venerdì 8 giugno 2012


LAUREATI, PIÙ DIFFICILE TROVARE UN LAVORO

Aumentano i laureati in cerca di lavoro a quattro anni dalla fine degli studi. Nel 2011, quasi uno su sei (il 15,2%) dei laureati nel 2007 non ha ancora trovato un'occupazione. Lo scrive il rapporto dell'Istat su 'Laureati e lavoro'. Nel 2011 lavora il 71,5% dei laureati che hanno conseguito il titolo nel 2007, mentre è in cerca di lavoro il 15,2%. Rispetto alla precedente indagine (nel 2007 chi si era laureato nel 2004), diminuiscono gli occupati (allora erano il 73,2%) e cresce la quota di chi cerca lavoro (era il 13,5% nel 2007). Tra i laureati in corsi di durata triennale l'occupazione è inferiore, rispetto al 2007, di quasi quattro punti percentuali (73,2% nel 2007 contro il 69,3% del 2011) e il tasso di disoccupazione più elevato di oltre cinque (14,2% nel 2007 contro il 19,5% del 2011). Vanno bene le lauree di area sanitaria, male quelle di area letteraria e biologica. Tra le triennali trovano più lavoro chi ha fatto corsi di professioni sanitarie infermieristiche e ostetriche (circa il 95% di occupati). Tra le lauree specialistiche biennali, livelli di occupazione superiori al 90% si registrano per i corsi di ingegneria meccanica, gestionale ed elettronica e per quelli di architettura e ingegneria edile e delle scienze economico-aziendali. Più dura per i laureati triennali di scienze biologiche, scienze della terra, lettere e filosofia (con tassi di disoccupazione superiori al 40%). Anche i laureati del biennio specialistico dei gruppi geo-biologico e letterario hanno difficoltà. Particolari prolbemi li hanno coloro che vivono abitualmente nel Mezzogiorno: a quattro anni dalla laurea la percentuale di persone in cerca di occupazione è superiore al 27% tra i triennali. Inoltre, vive nel centro nord circa il 30% dei laureati che prima di iscriversi all'università risiedevano nel Mezzogiorno e nel 2011 ha un lavoro. Evidente la differenza con il Nord: sono meno del 5% coloro che già vi risiedevano prima di andare all'università e che nel 2011 lavora altrove. In merito alla soddisfazione per il lavoro svolto, appagano di più il grado di autonomia sul lavoro e le mansioni: la quota dei «molto o abbastanza soddisfatti» su questi aspetti supera l'85% ogni tipo di laurea. La possibilità di carriera e il trattamento economico sono, invece, gli elementi meno gratificanti, con quote di soddisfazione intorno al 60%. Il livello di soddisfazione femminile è sempre più contenuto rispetto a quello dichiarato dagli uomini.                                                                              m.c.p.d.s.n.r.
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giovedì 7 giugno 2012


DI SCENA QUESTO WEEKEND IL MINIENDURO A SAN SEVERINO MARCHE

DI PAOLA MAURIZIO 

A fare da palcoscenico a questo fatidico giro di boa sarà la splendida cittadina marchigiana di San Severino, nel cuore della regione centro italica. Ben 89 i conduttori al via in questa prova che vede per la prima volta nella storia nazionale l’  organizzazione del Motoclub Simoncini Racing, guidato dall’ex pilota di specialità, Juri Simoncini. Appeso il casco al chiodo, Juri si è dedicato all’attività giovanile per l’avviamento allo sport creando un apposito parco, l’Hobby Park, che domenica 10 giugno farà da cornice a questo evento. All’interno di questo circuito, situato in località Valle dei Grilli Camere, a circa un paio di chilometri da San Severino Marche, è stato disegnato un impegnativo un percorso di 60 km dove saranno disposte due prove speciali. Scattate le ore nove di domenica mattina, i nostri aitanti piloti in sella alle loro moto in miniatura andranno ad affrontare l’Enduro Test, situato su un terreno prevalentemente duro e sassoso. All’interno dei suoi 2500 metri di lunghezza alcuni tratti difficili impegneranno i conduttori, con passaggi tecnici nel sottobosco e su tronchi. Un trasferimento di 10 km su un sentiero attraversato da un fiume, porterà i cuccioli dell’enduro nazionale nei pressi del Cross Test dove un prato li vedrà darsi battaglia per circa 3500 metri. Un gara che si presenta interessante anche per la lotta al titolo 2012. I pretendenti al tricolore sono infatti chiamati a difendere il loro primato in campionato dai diretti inseguitori che certamente non molleranno la presa tanto facilmente. Per quanto riguarda l’Aspiranti 50 il friulano Lorenzo Macoritto con la sua Suzuki Valenti conduce la generale con 37 punti grazie ad un secondo posto conquistato in Sicilia e la vittoria ottenuta a Pederobba. Ad inseguirlo a 5 lunghezze troviamo Federico Piccina (Suzuki Valenti), mentre il terzo posto con 28 punti è occupato da Carlo Augusto Cabini (HM). Andrea Verona (KTM) (foto) dopo un brillante avvio di stagione è chiamato a tenere stretto il suo primato nell’Aspiranti 85, conquistato con le due vittorie, Sicilia e Veneto. A cercar di strappargli la leadership ci saranno Matteo Pavoni e Enrico Zilli, i quali si trovano attualmente al secondo e terzo posto di classe, entrambi su KTM. Punteggio pieno anche per Manolo Morettini in sella alla sua KTM nella Esordienti, inseguito a poche lunghezze di distacco da Giovanni Bonazzi (KTM), mentre la terza posizione è divisa tra Lemuel Pozzi e Nicolò Rumi, entrambi su KTM ed entrambi con 30 punti. Marcia trionfale anche per il siciliano Andrea Adamo che con la sua Husqvarna conduce la classe Baby con 40 punti, con Daniele Delbono e Roberto Ponti ad occupare alle sue spalle la seconda e terza posizione. Tra le squadre un solo punticino divide la leader Gaerne dal Motoclub Bergamo, 108 a 107, mentre sul gradino più basso del podio troviamo il Motoclub Val Luretta, terzo a 89 punti.Vi aspettiamo numerosi a San Severino Marche per questa imperdibile terza prova di campionato, la quale sarà contornata nella giornata di sabato dallo spettacolare Palio Dei Castelli, dove i rioni della cittadina si scontreranno per decretare il vincitore dell’edizione 2012.
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mercoledì 6 giugno 2012


FALSI CIECHI A CAMPOBASSO, DANNO ALLE CASSE DELLO STATO PER OLTRE UN MILIONE DI EURO UN UOMO FACEVA ADDIRITTURA  ALLENATORE DEI PORTIERI 

Percepivano l'indennità come ciechi, ma in realtà si muovevano perfettamente a proprio agio per le vie della città, sia di giorno che di notte, aggirandosi senza alcun bisogno di assistenza o ausilio. La Guardia di Finanza di Campobasso ha scoperto due falsi ciechi che hanno causato un danno erariale per oltre un milione di euro. Si tratta di 2 persone, un uomo e una donna, entrambe residenti nel Capoluogo molisano, che a dispetto della diagnosi medica conducevano una vita normale, senza handicap visivi evidenti. L’ uomo era addirittura allenatore dei portieri di una squadra dilettantistica di calcio. Per la donna, classe 1946, dichiarata “cieca assoluta” sin dall’anno 1964 era prevista una indennita’ mensile di 1.850 euro. Ma le immagini riprese dai militari documentano come la signora attraversasse la strada da sola, con padronanza e sicurezza, ed al mercato scegliesse con cura i prodotti ortofrutticoli da acquistare. Prove schiaccianti anche a carico dell’ uomo uomo, classe 1971, con indennità di 1.200 euro ma da anni impegnato in attività sportive come allenatore dei portieri in una squadra dilettantistica di calcio. Anche lui “cieco assoluto”, nei filmati dei Finanzieri si muove invece con disinvoltura fra i pali e l’erbetta dei campi di gioco, calciando tiri precisi in direzione dei suoi allievi. Il danno erariale causato dai due falsi ciechi ammonta a 1.052.480,13 euro e l’importo dovrà essere restituito, ferme restando le responsabilità penali accertate a loro carico. L’uomo e la donna sono stati segnalati all’Autorità Giudiziaria di Campobasso.             p.c.i.s.m.
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martedì 5 giugno 2012


LO STATO NON PAGA I DANNI PER LE TRASFUSIONI INFETTE  "PIGNORATE EQUITALIA" TRENTO, LO CHIEDE UN AVVOCATO PER UN TOTALE DI 250MILA EURO 

La legge del contrappasso rischia di costare cara ad Equitalia, che di solito è molto sollecita nel richiedere i pagamenti dovuti da altri, ma che stavolta si vede pretendere pagamenti per vie legali. Succede a Trento, dove sono ben due le richieste di pignoramento contro Equitalia per un totale di quasi 250mila euro. In sostanza lo Stato non ha pagato gli indennizzi da danni da epatite C contratta con trasfusioni. I due casi riguardano un uomo che ha contratto la malattia 25 anni fa e nel frattempo è morto (e i parenti chiedono oltre 150.000 euro) e un anziano ancora in vita, al quale spettano 90mila euro di risarcimento, riportano i quotidiani locali. Nel primo caso il riconoscimento dell’indennizzo venne ottenuto, ma il denaro non è mai arrivato: il poveretto è morto tre anni fa a soli 45 anni e ora sono i parenti a proseguire la sua battaglia.Lo stesso è successo a un signore di 67 anni, che prosegue la sua battaglia contro l’epatite, come pure contro la patologia che l’aveva portato alle trasfusioni. Stesso iter, stessa approvazione del giudice a Trento per l’indennizzo. Ma anche niente denaro che arriva. Le richieste di pignoramento ora sono al vaglio del giudice dell’esecuzione di Bolzano, dove ha sede Equitalia.
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lunedì 4 giugno 2012


LEGA NELLE MANI DI MARONI ORA SI PREOCCUPA FORMIGONI...

Con l’ elezione, ieri, del sindaco di Verona Flavio Tosi alla guida della Liga Veneta ( con il 57%, sabato era toccato a Matteo Salvini in Lombardia), si è completata la maronizzazione della Lega Nord. Che si concluderà ufficialmente il 30 giugno a Milano, con l’incoronazione del «Bobo» al congresso federale. «E ora lanciamo ancora una volta la nostra sfida alle stelle», gongola l’ex ministro dell’Interno sulla sua pagina Facebook, ormai divenuta la vetrina della Lega 2.0, quella dei «Bobo boys». E tuttavia, anche ai più avveduti della nuova guardia, non sfugge un paradosso, che è anche un rischio mortale: e cioè che l’opa di Maroni sia tardiva, arrivata a maturazione quando ormai le azioni sono in picchiata, e il processo di perdita di credibilità (e di voti) ormai è irreversibile. Era partita un anno fa, l’opa di Maroni. In quella torrida giornata di fine luglio a Montecitorio quando, complice l’assenza di Bossi, il ministro dell’Interno in carica si era seduto tra i banchi dei suoi deputati e aveva votato sì (mostrando ai fotografi il movimento delle dita) all’arresto del berlusconiano Alfonso Papa. «Maroni si prende la Lega», avevano titolato molti giornali, e le analisi convergevano: la fase di Bossi capo indiscusso, e il patto di ferro Arcore-Gemonio, sono al tramonto. Si parlava molto di un patto con Alfano per prendersi in tandem palazzo Chigi. Ma Bossi e Berlusconi, quella successione morbida, la vedevano come un golpe. E infatti a palazzo Chigi il cavaliere è rimasto fino a consunzione, e Bossi idem in via Bellerio. La resistenza del Cerchio magico bossiano è stata all’ultimo sangue, tra congressi farsa e minacce di espulsione a Tosi e allo stesso Maroni. C’è voluto lo tsunami delle inchieste sull’ex tesoriere Belsito, le lauree in Albania, i soldi in Tanzania e i diamanti di Rosi Mauro per arrivare a indire un congresso federale dopo dieci anni, e spianare definitivamente la strada alle ramazze di Bobo «il temporeggiatore», come l’hanno soprannominato anche alcuni suoi pretoriani. Per mesi diviso tra furori e timori, tra la consapevolezza che la casa stava bruciando, l’angoscia del parricidio e il terrore di un passo falso. E ora la domanda dalle cento pistole è questa: l’opa tardiva di Maroni riuscirà a ribaltare un trend decisamente in discesa, a riabilitare una Lega travolta alle ultime amministrative da una emorragia di voti anche nelle sue roccaforti? Al di là della propaganda di rito, nessuno si fa troppe illusioni. E nessuno tra i quarantenni che compongono la nuova squadra ha ricette pronte in tasca, al di là della damnatio memoriae per i famigli del Senatur. Si oscilla pericolosamente tra tentativi di imitare la Csu bavarese, oppure la Svp dell’Alto Adige, o magari i baschi che, spiega un leghista di peso, «al Parlamento nazionale si fanno eleggere ma poi non ci vanno». Archiviate con Bossi le mire secessioniste e le relative ampolle, ora l’obiettivo è tornare a svolgere un ruolo di sindacato del territorio, anti tasse (soprattutto l’Imu) e anti-immigrati, di tornare a soffiare sulle paure del ceto medio settentrionale, delle piccole e medie imprese alle prese con la crisi, sull’odio per l’Europa rigorista e per il governo tecnico di Monti che ne esprime il «volto italiano». Col sogno di arrivare al governo della Lombardia, suffragato dalla popolarità di Maroni ma reso decisamente sfocato dalla penuria di voti, dalla fine dell’alleanza col Pdl e dal tramonto del sistema Formigoni di cui la Lega è stata un pilastro. Un Carroccio che, secondo gli ultimi sondaggi, galleggia poco sopra il 4% (prima degli scandali era al 10%), ma resta ancora una forza chiave nel Nord, con 2 governatori, 11 presidenti di Provincia e oltre 300 sindaci. I sostenitori di «Bobo» guardano al bicchiere mezzo pieno. «Siamo riusciti a fare una “de-stalinizzazione in vita”, con dei congressi democratici, e senza spargimenti di sangue. Per noi la strada è molto in salita, ma non è un risultato da poco», spiega un tosiano. «A nostro favore gioca la questione settentrionale, i sindaci tartassati, le piccole e medie imprese, le infrastrutture irrealizzate, la pressione fiscale insopportabile», spiega il sindaco Fontana. «Se questi problemi non sono stati risolti è anche colpa nostra, ma non vedo nessun altro pronto a farsene carico». I nuovi vertici leghisti sperano di «recuperare i tanti nostri elettori schifati che sono rimasti a casa». O che hanno scelto Grillo. «I nuovi protagonisti sono di una tale vacuità che noi, nonostante i tanti errori, possiamo restare competitivi», assicura Fontana. Stando però alla larga dal governo di Roma. «Lì non si combina niente...». La partita è tutta qui: una questione settentrionale intatta, la presenza o meno nel 2013 di nuovi interpreti credibili di quelle istanze, la credibilità ferita a morte di un partito nato agitando il cappio e poi affondato tra i diamanti. Il tutto, al netto dei possibili colpi di coda del Senatur e del suo clan, di scissioni o di altre tegole giudiziarie. «Maroni? Lo attende una salita più dura del Mortirolo», sorride Daniele Marantelli, deputato Pd. «Ma se i temi del Nord non li afferra nessun altro, potrebbe anche cavarsela...».
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domenica 3 giugno 2012


PASSERA:«LA CRISI IN ITALIA LA VIVONO 28 MLN DI PERSONE»

In Italia la crisi è vissuta da 28 milioni di persone: è la stima del ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera, intervenuto al Festival dell'Economia di Trento. «Noi- ha spiegato- siamo in una realtà in Europa dove 50 milioni di persone o sono disoccupate o sono sotto-occupate ed in Italia ci sono tra inoccupati che non cercano lavoro, disoccupati, cassintegrati e sotto-occupati 7 milioni di persone, a cui si possono collegare quattro famigliari a testa, che vivono la crisi; e significa 28 milioni di persone». Per Passera «in tema di crescita la nostra agenda prevede un grande sforzo che -a partire dalla Salva Italia- pensiamo possa portare a ridurre le perdite di lavoro ed aumentare i nuovi posti di lavoro, proprio per i quasi sette milioni di italiani che non hanno un lavoro sicuro o sufficiente». Quella del Paese è «una situazione- ha aggiunto il ministro - che noi del governo Monti viviamo con ansia: ogni giorno penso cos'altro aggiungere per la crescita; ed aggiungo crescita sostenibile e sostenuta per creare lavoro. Sostenibile è una parola concreta e quindi non drogata dal debito, se si crea crescita comperando debito pubblico o privato i nodi vengono al pettine». A disposizione delle rinnovabili, saranno disponibili 160 mld. Lo ha annunciato il Ministro dello sviluppo Economico Corrado Passera, al Festival dell'Economia. «L'Italia ha preso l'impegno con l'Europa per le rinnovabili e l'impegno è superare la quota del 20%, data la nostra dipendenza dal gas abbiamo pensato di liberalizzare il mercato, e favorire lo sviluppo delle green economy nelle nostre aziende», ha spiegato aggiungendo che «oggi mettiamo a disposizione circa 160 miliardi spostandoci però su filiere italiane e legate all'agricoltura; ecco perchè nei prossimi provvedimenti troverete segni di accelerazione sia per le imprese che per i privati per le agevolazioni riguardanti il risparmio energetico.                                          p.c.s.m.r.d.c.
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sabato 2 giugno 2012


L'ITALIA CELEBRA LA SUA FESTA MA PENSA A CRISI E TERREMOTATI

E' durata cinquanta minuti la parata militare senza cavalli e senza Frecce tricolori, aperti da un minuto di raccoglimento per il sisma in Emilia. Ha fatto da prologo la deposizione di una corona d'alloro all'Altare della patria da parte di Giorgio Napolitano. Insieme al presidente il premier Monti, i presidenti di Senato e Camera Schifani e Fini, il ministro della Difesa Di Paola, il presidente della Consulta Quaranta. La parata è iniziata alle 10,10 lungo via dei Fori Imperiali con i gonfaloni di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna e delle Province di Bologna, Ferrara, Mantova, Modena, Reggio Emilia e Rovigo, in rappresentanza delle comunità colpite dal sisma, posizionati presso la tribuna d'onore. Con i ministri Cancellieri, Severino, Terzi e Profumo c'erano anche il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Catricalà, il capo della polizia Manganelli, il vicepresidente della Corte Costituzionale Gallo e diversi esponenti politici. Preceduti dai carabinieri, hanno sfilato tra l'altro i reparti e le unità impegnati nelle missioni internazionali nel quale comparivano le bandiere delle Nazioni unite, dell'Alleanza atlantica e dell'Unione europea, di alcune nazioni amiche e alleate. L'ha chiusa una simbolica rappresentanza delle componenti, militari e civili (circa 4.500 tra uomini e donne) impegnate nelle operazioni di soccorso e assistenza alle popolazioni colpite dal terremoto. Sono in corso a Roma i festeggiamenti per il 2 Giugno, Festa della Repubblica. Il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, ha inviato al Capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Biagio Abrate, il seguente messaggio: «Celebriamo oggi il 66ø anniversario della nascita della Repubblica. Il 2 giugno 1946 gli italiani, risorti dalle sofferenze di due guerre e spezzato il giogo della dittatura, completarono il loro lungo e difficile cammino verso un nuovo stato democratico, i cui principi fondanti trovarono poi mirabile sintesi nella Carta costituzionale, architrave delle istituzioni e supremo riferimento per il paese e per il cittadino. Questa mattina, chinando il capo di fronte al Milite Ignoto, ho reso omaggio a tutti i militari che hanno perso la vita per la Patria, per costruire, difendere e diffondere i grandi valori ai quali l'Italia repubblicana si ispira e che promuove nel mondo. Pur stretto nell'impegno volto a fronteggiare una grave crisi economica e profondamente ferito da uno sconvolgente e luttuoso evento sismico, il nostro paese è più che mai determinato a proseguire nella propria azione in seno alla comunità internazionale, consapevole che, fino a quando la legalità e i diritti fondamentali saranno offesi, la cooperazione pacifica tra i popoli e lo sviluppo sociale ed economico non potranno definitivamente affermarsi». «Esprimo il mio forte apprezzamento alle Forze Armate, che di tale azione costituiscono componente rilevante – ha proseguito Napolitano – per la preziosa opera che svolgono in tante travagliate regioni, a sostegno della stabilità e della sicurezza e per l'assistenza alle popolazioni. Esse debbono continuare ad attuare con determinazione il complesso e ambizioso processo di trasformazione e razionalizzazione intrapreso, al fine di realizzare uno strumento militare agile e capace, in grado di far fronte efficacemente alle nuove minacce e alle imprevedibili situazioni di rischio che ci prospetta un mondo sempre più interdipendente e globalizzato. Un riconoscimento particolarmente sentito va ai reparti intervenuti con la Protezione Civile in soccorso dei cittadini emiliani che un disastroso terremoto ha, in questi giorni, così duramente e dolorosamente colpito. Con il loro impegno essi testimoniano ancora una volta la totale dedizione delle Forze Armate alla nostra Italia ed alla sua gente di cui sono nobile espressione. Quei reparti saranno oggi virtualmente al fianco delle unità che sfileranno in Roma. Con questi sentimenti, insieme a tutti i cittadini, stringo idealmente in un affettuoso abbraccio i militari italiani di ogni ordine e grado e le loro famiglie e rinnovo loro il mio plauso e l'augurio più fervido. Viva le Forze Armate, viva la Repubblica, viva l'Italia!». La festa del 2 Giugno «è una ricorrenza di cui è protagonista il popolo, il nostro popolo, che, in questo momento, si riconosce nelle comunità colpite dal sisma in Emilia e altrove. È intorno a loro che la famiglia della Difesa si stringe in un abbraccio forte e caloroso». Lo scrive il ministro della Difesa, Giampaolo Di Paola, in un messaggio inviato ai militari in occasione del 2 Giugno. Alle popolazioni colpite, afferma Di Paola, «va quest'oggi la solidarietà dello Stato, valore su cui si fonda una nazione davvero coesa. Questa tragedia infatti, non tocca solo una parte di italiani, ma tutti». ERRANI, DA ITALIA SEGNO IMPORTANTE DI SOLIDARIETÀ FAREMO PRESTO E BENE «Il 2 Giugno è la festa della Repubblica. Il fatto che il Presidente Napolitano abbia scelto di dedicarla alla vittime e alla popolazioni terremotate è un segno importante di solidarietà e unità della Repubblica. Di questo ringrazio Napolitano e tutti gli italiani». È il ringraziamento arrivato durante la diretta del TG1 dal presidente della Regione Emilia-Romagna Vasco Errani in collegamento da Marzaglia, nel Modenese, punto chiave della macchina dei soccorsi di questi giorni. «Faremo presto e bene. Qui non esiste un Commissario - ha detto riferendosi a sè - ma un sistema di istituzioni democratiche forti a cominciare dai Comune e dalla Province,sui cui faremo leva per ricostruire». DI PAOLA, DIFESA ABBRACCIA COMUNITÀ COLPITE DA SISMA «A voi, donne e uomini delle Forze Armate impegnati in questi giorni nell'assistenza a questa gente colpita ma coraggiosa- scrive Di Paolo-rivolgo l'apprezzamento del governo e mio personale. Il conforto, materiale e spirituale, che voi offrite a chi sta soffrendo la perdita dei propri cari, delle proprie cose e delle certezze, è la migliore risposta possibile che un'istituzione come la nostra può dare in momento così difficili. Lo spirito che anima l'impegno di quanti con o senza stellette, stanno operando insieme nelle zone devastate per aiutare le popolazioni colpite dal sisma - ha aggiunto - ci consente di guardare con fiducia, nonostante tutto, al futuro».                                                                  

                                                                                                          c.p.m.s.r.d.n.Contatore visite gratuitoAggregatore notizie RSSShare





venerdì 1 giugno 2012


DAGLI STIPENDI AI MUTUI: ECCO COSA SIGNIFICA RITORNARE ALLA LIRA


Se ci fosse una scala per misurare il grado di populismo che un politico può raggiungere nel suo gioco al rialzo per conquistare il favore del pubblico, la pazza idea di Berlusconi di uscire dall'Euro si classificherebbe chiaramente tra le prime posizioni. Berlusconi ha dimostrato più volte di essere una macchina macina-tormentoni. Ora che il parito gli si sta dissolvendo sotto i piedi – e così i consensi – ha bisogno di istillare nuova linfa al suo popolo. Il costituzionalismo lo ha scaldato poco. E allora via con l'idea di stampare l'Euro attraverso Bankitalia, altrimenti ciao ciao Eurozona. Bene, siccome il populismo è una brutta bestia, proviamo a fare i conti con cosa significherebbe, nella realtà, un'uscita del nostro paese dall'Euro. 1 CORSA AGLI SPORTELLI- Ne vedremmo, di file agli sportelli di banche e poste. Il primo pavloviano riflesso di chiunque sarebbe quello di andare ad azzerare i propri conti per trasferire gli euro risparmiati nelle banche di paesi che non aderiscono. Il premio Nobel Paul Krugman, in un articolo di qualche tempo fa, ha immaginato la fine dell'Euro tout court, e ha ipotizzato una fuga dei correntisti in Germania. In uno scenario in cui l'Euro resistesse all'uscita dell'Italia, è probabile che molti porterebbero i propri soldi in Svizzera. Questa fuga ha una spiegazione logica: la lira andrebbe immediatamente incontro a una svalutazione (vedi punto successivo). 2 SVALUTAZIONE DELLA LIRA- E' probabile che nel momento in cui si scelga di ripassare al vecchio conio, la lira tornerebbe al valore che aveva nel momento del passaggio all'euro, e cioè 1euro=1936,27. Ma basterebbe aspettare la riapertura delle borse per vedere la propria moneta crollare sui mercati. La simulazione fatta qualche tempo fa della banca d'affari svizzera Ubs parla del 50% come minimo. L'effetto positivo è che le esportazioni ne guadagnerebbero – ma occhio alle contromisure degli altri Paesi illustrate al Punto 3. L'effetto negativo è che verremmo totalmente strangolati dai prezzi di materie prime che l'Italia non possiede (vedi alla voce petrolio). 3 PREZZI E INFLAZIONE ALLE STELLE 
Per quanto riguarda le esportazioni, l'illusione che i prodotti italiani possano essere venduti di più grazie all'abbassamento dei loro prezzi è immediatamente frenata dal fatto che - come suggeriscono le simulazioni di Ubs - i Paesi del nord Europa che non aderiscono alla moneta unica imporrebbero subito accise di dogana di almeno il 50%. A tutto ciò si aggiunge il fatto che i prezzi di benzina, gas ed elettricità schizzerebbero alle stelle. E questo per il semplice motivo che l'Italia importa energia (petrolio in primis) dagli altri Paesi.4 STANGATA SUI MUTUI- Molto dipende dal tipo di mutuo. La differenza da fare è tra il tasso fisso e quello variabile. Nel primo caso formalmente non cambia nulla, salvo il fatto che la riconversione contestuale degli stipendi dopo il passaggio alla lira el'aumento dell'inflazione renderebbe anche i mutui a tasso fisso una spesa altamente incisiva su un reddito con meno potere d'acquisto rispetto a prima. Nel secondo caso si profila l’abbandono dell’Euribor. L'Euribor è il tasso a breve sull’euro, che verrebbe sostituito da un tasso corrispondente alla lira, con un conseguente aumento delle rate mensili da pagare - fino al raddoppio. 5 EFFETTI SULL'EURO, I COSTI PER I CITTADINI- Per molti osservatori è plausibile che un'uscita dell'Italia dalla zona euro causarebbe il fallimento della stessa moneta unica. Secondo le stime della banca d'affari svizzera, il collasso dell'euro costerebbe circa 10mila euro l'anno per almeno un decennio per ogni cittadino italiano (neonati compresi).
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giovedì 31 maggio 2012


L'IMPIANTO CHE OSPITERÀ IL DEBUTTO DEGLI AZZURRI NON È ANCORA ACCESSIBILE E LE GRU STANNO LOTTANDO CONTRO IL TEMPO PER LIBERARE LA GDANSK ARENA DALLA TERRA DEL CANTIERE. IL 10 GIUGNO SI RIUSCIRÀ DAVVERO A GIOCARE CONTRO LA SPAGNA?

L'Italia deve stare attenta. Perché le polemiche rischiano di non finire con l'addio a Coverciano e la partenza verso la Polonia, lì dove dal 5 giugno gli azzurri saranno in ritiro. Questa volta, però, nessuno potrà imputare qualcosa agli Azzurri. Il problema, infatti, è prettamente logistico. Incredibile ma vero, a una decina di giorni dal debutto contro la Spagna, pare che la struttura scelta per la sfida contro i campioni del mondo non sia affatto pronta. Il match del prossimo 10giugno sarà ospitato dalla Gdansk Arena di Danzica. Un impianto splendido e perfettamente funzionale, ma del tutto privo delle infrastrutture necessarie a una partita di questo livello. La denuncia arriva direttamente dalla Spagna, per la precisione da Hector Fernandez, inviato di Radio Onda Cero. Il cronista iberico ha inviato un paio di foto che mettono pesanti dubbi sullo stato dei lavori.Basta guardare queste immagini per capire che servirà un miracolo o quasi per arrivare al 10 giugno nelle condizioni ideali. Lo stadio, come detto, è ultimato e necessita soltanto degli ultimi ritocchi. Ma lo stesso non si può dire delle zone antistanti l'impianto, quelle che dovrebbero fornire l'accesso ai varchi della Gdansk Arena. L'allarme che arriva dalla Spagna è da tenere in seria considerazione, anche perché gli scatti che vi proponiamo risalgono soltanto a 24 ore fa.Fernandez racconta di una corsa contro il tempo ai limiti della disperazione, con gru ancora al lavoro per sgombrare la zona dalla terra tipica di un cantiere non ancora ultimato. Le autorità locali hanno già fatto sapere che non ci saranno problemi, ma le foto parlano chiaro. Basta pensare che, ad ora, l'accesso all'impianto da 41mila posti è garantito unicamente dalla sola strada funzionante che arriva allo stadio. L'ingresso principale, quello dall'autostrada, è ancora bloccato dal cantiere. Il 10 giugno sarà tutto pronto? Non resta che sperare.
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