BERLUSCONI: «SÌ A BERSANI PREMIER MA CON ALFANO
VICEPREMIER»
Un governo con Bersani premier e Alfano vicepremier. Un
impegno diretto del Pdl nell'esecutivo, quindi. E una figura “di garanzia” al
Quirinale. E' questa la linea di Silvio Berlusconi emersa durante la riunione
dei gruppi parlamentari a Montecitorio. Altrimenti, voto subito. A giugno. E
intanto – per tenere alta la tensione - quattro manifestazioni sulla scia della
“piazza del Popolo delle Libertà” sabato scorso a Roma. Continua il pressing del
Cavaliere, tornato da una giornata di relax in Sardegna con la fidanzata
Francesca Pascale, su Bersani.Domani Alfano incontrerà il leader Pd e
l’eventuale squadra va trovata entro Pasqua. Silvio ha mostrato di avere il
polso della «sua gente» e di conseguenza la capacità di trattare da una
posizione non certo di debolezza. Adesso aspetta di vedere cosa farà (e dirà)
Bersani. Anche se sotto l’aut aut secco tra governo «forte» e urne a giugno, si
agitano altri scenari. Residuali, certo, ma non impossibili. Riassume un
deputato molto vicino al leader: «E se Bersani alla fine riuscisse a convincere
un pugno di grillini? Se finisse con un governo di sinistra-sinistra? A quel
punto noi saremmo tagliati fuori da tutti i giochi, all’opposizione di una
legislatura decisa a farci molto male». È questo il timore inconfessato del
Cavaliere. Che, in attesa di «vedere le carte» in mano al Pd, si tiene aperte
tutte le porte. Comprese quelle di servizio.Nello scacchiere ci sono ancora
caselle delicate da ricoprire: dal Copasir ai posti in Giunta per le
Autorizzazioni. Quella che, nel caso, sarebbe competente ad esprimersi
sull’«ineleggibilità» di Silvio.«Non possiamo lasciare questi incarichi al M5S»
insistono molti esponenti azzurri. Ma il punto di ricaduta resta sempre lo stesso:
un nome «condiviso e di garanzia» per il Quirinale (dato che Napolitano ha
confermato per l’ennesima volta la sua intenzione di non prestarsi a bis). E
Gianni Letta, desiderio antico, non passerà mai.Tra i nomi, dopo Marini e
Amato, spuntano Mattarella e Castagnetti. L’ex premier vuole anche un governo
«non ostile». Che cioè non metta all’ordine del giorno leggi sul conflitto di
interessi, falso in bilancio e similari. Per questo Alfano vicepremier sarebbe
quanto di meglio potrebbe capitargli. Anche se è è parecchio improbabile. Ecco
perché, in questo quadro complessivo, e molto sottovoce, l’ipotesi di un
sostegno dietro le quinte non è ancora sparita dal tavolo. Intanto, la riunione
di stamattina dovrà mettere qualche punto fermo in un partito molto agitato.
Nel Pdl, trascurato dal Cavaliere, c’è molto scontento.Il parafulmine è Renato
Brunetta, capogruppo a Montecitorio non si sa fino a quando. «Si dà molto da
fare, il problema è il carattere» riconosce una deputata. Per questo fatica a
trovare un vice. Anche se alla fine dovrebbe essere la Gelmini. Di certo c’è
una pattuglia femminile che sembrava destinata ad alti incarichi ed è rimasta a
bocca asciutta: Santanché (mancata vicepresidente della Camera, fermata dalle
“colombe” che le hanno prereferito Lupi). Carfagna (non in ottime relazioni con
Brunetta), Biancofiore, De Girolamo. Anche al Senato c’è maretta: Schifani è
altrettanto accentratore. La Vicari e la Bonfrisco sono rimaste fuori
dall’ufficio di presidenza. Nitto Palma, escluso dalla vicepresidenza di
Palazzo Madama, scalpita per la stessa carica in Giunta per le Autorizzazioni.
Ruolo chiave. I gruppi piangono: oltre la “cura Brunetta” che ha tagliato i
dipendenti, anche al Senato l’ipotesi di una «solidarietà» del 10-20% pare
tramontata a favore di una riduzione dell’ organico. Ma nemmeno il partito
ride: girano voci di un trasloco degli uffici da via dell’Umiltà previsto a
fine aprile. Ancora ignota.
c.p.m.r.s.d.c.
c.p.m.r.s.d.c.