mercoledì 13 marzo 2013


«UN GOVERNO PER FARE TRE COSE O L'ITALIA VA DRITTA AL MACELLO»

Capitano d’industria del nuovo made in Italy che è il cibo di qualità, Oscar Farinetti, è il fondatore della catena Eataly. L’ha fondata nel 2007 dopo aver venduto la rete di vendita di elettrodomestici Unieuro e ora - all’età di 58 anni - si divide tra Stati Uniti e Giappone, dove pure i suoi punti vendita per gourmet si vanno moltiplicando, e Alba, provincia di Cuneo, dove ancora risiede con la famiglia. Oscar Farinetti (foto) è dunque un industriale italiano famoso nel mondo e come tale, insieme a Carlin Petrini di Slow Food, ha firmato la lettera-appello «Facciamolo!» perché si faccia un governo, e presto, rispettando il pronunciamento degli elettori nel voto del 24 e 25 febbraio scorsi. Ci spiega perché ha sentito il bisogno di firmare questo appello? «Perché siamo all’emergenza totale e ritengo sia necessario fermare gli orologi e metter su un governo, chiamiamolo pure di scopo, per fare tre-quattro cose senza le quali andiamo dritti al macello. Gli otto punti di Bersani sono anche troppi, come dice Renzi». Quali sono queste tre-quattro cose per lei? «L’appello, almeno per come l’ho vissuto io, è rivolto nettamente anche al gruppo dirigente del partito che ho votato ininterrottamente negli ultimi trent’anni. E chiede a questo gruppo dirigente, che pure non si è granché rinnovato nel frattempo almeno al vertice, di cercare le parti migliori dei programmi di tutti i partiti, senza nessuna demonizzazione dell’avversario. Le cose essenziali da fare sono poche ma urgenti: primo la riforma elettorale, secondo la riforma costituzionale del Parlamento e di questa il primo punto deve essere un massimo di dieci anni o due legislature per la candidabilità, in modo da agevolare il ricambio dei parlamentari. E poi dimezzare il numero dei parlamentari e dimezzarne gli stipendi. Terzo, azzerare i finanziamenti pubblici ai partiti compreso la rinuncia totale ai rimborsi elettorali. E poi magari tornare alle urne». Non pensa di esagerare? Neanche i grillini chiedono il dimezzamento del numero dei parlamentari e anche loro devono comprare almeno le spillette, assumere consulenti legislativi per il gruppo... «No, no, azzerare azzerare. Le persone comuni sono disperate, licenziate, alla fame e non sopportano più i privilegi dei politici. Per me si deve tornare alla politica come volontariato, al ciclostile del ‘68. E via anche i soldi ai quotidiani di partito come il suo, chi non sta sul mercato, chiuda». Non teme che così la politica diventi solo per i ricchi? Il mercato non regola tutto...«Infatti noi abbiamo i contributi pubblici più alti del mondo ai partiti e il partito che ha governato negli ultimi vent’anni era di un poveraccio di Arcore accompagnato da altri poveracci. La politica l’hanno fatta i ricchi finora. Diamo ai parlamentari un ottimo stipendio, 3-5mila euro e basta. Poi uno come me continuerà a finanziare il suo di partito, certo. Ma non c’è bisogno di inutili convegni e manifesti che riempiono Roma, bisogna dare un segnale e anche essere creativi, inventarsi cose nuove, enormi». Lei conosce uno che di marketing se ne intende: Gianroberto Casaleggio? «No, non l’ho mai incontrato».  Ma di grillini sì, ne conosce. Cosa ne pensa? «Grillo penso sia un genio, è riuscito a cavalcare il risentimento e ad accaparrarsi così un quarto dei voti. Ci sono un sacco di imprenditori, anche di alto livello, che l’hanno votato. Ma anche tanti operai. E penso sia urgente dare delle risposte a questa rabbia che si è riversata nel voto coinvolgendo un’intera classe dirigente perché si è superato il limite di sopportazione. Finora il centrosinistra non è riuscito a interpretare l’incazzatura né a dare risposte, che significano anche limiti alla politica. Il Pd è riuscito a tagliare i vitalizi ma non è riuscito a comunicarlo alla gente». Quali rischi vede nell’ attuale situazione che ad alcuni sembra Weimar? «Il rischio più grande che vedo è che alla fine di fronte ad un peggioramento della crisi sia applicata la ricetta più semplice, che è quella di farla pagare solo ai più deboli. Senza un governo in questa cosiddetta società dei consumi è questa la ricetta più semplice. Invece io credo sia giusto spalmare i sacrifici, farli pagare anche ai più ricchi. Credo che Pier Luigi Bersani sia un galantuomo, uno davvero perbene, e penso che magari iniziando a collaborare, proprio a partire dalla proposta di Grillo di abolire i privilegi dei politici, si possa anche intessere una collaborazione più lunga, non limitata a pochi mesi».
                                                                                                                                                            
                                                                                                              m.r.d.s.p.c.Aggregatore notizie RSSShareContatore visite gratuito