, segretario della Commissione Libertà Civili del Parlamento di Strasburgo, le norme europee per il contrasto del terrorismo. Servono strumenti più specifici. p.s.c.m.

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