A INDEBOLIRE IL QUIRINALE»
«C’è una campagna per indebolire il Quirinale», dice Walter
Veltroni in questa intervista a l’Unità. Sulla trattativa Stato-mafia bisogna
cercare la verità. Commissione d’inchiesta? «Un modo per fermare
l’Antimafia».Il presidente Napolitano dice « stop a una campagna di illazioni
basata sul nulla». Ma le telefonate tra l’ex ministro Nicola Mancino e il
consigliere giuridico del Quirinale Loris D’Ambrosio ci sono. Onorevole Veltroni,
devono essere chiarite?
«Certo, ma occorre distinguere. La campagna attivata in
questi giorni è di tipo politico e ha come obiettivo il Presidente della
Repubblica e l’indebolimento del suo ruolo di garanzia per favorire esiti
avventurosi della crisi italiana. Qualcuno sta cercando di accentuare gli
elementi di instabilità all’interno di una logica che Gramsci avrebbe chiamato
di avvelenamento dei pozzi. Altra cosa è la legittima indagine della
magistratura per scoprire tutta la verità su uno dei momenti più drammatici del
nostro passato». È normale che il consigliere giuridico del Quirinale parli con
persona informata sui fatti, cioè Mancino, della vicenda di cui è testimone? «Non ho avuto impressione che D’Ambrosio entrasse nel merito
della vicenda di quegli anni. Se non con alcuni riferimenti circa la stranezza
del suicidio di Antonino Gioè (uno dei killer delle stragi, ndr) in carcere. Il
punto è un altro. Conosco questo Paese. Ogni tanto si alzano polveroni per
evitare che si arrivi al nocciolo dei problemi. La richiesta di una commissione
d’inchiesta su questa vicenda vuole solo impedire che la commissione Antimafia,
da quattro anni al lavoro sugli stessi temi, concluda il suo lavoro.
Delegittimarla a un passo dalla relazione finale». Annullare chi vuole
avvelenare i pozzi. Come? «Stando sul punto. A me interessa tutta la verità sulle
stragi ’92-93. E tutta la verità passa anche dalla richiesta in commissione di
nuove audizioni di Conso e Mancino. Ma dobbiamo sentire anche Gaspare Spatuzza
( il pentito che dopo sedici anni ha messo a nudo le bugie sulla strage di via
D’Amelio, ndr) e il generale del Ros Subranni (indagato a Palermo per la
trattativa, ndr). La commissione Antimafia non deve fare un’inchiesta
giudiziaria ma ricostruire quel momento politico lasciando alla magistratura
(indagano sui misteri del biennio tre procure, Palermo, Caltanissetta e
Firenze, ndr) il compito di arrivare alla verità giudiziaria. È chiaro che
nessun ostacolo va frapposto al lavoro della magistratura e a quello della commissione».
C’è il rischio che quel biennio resti agli atti come l’ultimo mistero d’Italia? «Il rischio c’è visto che i misteri d’Italia sono il buco
nero di questo Paese. È l’unico Paese europeo in cui c’è stato un tale
succedersi di eventi non chiariti, zone oscure e depistaggi clamorosi. Dal caso
Mattei in avanti. E quando penso alle stragi del biennio ’92-93 non posso non
pensare al depistaggio di Scarantino, a quello del questore La Barbera (capo
del pool di investigatori che indagava, ndr) che tornerà anni dopo anche dietro
il sanguinoso blitz alla scuola Diaz nei giorni del G8 genovese. Andando
indietro, al generale Subranni sospettato di aver guidato i depistaggi dopo
l’omicidio Impastato. Coincidono, queste azioni, con passaggi cruciali nella
vita del Paese. Nel biennio ’92-93 cambia la nostra storia politica. E come in
tutte le fasi di transizione - nel ’68-69 con piazza fontana, prima ancora col
Piano Solo e poi con il governo di unità nazionale e il rapimento Moro -
succede qualcosa di sanguinoso. Le organizzazioni criminali in questi momenti
di passaggio diventano parte della strategia terroristico-mafiosa volta a
cambiare gli equilibri del Paese».Entrati in questa logica, capire la o le
trattative è fondamentale per dare un nome a chi ha ucciso Borsellino? Se
dietro il tritolo di via D’Amelio ci sono anche i servizi segreti? «Sì, ma bisogna chiedersi anche perché è stato ucciso
Falcone, perché l’attentato all’Addaura. Soprattutto, perché sono cominciate le
stragi e perché sono finite. La risposta chiama in causa certamente la
trattativa ma anche una ricostruzione un po’ meno schematica di quello che è
successo in quegli anni. Falcone, ad esempio, poteva essere ucciso in modi
diversi, a Roma, per strada. Invece Riina richiama i suoi e decide per la dimensione
terroristica della strage. La mafia, a parte Ciaculli e Portella della
Ginestra, aveva fatto tanti assassinii ma mai stragi. Allora, perché Falcone? E
perché Falcone, dopo l’Addaura, indica l’azione di “menti raffinatissime”?».
Perché un falso colpevole come Scarantino trascina la magistratura fino al
giudizio definitivo salvo poi scoprire, grazie a Spatuzza, che era tutto falso?
«Perché un pezzo dello Stato ha lavorato contro lo Stato. C'è stato un
“antistato” che ha lavorato fin dall’inizio, probabilmente l’Addaura, per
depistare. L’Italia ha sempre dovuto combattere contro un grumo di cose
nascoste che di volta in volta ha utilizzato agenzie di varia natura per fare
operazioni. Perché la banda della Magliana spara al presidente del banco Ambrosiano?
Perché spara a Mino Pecorelli? Vengono chiamati da qualcuno per un altro tipo
di lavoro. Questo qualcuno è “l’entità” di cui ha parlato tante volte il
procuratore antimafia Piero Grasso. Per me è identificabile con l’antistato. Lo
chiamo cosi perché per me lo Stato è Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Ninni
Cassarà, Rocco Chinnici». Chi è l’antistato? «Negli anni ha assunto la forma della P2, del terrorismo di
destra, della deviazioni di Gladio. È un’entità che reagisce cercando di
ricostruire equilibri di potere preesistenti quando questi vengono scossi».
Perché nel 1994 finiscono le stragi? «Finiti Andreotti e la Dc dei Salvo e di Lima, la mafia era
alla ricerca di un nuovo referente politico. Le stragi finiscono probabilmente
quando quel referente viene trovato». Oggi siamo in una fase di passaggio
simile al biennio ’92-93? «Assolutamente sì. E l’attacco al Capo dello Stato
rientra in questa antica e carsica strategia. Così come ci rientra
l’irresponsabile tentativo di trascinare l’Italia in elezioni anticipate
cercando di far leva sullo scontento sociale e assumendo posizioni populiste
come “usciamo dall’euro” e “torniamo alla lira”». Quello che sta dicendo
Berlusconi? «Infatti. Non contento di quello che ha già fatto a questo paese,
viste le difficoltà nel suo partito, vuol fare saltare tutto colpendo Monti e
portando lo scontro all' esasperazione. Fare questo è da irresponsabili. Tipico
di chi, appunto,vuole avvelenare i pozzi».
c.p.m.r.d.s.