mercoledì 25 novembre 2009

Cattive notizie verso Copenhagen Emissioni a «livelli mai raggiunti»


A tre settimane dall'inizio della quindicesima Conferenza Onu sul Clima di Copenhagen, gli esperti non forniscono buone notizie. Le emissioni di gas a effetto serra, infatti, avrebbero toccato livelli mai raggiunti dall'epoca preindustriale e si starebbero avvicinando «agli scenari pessimistici» ipotizzati finora. «Le notizie non sono buone», ha affermato l'Organizzazione meteorologica mondiale. «La concentrazione di gas a effetto serra continua a aumentare con un ritmo molto rapido, bisogna agire rapidamente», afferma il segretario generale dell'Omm, Michel Jarraud, presentando alla stampa gli ultimi dati raccolti dall'agenzia delle Nazioni Unite. Ciò conferma «la tendenza di un aumento esponenziale» di questi gas, dice Jarraud. Ci troviamo davanti «allo scenario pessimistico» descritto dal Gruppo internazionale di esperti sul cambiamento climatico (Giec). Intanto l'Unione europea e le grandi potenze mondiali si preparano alla conferenza internazionale. Per il segretario esecutivo della Convenzione Onu sul clima, Yvo de Boer, è di cruciale importanza che gli europei continuino a esercitare la loro leadership internazionale alla Conferenza internazionale di Copenhagen, in dicembre, mantenendo la loro offerta di tagliare le emissioni del 30%, in modo da spingere gli altri paesi sviluppati a offrire riduzioni simili. L'Ue ha già deciso una riduzione al 2020 del 20% delle emissioni rispetto al 1990, con l'impegno ad arrivare a -30% se gli altri paesi industrializzati faranno uno sforzo «comparabile». In questo contesto, tuttavia, «il problema sono gli Stati Uniti», ha ammesso de Boer, pur mostrandosi ottimista sui risultati di Copenhagen. È anche importante, ha aggiunto il negoziatore capo dell'Onu, che l'Ue «faccia chiarezza» sui finanziamenti per i paesi in via di sviluppo che è disposta a sostenere per il medio e lungo termine. Passando in rassegna gli impegni che diversi paesi hanno già annunciato, de Boer ha citato il Giappone (cha ha un obiettivo di riduzione delle emissioni «molto ambizioso», del 25% entro il 2020), e la Cina, il paese cha emette più gas serra al mondo, ma che si è già impegnato con «un obiettivo molto ambizionso per lo sviluppo delle nergie rinnovabili» e che vuole ridurre le emissioni del 25% rispetto al 'business as usual'. I cinesi, secondo de Boer, hanno due ragioni per volere il successo di Copenhagen: «Da una parte, saranno fra quelli più colpiti delle conseguenze del cambio climatico», che vogliono perciò arginare; dall'altra, «è impensabile che continuino a crescere del 6% all'anno con uno sviluppo economico basato sul carbone». Per il negoziatore Onu, dunque, «il club dei paesi leader fortunamente si sta allargando». Poi ci sono il Brasile e la Corea del Sud, che hanno annunciato impegni di riduzione rispettivamente del 40% e del 25% rispetto al 'business as usaual'. «Mi aspetto che Cina, India, Brasile indichino chiaramente a Copenhagen che cosa intendono fare», ha detto il segretario esecutivo della Convenzione sul clima, che ha ricordato quindi il caso della Russia. Dopo in crollo delle delle emissioni del 24% sotto il livello del 1990 a causa del collasso economico seguito al crollo dell'Urss, Mosca aveva bisogno di un margine per la sua rinascita economica. Inizialmente aveva annunciato di voler ridurre le emissioni del 15%, «ma ora ha indicato, durante il recente vertice con l'Ue, di voler arrivare a -22, -25 per cento», ha sottolineato de Boer. La Casa Bianca intanto continua a muoversi. Per rimuovere «il più grande ostacolo» al successo del summit Onu sul clima di Copenhagen Barack Obama è pronto a fissare obiettivi provvisori per la riduzione dei gas serra negli Usa pari a un taglio del 14-20% entro il 2020. È quanto sostiene il britannico Observer secondo cui funzionari dell'amministrazione Usa stanno consultando negoziatori internazionali e esponenti chiave del Congresso per riuscire a fissare questi obiettivi provvisori minimi che possano essere sottoscritti nella capitale danese e poi recepiti anche a Washington. Il tutto a meno di tre settimane dal vertice. Todd Stern, inviato del dipartimento di Stato per i cambiamenti climatici, ha detto che l'amministrazione Obama ha riconosciuto la necessità che gli Usa facciano una proposta su un taglio delle emissioni. Gli Stati Uniti insieme alla Cina producono il 40% dei gas serra. «Stiamo cercando di vedere se possiamo mettere sul tavolo un quantitativo provvisorio (di tagli), che sarebbe però vincolato alla nostra approvazione legislativa», ha detto Stern. Se invece di obiettivo complessivo gli altri Paesi accettassero di fissare intanto un limite temporaneo Obama avrebbe un problema in meno perchè come è ormai chiaro il Senato Usa non fara in tempo ad approvare una legge nazionale sulla riduzione delle emissioni prima di Copenaghen (7-18 dicembre). Questo comporta che ove mai il presidente americano avanzasse a Copenhagen una sua proposta anche se questa fosse approvata questa potrebbe poi essere bocciata a Washington. L'unica cosa certa è che Obama non farà alcuna proposta, il fallimento di Copenaghen è certo.Contatore visite gratuito