Era l’undici gennaio del 2008 quando Cagliari fu messa a ferro e fuoco da un numeroso gruppo di teppisti. Si era in campagna elettorale, a febbraio l’appuntamento col voto regionale. La città rimase sconvolta e frastornata da una violenza che, fino a quel giorno, non si era mai vista. In particolare, poi, contro un rappresentante delle istituzioni, l’allora governatore della Regione Sardegna Renato Soru. La sua abitazione fu trasformata in bersaglio e presa d’assalto da decine di manifestanti del centrodestra inferociti per l’arrivo dei rifiuti «importati» dalla Campania nei giorni dell’emergenza. Soru fu tra i primi a dare la disponibilità per accogliere quella “munezza” che Napoli non sapeva più dove mettere. Un gesto di solidarietà che diventò il casus belli per un attacco personale e politico di una gravità inaudita. Cagliari fu per qualche giorno come Pianura: cassonetti incendiati, pattuglie di polizia e carabinieri in tenuta anti sommossa, scene di violenza gratuita. Il bilancio fu pesantissimo: sette arresti e dodici agenti feriti. Altri due teppisti furono presi il giorno dopo con alcune bottiglie incendiarie: un testimone li aveva sentiti darsi appuntamento sotto casa di Soru e aveva avvisato la Questura. Le reazioni indignate si sprecarono ma nessuno, specialmente nel centrosinistra pensò mai di utilizzare l’episodio per mettere a tacere l’opposizione. I principali protagonisti degli scontri di quei giorni furono gli ultrà del Cagliari. Ma nella dinamica degli incidenti alla Digos apparve sin da subito una regia precisa con gruppi organizzati che muovevano all’assalto. Lo stesso questore di Cagliari Giacomo Deiana disse: «qualcuno ha pagato i teppisti violenti, che si sono uniti a pacifici manifestanti, per creare incidenti». Altro fatto inquietante fu la catena di Sms che partì in un battibaleno. Messaggio chiaro: appuntamento proprio quella sera di fronte alla casa del governatore. Il testo è ancora disponibile sul sito www.peggiosoru.it, mai oscurato neanche sotto la campagna elettorale. Qui si possono leggere tuttora le dichiarazioni di Simone Spiga, dirigente nazionale di Azione Giovani, all’indomani della guerriglia: «Certamente rimane il dato complessivo, cioè tutte le proteste, anche le più estreme sono il risultato di folli decisioni di Soru che vorrebbe far diventare la Sardegna pattumiera d’Italia». Secondo Maurizio Gasparri invece, «i giovani militanti della destra hanno voluto esprimere la rabbia di chi contesta una politica come quella di Soru... Le sue scelte sono inaccettabili perché è Bassolino che si deve assumere le proprie responsabilità…. La procura di Napoli si occupa di vallette invece di seguire il consiglio del direttore Feltri che giustamente invoca le manette nei confronti di quanti hanno devastato la Campania». Le manette, quindi secondo il “garantista” Gasparri, andavano bene per gli amministratori del centrosinistra, oggi vanno stoppate quando scattano per quelli del centrodestra, per non parlare poi del premier, assolutamente intoccabile. Nessuno poi si scandalizzò quando l’allora sindaco forzista di Olbia, oggi deputato del Pdl, il 23 settembre del 2006, ad un convegno organizzato dai Riformatori sardi contro il piano paesaggistico varato dalla giunta Soru dichiarò che serviva «un colpo di pistola o di fucile alla testa del governatore». E, per non essere frainteso aggiunse «se anche Soru morisse di morte naturale non dispiacerebbe a nessuno». Fu applaudito calorosamente dai presenti.
sabato 19 dicembre 2009
CAGLIARI 2008, LA GUERRIGLIA DEI "PACATI" BERLUSCONES
Era l’undici gennaio del 2008 quando Cagliari fu messa a ferro e fuoco da un numeroso gruppo di teppisti. Si era in campagna elettorale, a febbraio l’appuntamento col voto regionale. La città rimase sconvolta e frastornata da una violenza che, fino a quel giorno, non si era mai vista. In particolare, poi, contro un rappresentante delle istituzioni, l’allora governatore della Regione Sardegna Renato Soru. La sua abitazione fu trasformata in bersaglio e presa d’assalto da decine di manifestanti del centrodestra inferociti per l’arrivo dei rifiuti «importati» dalla Campania nei giorni dell’emergenza. Soru fu tra i primi a dare la disponibilità per accogliere quella “munezza” che Napoli non sapeva più dove mettere. Un gesto di solidarietà che diventò il casus belli per un attacco personale e politico di una gravità inaudita. Cagliari fu per qualche giorno come Pianura: cassonetti incendiati, pattuglie di polizia e carabinieri in tenuta anti sommossa, scene di violenza gratuita. Il bilancio fu pesantissimo: sette arresti e dodici agenti feriti. Altri due teppisti furono presi il giorno dopo con alcune bottiglie incendiarie: un testimone li aveva sentiti darsi appuntamento sotto casa di Soru e aveva avvisato la Questura. Le reazioni indignate si sprecarono ma nessuno, specialmente nel centrosinistra pensò mai di utilizzare l’episodio per mettere a tacere l’opposizione. I principali protagonisti degli scontri di quei giorni furono gli ultrà del Cagliari. Ma nella dinamica degli incidenti alla Digos apparve sin da subito una regia precisa con gruppi organizzati che muovevano all’assalto. Lo stesso questore di Cagliari Giacomo Deiana disse: «qualcuno ha pagato i teppisti violenti, che si sono uniti a pacifici manifestanti, per creare incidenti». Altro fatto inquietante fu la catena di Sms che partì in un battibaleno. Messaggio chiaro: appuntamento proprio quella sera di fronte alla casa del governatore. Il testo è ancora disponibile sul sito www.peggiosoru.it, mai oscurato neanche sotto la campagna elettorale. Qui si possono leggere tuttora le dichiarazioni di Simone Spiga, dirigente nazionale di Azione Giovani, all’indomani della guerriglia: «Certamente rimane il dato complessivo, cioè tutte le proteste, anche le più estreme sono il risultato di folli decisioni di Soru che vorrebbe far diventare la Sardegna pattumiera d’Italia». Secondo Maurizio Gasparri invece, «i giovani militanti della destra hanno voluto esprimere la rabbia di chi contesta una politica come quella di Soru... Le sue scelte sono inaccettabili perché è Bassolino che si deve assumere le proprie responsabilità…. La procura di Napoli si occupa di vallette invece di seguire il consiglio del direttore Feltri che giustamente invoca le manette nei confronti di quanti hanno devastato la Campania». Le manette, quindi secondo il “garantista” Gasparri, andavano bene per gli amministratori del centrosinistra, oggi vanno stoppate quando scattano per quelli del centrodestra, per non parlare poi del premier, assolutamente intoccabile. Nessuno poi si scandalizzò quando l’allora sindaco forzista di Olbia, oggi deputato del Pdl, il 23 settembre del 2006, ad un convegno organizzato dai Riformatori sardi contro il piano paesaggistico varato dalla giunta Soru dichiarò che serviva «un colpo di pistola o di fucile alla testa del governatore». E, per non essere frainteso aggiunse «se anche Soru morisse di morte naturale non dispiacerebbe a nessuno». Fu applaudito calorosamente dai presenti.
Era l’undici gennaio del 2008 quando Cagliari fu messa a ferro e fuoco da un numeroso gruppo di teppisti. Si era in campagna elettorale, a febbraio l’appuntamento col voto regionale. La città rimase sconvolta e frastornata da una violenza che, fino a quel giorno, non si era mai vista. In particolare, poi, contro un rappresentante delle istituzioni, l’allora governatore della Regione Sardegna Renato Soru. La sua abitazione fu trasformata in bersaglio e presa d’assalto da decine di manifestanti del centrodestra inferociti per l’arrivo dei rifiuti «importati» dalla Campania nei giorni dell’emergenza. Soru fu tra i primi a dare la disponibilità per accogliere quella “munezza” che Napoli non sapeva più dove mettere. Un gesto di solidarietà che diventò il casus belli per un attacco personale e politico di una gravità inaudita. Cagliari fu per qualche giorno come Pianura: cassonetti incendiati, pattuglie di polizia e carabinieri in tenuta anti sommossa, scene di violenza gratuita. Il bilancio fu pesantissimo: sette arresti e dodici agenti feriti. Altri due teppisti furono presi il giorno dopo con alcune bottiglie incendiarie: un testimone li aveva sentiti darsi appuntamento sotto casa di Soru e aveva avvisato la Questura. Le reazioni indignate si sprecarono ma nessuno, specialmente nel centrosinistra pensò mai di utilizzare l’episodio per mettere a tacere l’opposizione. I principali protagonisti degli scontri di quei giorni furono gli ultrà del Cagliari. Ma nella dinamica degli incidenti alla Digos apparve sin da subito una regia precisa con gruppi organizzati che muovevano all’assalto. Lo stesso questore di Cagliari Giacomo Deiana disse: «qualcuno ha pagato i teppisti violenti, che si sono uniti a pacifici manifestanti, per creare incidenti». Altro fatto inquietante fu la catena di Sms che partì in un battibaleno. Messaggio chiaro: appuntamento proprio quella sera di fronte alla casa del governatore. Il testo è ancora disponibile sul sito www.peggiosoru.it, mai oscurato neanche sotto la campagna elettorale. Qui si possono leggere tuttora le dichiarazioni di Simone Spiga, dirigente nazionale di Azione Giovani, all’indomani della guerriglia: «Certamente rimane il dato complessivo, cioè tutte le proteste, anche le più estreme sono il risultato di folli decisioni di Soru che vorrebbe far diventare la Sardegna pattumiera d’Italia». Secondo Maurizio Gasparri invece, «i giovani militanti della destra hanno voluto esprimere la rabbia di chi contesta una politica come quella di Soru... Le sue scelte sono inaccettabili perché è Bassolino che si deve assumere le proprie responsabilità…. La procura di Napoli si occupa di vallette invece di seguire il consiglio del direttore Feltri che giustamente invoca le manette nei confronti di quanti hanno devastato la Campania». Le manette, quindi secondo il “garantista” Gasparri, andavano bene per gli amministratori del centrosinistra, oggi vanno stoppate quando scattano per quelli del centrodestra, per non parlare poi del premier, assolutamente intoccabile. Nessuno poi si scandalizzò quando l’allora sindaco forzista di Olbia, oggi deputato del Pdl, il 23 settembre del 2006, ad un convegno organizzato dai Riformatori sardi contro il piano paesaggistico varato dalla giunta Soru dichiarò che serviva «un colpo di pistola o di fucile alla testa del governatore». E, per non essere frainteso aggiunse «se anche Soru morisse di morte naturale non dispiacerebbe a nessuno». Fu applaudito calorosamente dai presenti.
REGGIO, 4000 AL CORTEO "NO PONTE"
Sospesa in segno di lutto la manifestazione della rete «No al Ponte» per la morte dell'ex sindaco di Badolato Franco Nisticò, il quale, subito dopo il suo intervento, si è accasciato sul palco, situato in una piazza del lungomare di Cannitello, a Villa San Giovanni, dove si alternavano gli oratori. Nisticò è stato soccorso e trasportato agli Ospedali riuniti dove i medici nulla hanno potuto fare per salvarlo. Circa 4mila manifestanti sono stati i partecipanti a Villa San Giovanni al corteo «Rete No Ponte», contro la costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina. La stima è della questura di Reggio. I manifestanti, provenienti prevalentemente dalla Sicilia, dalla Calabria e dalla Campania, si sono mossi da piazza Valsesia a piazza Chiesa di Cannitello. Circa un migliaio di loro si è intrattenuto fino alle 17.30 per iniziative collaterali alla manifestazione. I servizi di ordine pubblico, fa sapere la questura, si sono svolti regolarmente anche se la manifestazione è stata chiusa anticipatamente per via del fatale malore che ha colto Nisticò.
Sospesa in segno di lutto la manifestazione della rete «No al Ponte» per la morte dell'ex sindaco di Badolato Franco Nisticò, il quale, subito dopo il suo intervento, si è accasciato sul palco, situato in una piazza del lungomare di Cannitello, a Villa San Giovanni, dove si alternavano gli oratori. Nisticò è stato soccorso e trasportato agli Ospedali riuniti dove i medici nulla hanno potuto fare per salvarlo. Circa 4mila manifestanti sono stati i partecipanti a Villa San Giovanni al corteo «Rete No Ponte», contro la costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina. La stima è della questura di Reggio. I manifestanti, provenienti prevalentemente dalla Sicilia, dalla Calabria e dalla Campania, si sono mossi da piazza Valsesia a piazza Chiesa di Cannitello. Circa un migliaio di loro si è intrattenuto fino alle 17.30 per iniziative collaterali alla manifestazione. I servizi di ordine pubblico, fa sapere la questura, si sono svolti regolarmente anche se la manifestazione è stata chiusa anticipatamente per via del fatale malore che ha colto Nisticò.
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