DEPARDIEU NEL PARADISO FISCALE NON È L'UNICA STAR IN FUGA
Depardieu ha lasciato l’amaro in bocca alla sinistra
francese, trasferendo come altri paperoni la sua residenza nel vicino Belgio,
fiscalmente più ospitale della Francia di Hollande. E per sancire il divorzio
definitivo ha messo in vendita anche il suo prestigioso palazzetto a
Saint-Germain-des-Pres per 50 milioni di euro: 1.800 metri quadrati nel cuore
di Parigi, fatti costruire dal barone di Chambon nel 1820 e acquistati da
Depardieu nel 2003. Solo un paio di giorni fa, l’archistar Calatrava ha messo
al sicuro le sue fortune in Svizzera, accumulate grazie alle ricche commesse
pubbliche spagnole che lo hanno portato alla ribalta anche per l’impovviso
lievitare - all’insaputa del contribuente-dellepercentuali delle sue spettanze.
Naturalmente Depardieu e Calatrava non sono i soli al mondo a cercare di pagare
meno tasse. Nel solo Belgio si contano 5000 «esiliati fiscali» francesi. Negli
Stati Uniti, una campagna elettorale costata sei miliardi di dollari alla fine
della fiera si riduceva a due messaggi opposti: l’insistenza di Obama perché i
più ricchi contribuissero di più alle risorse dello Stato, anche in nome di un
principio di equità, e l’altrettanto ferma difesa repubblicana di un fisco il
più lieve possibile, specialmente per i redditi più alti, teoricamente creatori
di imprese e posti di lavoro. Obama l’ha spuntata, ma solo per ritrovarsi - sia
pure più forte - davanti al baratro fiscale, che attende l’America allo
scoccare del 31 dicembre in assenza di un accordo per ora lontano. Poco più di
un anno fa Occupy Wall Street lanciò lo slogan diventato poi celebre del 99%,
contrapposto a quell’1 che ingloba ricchezza e potere - e che per questo
finisce per minare la stessa democrazia. Plutocrati,si sarebbe detto in altri
tempi.Le percentuali potranno anche non essere matematicamente veritiere ma è
una tendenza globale. In Italia scopriamo, per dire, che il 10 per cento della
popolazione detiene quasi il 50 per cento della ricchezza del Paese.Per restare
alle statistiche del pollo, è come se - a tavola - mezzo finisse in un solo
piatto, lasciando gli altri nove commensali a litigare intorno alle briciole:
un sistema insostenibile. E gli indici di Bankitalia ci dicono che nel tempo il
divario è cresciuto: qualcuno è diventato sempre più grasso, la maggioranza ha
cominciato a stringere la cinghia. Abbiamo perso lavoro, scuole e ospedali:
siamo un Paese in via di sottosviluppo.In Francia Hollande ha sostenuto
l’aliquota del 75% per i redditi eccedenti il milione di euro. Misura
temporanea da applicare per due anni, per rafforzare le capacità dello Stato
davanti alla crisi. E si è ritrovato diversi Depardieu in partenza, contro i
quali - spiegano i costituzionalisti - non è possibile invocare la revoca della
nazionalità: misura simbolica e niente affatto compensativa per il mancato
introito fiscale. Oltre che appellarsi all’etica, ad un principio di
solidarietà e responsabilità collettiva come ha fatto implicitamente il premier
Ayrault, non si può fare nulla. Nemmeno imporre sanzioni: perché la Ue
stabilisce la libera circolazione di uomini e merci, e non è reato cambiare
residenza. Lo è tanto poco, che dalla sempre più euroscettica Gran Bretagna,
David Cameron ha promesso ponti d’oro per gli esuli fiscali d’oltre Manica:
Londra li aspetta a braccia aperte, con le loro valigie piene di soldi. È per
certi versi lo stesso meccanismo che finora ha frenato la Tobin tax. Inutile
tassare le transazioni finanziarie - si dice - a meno di non vederle migrare su
altri e più benevoli mercati. È la globalizzazione, bellezza. Solo che la
globalizzazione potrebbe anche essere quella che fa scattare un meccanismo
solidale, quando finisce in carcere un giornalista greco per aver pubblicato la
lista degli evasori fiscali e l’Europa reagisce sdegnata, per trovarsi qualche
settimana dopo con il governo di Madrid che addirittura propone, come ha fatto
ieri, di pubblicare una lista analoga: una gogna virtuale, che certo da sola
non basta e rasenta persino il populismo. Globalizzare, su scala europea,
potrebbe invece voler dire cercare un meccanismo comune per evitare che gli
evasori o i potenziali esuli fiscali finiscano per trovare spiagge dorate
altrove. Perché in questa crisi nessuno si salva da solo: soprattutto gli
Stati.