martedì 24 gennaio 2012

QUEL NO AI REFERENDUM ECCO LE MOTIVAZIONI DELLA CONSULTA

I due referendum sulla legge elettorale sono stati bocciati per evitare il vuoto legislativo che si sarebbe creato con l'abrogazione dell'attuale sistema di voto. In più, il secondo quesito è stato dichiarato inammissibile anche «per contraddittorietà e per assenza di chiarezza». È quanto risulta dalle motivazioni della sentenza di inammissibilità pronunciata dai giudici della Corte costituzionale il 12 gennaio scorso e depositata oggi in cancelleria. Se il referendum di abrogazione dell'attuale legge elettorale avesse avuto esito positivo il risultato, osserva la Consulta, sarebbe stato «l'eliminazione di una legge costituzionalmente necessaria», che invece «deve essere operante e auto-applicabile, in ogni momento, nella sua interezza». Vittoria sì a referendum non ripristina norme precedenti. La Corte costituzionale richiama alcune pronunce precedenti. Innanzitutto una sentenza del 1987 (n.29), in cui è stato sottolineato che «gli organi costituzionali o di rilevanza costituzionale non possono essere esposti neppure temporaneamente alla eventualità di paralisi di funzionamento, 'anche soltanto teoricà». Assieme ad un'altra sentenza, più recente, del 1995, in cui è stato affermato che questo principio «postula necessariamente, per la sua effettiva attuazione, la costante operatività delle leggi elettorali relative a tali organi». Nè può essere accolta la tesi della «reviviscenza», argomentano i giudici costituzionali, richiamando ancora sentenze precedenti (n.16 e 15 del 2008): in caso di vittoria dei sì al referendum, e quindi di abrogazione della legge in vigore, l'effetto non sarebbe quello «di ripristinare automaticamente una legislazione non più in vigore, che ha già definitivamente esaurito i propri effetti». Nel quesito con cui si chiedeva l'abrogazione totale del 'Porcellum', osserva ancora la Consulta, l'obiettivo non era la «mera demolizione di una disciplina», ma la «sostituzione di una legislazione elettorale con un'altra». «La richiesta referendaria è diretta a introdurre - senza peraltro indicarlo in modo esplicito - un dato sistema elettorale, tra i tanti possibili, per di più complesso e frutto di ibridazione tra sistemi diversi. Il quesito non consente quindi agli elettori la scelta tra la sopravvivenza di una disciplina e la sua eliminazione e cela diverse intenzionalità, ciò che mette in discussione la chiarezza del quesito». Le norme elettorali di organi costituzionali o di rilevanza costituzionale, del resto, possono 'essere abrogate nel loro insieme esclusivamente con una nuova disciplina, compito che solo il legislatore rappresentativo è in grado di assolvere. Il referendum popolare abrogativo si palesa nella specie strumento insufficiente, in quanto idoneo a produrre un mero effetto abrogativo sine ratione'», sentenzia ancora la Corte costituzionale richiamando un principio affermato nel 1987.               p.c.s.m.

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