DOPPIOPETTO E APPLAUSI AI TECNICI ECCO LA NUOVA LEGA DI
MARONI
Che ci fa Corrado Passera agli Stati generali del Nord
convocati dalla Lega al Lingotto di Torino? E perché mai il sindaco di Verona
Flavio Tosi, volto assai più che emergente della nuova Lega targata Maroni, si
spreca in elogi per il Superministro dello Sviluppo, arrivando a dire che «la
Lega non è contraria a priori ad un prossimo governo guidato da Passera»? In
queste due domande, e nelle relative risposte, sta una traccia per capire la metamorfosi
che il nuovo leader sta imprimendo al Carroccio, sempre più in doppiopetto,
sempre più sensibile ai salotti buoni e sempre più lontano dalle ampolle, dai
riti celtici e dai Borghezio. E soprattutto, sempre più bisognosa, la Lega, di
costruire nuovi rapporti politici, per sfuggire alla strettoia mortale tra un
nuovo abbraccio col Cavaliere, una corsa in solitaria o il proposito (ormai
accantonato) di non partecipare alle prossime politiche per ritirarsi nella
macroregione del Nord, in una sorta di sbiadita fotocopia della Cdu bavarese.
Nella testa della nuova guardia leghista c’è sempre il «modello Verona», guarda
caso l’unica grande città in cui la Lega ha vinto alle ultime amministrative.
Con quale modello? Fagocitando pezzi del Pdl imploso, e aprendo la lista del
sindaco Tosi a pezzi della società civile, a partire, appunto, dai poteri forti
cittadini, fondazioni bancarie, imprenditori, salotti buoni. Lasciando il
giovane sindaco a incarnare l’anima popolare, e anche popolana, con cui
mascherare e rendere più friendly un sistema di potere ben congegnato, in stile
vecchia Dc. Ecco, Maroni sta cercando di fare la stessa cosa, ma in scala assai
più ampia, e dunque con tutte le inevitabili difficoltà. Per questo a Torino
sono stati invitati Passera, molti imprenditori, il presidente di Confindustria
Squinzi, il numero uno di Rete imprese Italia Giorgio Guerrini e poi un poker
di banchieri capitanati da Giuseppe Guzzetti dell’Acri. Oltre a Oscar Giannino,
giornalista economico ma soprattutto alfiere di una lista liberista che da un
paio di mesi lavora fianco a fianco con Italia Futura di Montezemolo. Insomma,
a Torino ci saranno due dei principali protagonisti della scena politica del
nuovo centro, Giannino e Passera. Il primo con venature più destrorse, il
secondo con lo sguardo più a sinistra. Ma la sostanza non cambia. È in questo
risiko che la Lega di Maroni intende infilarsi. Arrivando fino a ipotizzare un
alleanza elettorale, se dovesse restare il Porcellum. E se Passera dovesse
imprimere un approccio “nordista” a un contenitore sempre mano iodentificabile
con la vecchia Udc. Intanto, si comincia con il biglietto da visita di Torino.
Con cui Maroni intende cancellare anni di pregiudizi sulla Lega xenofoba e
urlante, e mostrare i gioielli della sua nuova classe dirigente. A partire da
Tosi, di cui si parla da qualche tempo come possibile candidato premier del
Carroccio. Lui smentisce, e non a caso parla di un governo Passera. I rapporti
tra i due si sono intensificati da quando il ministro ha deciso di sponsorizzare
(pare con una certa determinazione) il progetto di una nuova città
metropolitana a Verona, e cioè la creazione di un polo del veneto occidentale
che possa fare da contrappeso al potere di Venezia. Un progetto a cui,
naturalmente, il sindaco scaligero tiene tantissimo. Un patto tra pragmatici,
dunque. Che potrebbe essere foriero di novità politiche. Magari anche solo un
sostegno della Lega a un prossimo governo di unità nazionale a guida Passera.
Dopo mesi di piazze e di strali contro il governo Monti (da ricordare il No Imu
Day a Verona, seguito dal pagamento della tassa da parte di Maroni), dunque, la
Lega sembra pronta a cambiare strada. Nella minoranza ancora legata
all’ortodossia bossiana la questione è stata accolta con un certo sarcasmo («Finiremo
persino a rincorrere Casini e i ministri di Monti?»), ma nessuno sottovaluta la
portata dell’operazione. Neppure Montezemolo, che pure al Lingotto non andrà. E
che sul Carroccio è stato artefice di uno dei suoi frequenti mutamenti
d’opinione, passando in pochi giorni dalle lodi per i «bravi amministratori»
agli attacchi forsennati contro la «deriva xenofoba alla Le Pen». Ora che il
rischio razzista si è molto attenuato, assicurano fonti del Carroccio, anche il
patron Ferrari «è tornato a guardare a noi con attenzione». Soprattutto se
deciderà di abbandonare i progetti centristi e deciderà di diventare il front
man di un nuovo centrodestra. Magari con pezzi di Pdl post-scissione. Come è
successo pochi mesi fa proprio a Verona.