martedì 4 ottobre 2011

ARIA DI VENDETTA TRA LE RAGAZZE BUNGA BUNGA
Imane Fadil, jeans grigi stretti, tacco dodici, camicetta bianca e capelli raccolti, occhi da cerbiatto: «Sono qui per guardare in faccia chi mi ha insultato. Ho la coscienza pulita, io». Accanto ha il fratello, la sorella e Danila De Domenico. Ce l’ha con Emilio Fede, assente come Mora, che l’ha bollata come una squilibrata. Ce l’ha con Nicole Minetti, venti passi più in là, jeans attillati e giacca molto avvitata, rigorosamente blu, protetta dal padre e dagli avvocati: «Sono tranquilla e fiduciosa, sono qui oggi per farmi vedere dal giudice». Sorride il consigliere regionale per la prima volta in Tribunale da quando è cominciata questa storia dei bunga bunga, ma non ci crede neppure lei. Tra l’una e l’altra, al settimo piano del palazzo di giustizia, aula gup, affollato come fosse una festa, Ambra e Chiara, le due miss piemontesi che finirono appena diciottenni ad Arcore a giocherellare, loro malgrado, con la statua di Priapo. Ambra è quella mora, maglia e jeans neri, scarpe basse, neppure un filo di trucco; Chiara è bionda, tutta in beige con i pantaloni infilati negli stivali, viso morbido, occhi chiari e grandi, modello Veronica. «Non siamo affatto intimidite - dice Ambra - va tutto bene, noi diciamo la verità. E la verità è forte». Incalza Chiara: «Con il processo è già tutto più leggero». Ora, per essere solo un assaggio, quello che è andato in onda ieri mattina al palazzo di Giustizia di Milano è più che sufficiente per capire quali vendette saranno consumate ai processi Ruby quando cominceranno le sfilate delle ragazze testimoni, parti offese, imputate, tutte, circa una quarantina, comunque protagoniste delle serate ad Arcore. L’attrazione della giornata sono loro, al di là dei verdetti e delle decisioni dei giudici. Minetti è la sorpresa: non era prevista, meno che mai accompagnata dal padre, un signore alto, capelli bianchi, che passeggia nervoso lungo il corridoio. Il personaggio è Imane Fadil, 27 anni, marocchina come Ruby, l’ultima arrivata tra le parti offese. E’ stata ammessa in udienza, anche se dovrà rinviare la costituzione di parte civile al 21 novembre, segno che il giudice valuta attendibile la sua deposizione del 9 agosto quando raccontò al pm Sangermano, tre le altre cose, che «una sera del febbraio 2010, ad Arcore, Minetti e Faggioli indossarono una tunica scura e da suora compreso il copricapo e una croce rossa sul velo poi si spogliarono dimenandosi intorno al palo». Imane sa il fatto suo. Il suo avvocato dice che «era stata sconsigliata dal presentare denuncia». Altri avvocati, degli imputati, sostengono che in realtà «quella tipa là ha chiesto soldi, non li ha avuti e adesso consuma la sua vendetta». Imane e Nicole non si cercano. Tengono la scena da vere professioniste, sguardo avanti, sangue freddo. Non s’incrociano mai, neppure nell’aula d’udienza. Ambra e Chiara invece non si lasciano un attimo. A diciotto anni non è semplice essere qua. Eppure: «Siamo state danneggiate e dobbiamo ripulire la nostra immagine». Idee chiare. Anche loro.                                                                           m.s.c.p.

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