domenica 10 gennaio 2010

CINQUANT’ANNI DI CALCIO «MINUTO PER MINUTO» STORIA D’ITALIA ALLA RADIO

Piccolo mondo antico. Il telefonino non esisteva e, di domenica, quando passeggiavano sul corso con l’amata, invece di intrattenersi contemporaneamente al cellulare con l’amico in gita, gli uomini tenevano incollata la radiolina all’orecchio. Magari era un modo per evitare quei silenzi che terrorizzano Massimo Troisi in “Scusate il ritardo”. Lui e lei sotto le coperte, la radio che gracchia in sottofondo. Ma non è la cronaca di Germania-Ungheria, finale dei mondiali del 1954, come nel “Matrimonio di Maria Braun”, un film tragico sulla presunta impossibilità per i tedeschi di vivere in un paese normale. No, Troisi e Giuliana De Sio parlano come due ragazzi italiani dei primi anni Ottanta. Lei vuole quale rassicurazione, lui divaga. Poi il Cesena passa in vantaggio a Napoli e l’attore napoletano inventa un gag memorabile: «Non è che non ti amo... è che il Napoli sta perdendo col Cesena... a Napoli...con tutti i soldi che hanno speso...». Lei non capisce. Times they are a changin', i tempi stanno cambiando. Nei decenni precedenti non era sempre andata così. La domenica del villaggio degli anni Sessanta e Settanta fotografa lei vestita della festa, lui sottobraccio, ma con l’orecchio a San Siro, al Comunale di Torino, all’Olimpico di Roma o al Cibali di Catania. Maxicappotti e borselli a tracolla, pantaloni a zampa di elefante e “Tutto il calcio minuto per minuto” nell’aria. La trasmissione radiofonica più famosa d’Italia compie domani i suoi cinquant’anni. Difficile dire che non li dimostri: la trasmissione in diretta tv, in contemporanea, di tutte le partite di serie A, ha reso la radiocronaca un oggetto di culto per un numero di appassionati sempre più sparuto. Ma fino agli anni Novanta, “Tutto il calcio minuto per minuto” è stato la colonna sonora di un’Italia che non c’è più, che si accontentava di molto meno e accettava di buon grado regole che oggi parrebbero astruse, preistoriche. Come il divieto di trasmettere in diretta le ultime giornate di campionato per evitare “combine” tra squadre impegnate su diversi campi e coinvolte, magari, nella lotta per non retrocedere. E allora negli stadi si organizzavano ponti telefonici assai complicati, tra Brescia e Vicenza, tra Mantova e Modena, Cagliari e Palermo. Ma che fatica ora che la partita si guarda in diretta sul computer o sul monitor di servizio. “Tutto il calcio minuto per minuto” comincia ufficialmente le trasmissioni il 10 gennaio del 1960. L’Airone ha chiuso da poco le sue ali, il 2 gennaio Coppi è morto a Tortona, all’orizzonte già si scorgono le nubi che a marzo porteranno al governo Fernando Tambroni, con il voto decisivo dei fascisti e l’obiettivo di garantire la pace sociale fino alle Olimpiadi di Roma. A luglio le cronache contemporanee si sposteranno così su altri campi, non di gioco, ma di battaglia, Roma, Reggio Emilia, Palermo, Catania: i moti popolari antifascisti di un paese non ancora rassegnato ad archiviare la Resistenza. La trasmissione prevede in origine il collegamento da quattro campi, per il solo secondo tempo, mentre gli altri risultati vengono aggiornati dallo studio centrale dove per ventotto anni, un record, le operazioni saranno dirette da Roberto Bortoluzzi. Il giorno dell’esordio Nicolò Carosio è a Milano per Milan-Juventus, Enrico Ameri a Bologna per Bologna-Napoli, Andrea Boscione ad Alessandria dove si gioca Alessandria-Padova. Non ci sono interruzioni per i gol, un protocollo che toccherà ad Ameri stravolgere tre mesi dopo, da Milano, per segnalare una rete di Pedro Manfredini in Inter-Roma 1-3. È l’inizio di un formato radiofonico che farà storia, epoca e leggenda: «Scusa Ameri..., scusa Ciotti..., linea allo studio...». In poco tempo “Tutto il calcio” diventa un programma in codice, un codice la cui crittografia però è nota ai più. Un sequel perenne di cui la stragrande maggioranza conosce i protagonisti e le puntate precedenti. Eppure a chi scrive bastò una volta chiedere il favore dell’ascolto in cuffia a un’amica straniera, sia pure ben preparata sulla lingua italiana, per ottenere un mix di commenti e domande spaesate, allo stesso tempo esilaranti e rivelatrici di quanto importante in quelle radiocronache fosse il non detto, il sottinteso. «Campo pesante a Como. Non ho capito però chi gioca. Ah ecco, pareggio dell’Ascoli. No aspetta, questa è un’altra partita. All’Olimpico il terreno di gioco è in ottime condizioni e la ventilazione inapprezzabile (Ciotti, ndr ). Rete dei granata a Marassi. Di chi è il portiere Marassi? Rigore per il Cagliari, vai Provenzali. Provenzali chi è, dove gioca?». “Tutto il calcio minuto per minuto” si ascoltava ovunque, in macchina e a passeggio, in pullman o sullo skilift, mentre si preparavano gli esami oppure al distributore di benzina, dove il gestore, la domenica pomeriggio, sicuramente teneva la radio accesa e appoggiata sulla pompa. Ai fedelissimi bastava carpire una parola qui e una là per sapere cosa succedeva sui campi. Un boato sulla voce inconfondibile di Ciotti dall’Olimpico di Roma voleva dire che aveva segnato la squadra di casa, o la Roma o la Lazio, dipendeva dalla giornata. Il silenzio era sinonimo di gol degli avversari. Guglielmo Moretti, che aveva inventato il programma assieme a Sergio Zavoli e Roberto Bortoluzzi, lo aveva copiato da una trasmissione francese dedicata al rugby, che in Italia però raccoglieva solo pochi appassionati. Da noi “Tutto il calcio” trovò subito il modo di convivere beatamente con gli altri sport, la pallacanestro, la pallavolo, lo stesso rugby, l’hockey. Il pubblico con un occhio guardava allo stadio il derby ovale tra Petrarca e Rovigo e con l’auricolare soffriva per il Milan al Bentegodi. Oggi che la radio è stata soppiantata dalla tv, gli appassionati invece di portarsi in tasca la radiolina restano a casa davanti al televisore e spesso le tribune delle altre discipline restano mezze vuote. “Tutto il calcio” è una trasmissione a suo modo democratica. Forse è anche per questo che oggi rischia di diventare un po’ demodè.

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