CONCIA CONTRO BINDI?
E' UNA TRAPPOLA
Sono molto preoccupata della piega che sta prendendo la discussione sulle coppie di fatto in commissione diritti.Trovo inquietante che la discussione esterna alla commissione si stia concentrando su un battibecco tra Paola Concia e Rosy Bindi e temo, lo temo fortemente, che questo possa spostare l’attenzione sul vero problema: l’incapacità di quel tavolo di rappresentare la vera posizione del Pd. Per questo voglio assolutamente sorvolare sulla questione tra Rosy e Paola che non considero figlia della politica altrimenti la Bindi non avrebbe affidato il ruolo di relatrice a Paola e avrebbe spedito dallo psicologo anche una buona parte di coloro che compongono la commissione, Scalfarotto compreso. Vorrei che Rosy comprendesse la rabbia che tutti abbiamo dentro, che significherebbe anche ammettere, finalmente, la nostra discriminazione e dall’altra vorrei che Paola fosse all’altezza del suo ruolo e sopportasse, per noi tutti, di sentire dire cose omofobe e non si sentisse sola perché sola non è. Ogni volta che glielo sento dire mi sento personalmente ferita così come è ingiusto affermare – da parte di siti non firmati la cui proprietà intellettuale è però nota a tutti - che Scalfarotto e Marino non erano schierati con Paola sui temi. So che è difficile, cara Paola, ma quella è la sede del dolore, come lo è una sala operatoria per intenderci. Quello è il luogo ultimo dove dobbiamo resistere, il luogo dove si decidono le sorti non del partito, ma del Paese. E’ inutile ripetere che se il Pd non scioglie quel nodo e non si libera dai gangli dell’omofobia difficilmente riusciremo, in Italia, ad avere una legge decente. Siamo nel Pd per questo. Certo non per stare comodi ed al caldo e di sicuro non per fare sconti per avere posti al sole come qualcuno ha accusato, vigliaccamente, Ivan Scalfarotto che ha invece fatto un discorso accorato e bellissimo e che prima ancora che il movimento italiano ci arrivasse, chiedeva il matrimonio e le adozioni e si sentiva dire dai leader del movimento che aveva posizioni troppo avanzate e non opportune. E’ visibile ormai anche ai ciechi che le posizioni della dirigenza Pd su questi temi non rappresentano le posizioni degli iscritti e nemmeno degli elettori. Questo non significa che noi omosessuali e lesbiche del partito, insieme a tutte le persone eterosessuali (la maggioranza di questo partito) non dobbiamo rispettare le difficoltà che hanno alcuni democratici. Amo dire che l’accettazione che ognuno di noi ha affrontato su di sé o la pazienza con cui ha dovuto aspettare che i propri genitori capissero è il microcosmo che si ripete anche nel macrocosmo politico. Ma la pazienza ha un limite e questo non significa che io non sia incazzata ed esasperata per le resistenze reazionarie che ci troviamo a combattere. Chi pensa di riproporre i Dico, può scordarseli perché non sarà accettabile da parte nostra e delle persone intelligenti uno strumento così offensivo. Non dobbiamo cadere in questa trappola della diatriba personale che manda a nozze giornalisti da quattro soldi o i nostri detrattori in malafede e che non ha nulla di politico: serve solo a spostare l’attenzione. Questa, in ultimo, non è una guerra tra gay e cattolici. Questo è quello che fa piacere pensare e millantare a molti omosessuali di professione fuori e dentro il Pd e a molti cattolici. Da una parte chi fa il combattente solitario ed eroico dicendo di essere solo contro tutti e dall’altra a quei cattolici in malafede che possono dire che la posizione è minoritaria. Noi non dobbiamo cadere in questo tranello. La nostra battaglia è di molti e valorizzarlo sarà la nostra vera forza. Per questo sono contraria alle associazioni esterne, ma vicine al Pd (mentre sono a favore di associazioni come 3D che invece sono associazioni ufficialmente legate al senso del partito democratico) o a chi spara comunicati stampa con sigle di propria proprietà quando ha la tessera del Pd in tasca. Voglio politici che sappiano valorizzare i compagni delle proprie battaglie, che siano generosi e che nello stesso tempo quando parlano parlino sotto la bandiera del partito. Fa comodo a tutti che si parli sotto altri simboli. Così quella bandiera resta in mano a chi non è dalla nostra parte. E io non ci sto più ed è uno dei motivi per cui insieme al partito romano stiamo costruendo una consulta aperta a tutti ed ampia, una novità assoluta a chi era abituato a fare ghetti per moltiplicare poltrone. Io in quella consulta voglio tutto il partito: giovani e vecchi, cattolici e atei, omosessuali ed eterosessuali. Insomma: ci voglio il Paese. Questa nostra guerra è squisitamente la guerra tra chi è in buona fede e chi non lo è e molti, moltissimi, credenti sono dalla nostra parte e si rendono conto che non riconoscere diritti alle famiglie omosessuali sarebbe un atto disumano, così come riconoscere solo parte dei diritti, come se i nostri amori non meritassero la stessa interezza, la stessa forza. L’atto di limitazione politica è un atto di giudizio dell’intimità, una violazione, una considerazione dei sentimenti di milioni di persone. Un atto di superbia fondamentalista. Per questo faccio appello alle persone in buona fede dentro quella commissione di resistere dandosi però un termine perché la resistenza ha un limite. Un limite che però deve essere politico e non personale e collettivo e non individuale. Nel momento in cui la posizione di una commissione costruita a tavolino per approvare la posizione della Bindi dovesse palesarsi (proponendo per esempio i Dico e che Dio ce ne scampi) sarà necessario ricorrere ad un altro strumento che non dovrà avere alcuna paternità personale o di corrente. Lanciamo il referendum tra gli iscritti, strumento previsto dallo Statuto, e verifichiamo se davvero la posizione del Partito diffuso è quella che qualcuno vuole farci credere. Il Pd è molto più avanti dei suoi dirigenti. Dimostriamolo con coraggio mostrando la nostra leadership politica, guidando il partito finché la questione non sarà risolta. In ultimo mi appello alla presidente di quella commissione Rosy Bindi affinché applichi la stessa durezza che sta applicando con Paola Concia anche al primo dei non eletti nel Lazio tale Mario Adinolfi, iscritto visibile e mediatico di questo partito, che semina odio omofobico dal proprio blog e dalla propria pagina di Facebook e per il quale, appellandoci al nostro bello statuto, abbiamo chiesto l’espulsione che sarà discussa tra poche settimane. Mi chiedo però: se avesse detto che i neri erano inferiori o che gli ebrei sono un popolo criminale, non sarebbero intervenute le più altre cariche del partito a censurarlo? Non vi approfittate della calma di alcuni di noi o dell’irascibilità di altri per considerare gli uni più moderati o gli altri da isolare come schegge impazzite. Perché quando sarà il dunque noi saremo tutti insieme compatti e saremo tantissimi.