GRILLO, IL TRAVAGLIO DI MARCO NEL DUELLO TV CON PROSPERO
In tv da Lilli Gruber la polemica dura tra l’editorialista
principe del Fatto quotidiano e il politologo dell’Università di Roma
Metti una sera in tv da Lilli Gruber l’una contro l’altra la
cultura politica e l’antipolitica. È stata questa la chiave della sfida tra
Marco Travaglio e Michele Prospero nel format televisivo «8 e mezzo». Sullo
sfondo espulsioni e «damnatio» dei dissidenti grillini, con intimazione da
parte dello stato maggiore penta stellato di autocritiche e richieste di
perdono ai reprobi. E poi ancora la polemica dura tra l’editorialista principe
del Fatto quotidiano e il politologo dell’Università di Roma che scrive
articoli di analisi politica su l’Unità. Da parte di Travaglio sul suo giornale
erano volate eleganti accuse di «pagnottismo» al rivale che per merito e
fortuna sua è un autorevolessimo studioso di scienze politiche e certo non vive
né di incarichi né di laute collaborazioni, laddove Travaglio fondò molto del
suo successo proprio con una rubrica fissa su l’Unità (ma allora era più
«riflessivo»). Per fortuna questo alto livello concettuale Travaglio ce lo ha
risparmiato ieri sera, e ne è venuto fuori qualcosa di molto interessante. Vale
a dire appunto due stili di pensiero contro. Con Prospero a distillare con
pazienza nozioni di pura civiltà politica: «Il mito della democrazia diretta è
pericoloso, genera dispotismo pseudocarismtico: è un che di demoniaco». E
Travaglio che prende sì le distanze dalle espulsioni comandate dal duo Grillo
Casaleggio («un errore, però tutti i partiti si sono macchiati di qualche
espulsione»), ma ribadisce il carattere salvifico del grillismo
dispotico-telematico: «Quel che conta è la democrazia diretta e gli elettori
(la rete) hanno sempre ragione». Ed è qui il vero infortunio di Travaglio, la
vera voce dal sen fuggita che lo appaia a Berlusconi. Non lo ha sempre detto
lui che, processo o meno, è stato votato ed è l’unto del signore? Sì, queste
cose le ha sempre dette il Cavaliere, e infatti Prospero non si lascia sfuggire
l’occasione, ribadendo che il vero «corazziere di Berlusconi è Travaglio».
Corazziere che poi diventa «carabiniere di Grillo». Qui
Travaglio si adonta torcendosi la mano sul petto: «A me, che Berlusconi mi vuol
togliere di mezzo e che sono anni che combatto inciuci, bicamerali e
compromessi a suo favore?». E poi giù altri affondi contro Prospero: «Il
professore invece scrive per convenienza, non è mai stato contro Berlusconi e
ha atteso il governo Letta prima di schierarsi a suo favore». Contro replica
facile, perché Prospero ricorda di aver scritto ben due libri su Berlusconi e
contro di lui: Lo Stato in appalto e Il comico della Politica, ben più che
corsivetti o «j’accuse» giudiziari collazionati. E ricorda pure di aver tifato per
il governo di cambiamento di Bersani e persino di aver criticato Napolitano.
Sul finale però Travaglio si supera:«Voglio magistrati cazzuti ma Grillo è
l’unico ad opporsi all’orrore». Potrebbe chiudere i libri a questo punto il
professor Prospero. Ma non lo fa e ricomincia paziente: «È l’odio contro il
negoziato a portare diritti all’orrore. E a piccoli padri alla Stalin come
Grillo».