«UN GOVERNO PER FARE TRE COSE O L'ITALIA VA DRITTA AL
MACELLO»
Capitano d’industria del nuovo made in Italy che è il cibo
di qualità, Oscar Farinetti, è il fondatore della catena Eataly. L’ha fondata
nel 2007 dopo aver venduto la rete di vendita di elettrodomestici Unieuro e ora
- all’età di 58 anni - si divide tra Stati Uniti e Giappone, dove pure i suoi
punti vendita per gourmet si vanno moltiplicando, e Alba, provincia di Cuneo,
dove ancora risiede con la famiglia. Oscar Farinetti (foto) è dunque un industriale
italiano famoso nel mondo e come tale, insieme a Carlin Petrini di Slow Food,
ha firmato la lettera-appello «Facciamolo!» perché si faccia un governo, e
presto, rispettando il pronunciamento degli elettori nel voto del 24 e 25
febbraio scorsi. Ci spiega perché ha sentito il bisogno di firmare questo
appello? «Perché siamo all’emergenza totale e ritengo sia necessario fermare
gli orologi e metter su un governo, chiamiamolo pure di scopo, per fare
tre-quattro cose senza le quali andiamo dritti al macello. Gli otto punti di
Bersani sono anche troppi, come dice Renzi». Quali sono queste tre-quattro cose
per lei? «L’appello, almeno per come l’ho vissuto io, è rivolto nettamente
anche al gruppo dirigente del partito che ho votato ininterrottamente negli ultimi
trent’anni. E chiede a questo gruppo dirigente, che pure non si è granché
rinnovato nel frattempo almeno al vertice, di cercare le parti migliori dei
programmi di tutti i partiti, senza nessuna demonizzazione dell’avversario. Le
cose essenziali da fare sono poche ma urgenti: primo la riforma elettorale,
secondo la riforma costituzionale del Parlamento e di questa il primo punto
deve essere un massimo di dieci anni o due legislature per la candidabilità, in
modo da agevolare il ricambio dei parlamentari. E poi dimezzare il numero dei
parlamentari e dimezzarne gli stipendi. Terzo, azzerare i finanziamenti
pubblici ai partiti compreso la rinuncia totale ai rimborsi elettorali. E poi
magari tornare alle urne». Non pensa di esagerare? Neanche i grillini chiedono
il dimezzamento del numero dei parlamentari e anche loro devono comprare almeno
le spillette, assumere consulenti legislativi per il gruppo... «No, no,
azzerare azzerare. Le persone comuni sono disperate, licenziate, alla fame e
non sopportano più i privilegi dei politici. Per me si deve tornare alla
politica come volontariato, al ciclostile del ‘68. E via anche i soldi ai
quotidiani di partito come il suo, chi non sta sul mercato, chiuda». Non teme
che così la politica diventi solo per i ricchi? Il mercato non regola tutto...«Infatti noi abbiamo i contributi pubblici più alti del
mondo ai partiti e il partito che ha governato negli ultimi vent’anni era di un
poveraccio di Arcore accompagnato da altri poveracci. La politica l’hanno fatta
i ricchi finora. Diamo ai parlamentari un ottimo stipendio, 3-5mila euro e
basta. Poi uno come me continuerà a finanziare il suo di partito, certo. Ma non
c’è bisogno di inutili convegni e manifesti che riempiono Roma, bisogna dare un
segnale e anche essere creativi, inventarsi cose nuove, enormi». Lei conosce
uno che di marketing se ne intende: Gianroberto Casaleggio? «No, non l’ho mai
incontrato». Ma di grillini sì, ne
conosce. Cosa ne pensa? «Grillo penso sia un genio, è riuscito a cavalcare il
risentimento e ad accaparrarsi così un quarto dei voti. Ci sono un sacco di
imprenditori, anche di alto livello, che l’hanno votato. Ma anche tanti operai.
E penso sia urgente dare delle risposte a questa rabbia che si è riversata nel
voto coinvolgendo un’intera classe dirigente perché si è superato il limite di
sopportazione. Finora il centrosinistra non è riuscito a interpretare
l’incazzatura né a dare risposte, che significano anche limiti alla politica.
Il Pd è riuscito a tagliare i vitalizi ma non è riuscito a comunicarlo alla
gente». Quali rischi vede nell’ attuale situazione che ad alcuni sembra Weimar?
«Il rischio più grande che vedo è che alla fine di fronte ad un peggioramento
della crisi sia applicata la ricetta più semplice, che è quella di farla pagare
solo ai più deboli. Senza un governo in questa cosiddetta società dei consumi è
questa la ricetta più semplice. Invece io credo sia giusto spalmare i
sacrifici, farli pagare anche ai più ricchi. Credo che Pier Luigi Bersani sia
un galantuomo, uno davvero perbene, e penso che magari iniziando a collaborare,
proprio a partire dalla proposta di Grillo di abolire i privilegi dei politici,
si possa anche intessere una collaborazione più lunga, non limitata a pochi
mesi».