DUE MEDICI SPORTIVI INDAGATI PER LA MORTE DI VIGOR
BOVOLENTA
Due medici sportivi sono indagati per omicidio colposo dalla
procura di Macerata per la morte di Vigor Bovolenta, il pallavolista della
Volley Forlì morto il 24 marzo 2012 durante una partita di B2 con la Lube. L'atleta soffriva di una coronaropatia aterosclerotica
severa, e non avrebbe dovuto giocare. Destinatari dell’avviso di chiusura delle
indagini sono due medici di Forlì e Meldola, che nel 2011 rilasciarono a
Bovolenta i certificati di idoneità sportiva agonistica. Trentasette anni, una
moglie ex pallavolista, Federica Lisi, e il quinto figlio nato dopo la
tragedia, Bovolenta aveva vinto tutto. Quattro edizioni della World League con
la Nazionale azzurra, una Coppa del mondo, un Campionato europeo e l’argento
alle Olimpiadi di Atalanta nel 1996. Una forza della natura, amatissimo dai
tifosi. Eppure, così hanno concluso i periti Mariano Cingolani, Rino Froldi,
Gian Piero Perna e Gaetano Thiene nominati dai pm Ernico Rastrelli e Andrea De
Feis, Bovo non avrebbe dovuto praticare sport agonistico. Un trombo di grosse
dimensioni minava le sue coronarie, una di bomba ad orologeria, esplosa la sera
del 24 marzo, durante una partita come tante, che Vigor affrontava sul parquet
del palasport di Fontescodella a Macerata. I compagni di squadra e il poco
pubblico presente lo avevano visto barcollare e poi crollare a terra. I
soccorsi erano stati tempestivi (4 minuti dopo la chiamata giunta al 118 alle
22:12 un’ambulanza era già sul posto), ma il pallavolista non si era mai
ripreso. Inutili i tentativi di rianimarlo, prima in campo e poi in ospedale.
Un defibrillatore avrebbe forse potuto salvarlo, ma l'apparecchio non è
obbligatorio in campo, e gli inquirenti non hanno ravvisato responsabilità su
questo aspetto. I due sanitari indagati hanno 20 giorni di tempo per presentare
una memoria o chiedere di essere sentiti dai magistrati. Dovranno giustificare
quei certificati di idoneità, rilasciati ad un atleta che già nella stagione
1997-'98, quando militava nel Ferrara, era stato costretto a fermarsi per tre
mesi e mezzo a causa di un’aritmia cardiaca. In seguito il problema non si era
più ripresentato, il ritmo cardiaco si era stabilizzato, e - così ha sempre
sostenuto la società per cui Bovolenta era tesserato - i controlli medici cui
era stato sottoposto nel tempo avevano sempre dato esito negativo. p.c.m.s.r.d.c.