BERLUSCONI E L'ALFABETO DELL'ETERNO RITORNO
A come Alfano. Lui è rimasto indietro. Doppiato dalle
Amazzoni.
B come Bunga Bunga. Sempreverde. Dalle ragazze di Drive In
che allietavano i capodanni, alle cene eleganti nel sottosuolo di Arcore. Non
pensate male: è una barzelletta. Divertentissima, secondo Bondi.
C come Caimano. E' tornato ed è lui che guida la rimonta.
Mica Silvio
D come Dell'Utri. E' il tormentone del toto-candidature.
Perché “stavolta saranno liste pulite”. Alfano: “Voglio il partito degli
onesti”. Marcello è “un galantuomo ma non possiamo permetterci di candidarlo”.
Magari finirà con l'”arricchire” la formazione di Micciché. E' un amico. Non ha
un voto, ma ha la memoria lunga. Mica è l'unico nei guai: Cosentino, Papa,
Milanese, Nespoli. Ma Silvio tiene la contabilità: c'è un solo condannato
definitivo nel partito, ed è Aldo Brancher.
F come Formigoni. Non è attaccato alla poltrona che occupa:
gliene basta una qualunque. Per non dimettersi dal Pirellone (13 indagati tra
consiglio e giunta, lui compreso) ha lottato più di Cassius Clay. Ma per lo
scranno al Senato ha sconfitto il senso del ridicolo.
G come Ghedini. Tranquilli. Sarà ricandidato insieme a
Longo. Lo ha annunciato Silvio urbi et orbi. Come potrebbe farne a meno: gli
avvocati sono la sua coperta di Linus. E pazienza se la strategia spesso non è
vincente. Vedi da ultimo la fuga di Ruby Rubacuori in Messico e l'ideona del
“legittimo impedimento perenne: il risultato è che il tribunale di Milano
procede come un treno.
Oppure
G come Gaffes. Sempre di Ghedini. Prima fu il conio
dell'utilizzatore finale. Adesso un vero colpo di genio: “Berlusconi non può
fare allo stesso tempo l'imputato e il candidato”. Ecco, bravo, l'hai detto.
I come inquisiti nelle liste. Vedi alla lettera D. Vi
sembrano tanti? Mica ci sono solo quelli: tanti altri non li hanno mai beccati
(questa gira su Twitter).
L come Lega. Dopo tanta ammuina, eccoli di nuovo alleati di
ferro. Torna la Casa delle Libertà. Stesso capo della coalizione. Bossi più
acciaccato ma sempre capolista. L'unico salto di qualità è la promozione di
Tremonti, che ha il nome nel simbolo del Carroccio.
Oppure
L come Lazio. Chi è il candidato pidiellino del terzo
millennio? Un esponente della società civile? Un giovane parlamentare su cui
investire? Una donna interamente vestita? Un volto pulito dopo gli scandali del
Batman ciociaro e della governatrice in auto blu contromano per lo shopping?
No, è Storace.
N come nipoti. E' appena nato il settimo e i telespettatori
di Lilli Gruber lo hanno saputo per primi. Alla nascita pesava 3,4 chili. E'
stato chiamato Riccardo. La madre è Eleonora, secondogenita di Veronica Lario.
Il padre è il modello inglese Guy Binns. Nessuno dei sette è stato registrato
all'anagrafe come nipote di Mubarak.
O come Olgettine. Un condominio dove tutti vorrebbero
abitare. Un consigliere regionale, Nicole Minetti, come amministratore. Un
tesoriere, Spinelli, come bancomat per bollette e spese vive. E una “paghetta”
di tutto rispetto. Che ancora ricevono.
P come PdL. Ricordate? L'acronimo che “non scalda il cuore”.
Berlusconi: “Cambieremo il nome”. Alfano: “Sì, e lo cambieremo alle primarie”.
Sarà Forza Italia. No, Forza Silvio. No, una sola parola. Stiamo facendo degli
studi. Accettiamo suggerimenti. Creativi a Palazzo Grazioli. Una squadra di
grafici al lavoro. Speriamo che almeno li abbiano pagati.
Oppure
P come Primarie. Non pervenute. Sono rimaste indietro con
Alfano.
Q come Quirinale. Mica penserete che voglia andarci. “Ho
detto mille volte che non mi interessa”. Però tutti questi presidenti di
sinistra. Pure Ciampi? Pure lui. Ci starebbe benissimo Mario Draghi. E' lui il
vero Supermario, mica Monti. E' il dinosauro nel cilindro. E' più a sinistra di
Gianni Letta. Ah, no, scusate, questo era ieri.
S come Simbolo. E come Solito. Uguale. Identico. C'è scritto
“Berlusconi presidente” esultano gli azzurri. Sì, ma presidente del suo
partito, mica del Consiglio, ribatte Maroni. Che spiritosone. Pure le gag sono
stantie.
T come Tremonti. C'erano una volta i consigli dei ministri
in cui SuperGiulio, isolato, vessava Bondi, tiranneggiava la Gelmini, faceva
infuriare Galan, affermava spavaldo che “la cultura non dà il pane”. Poi ci
sono state le liti con Silvio sui conti pubblici, le mani di forbice, il
decreto crescita mai nato, lo sciagurato vertice di Cannes, l'avvento di Monti,
la lettera del Quirinale che rivelava le perplessità del ministro
dell'Economia. Il Cavaliere giurò vendetta: “Giulio sparla di me all'estero”.
Lui uscì dal Pdl, annusò (invano) la Lega, battezzò davanti a una sala vuota
della riviera romagnola il suo movimento 3L. Sparito? Quando mai: è il
candidato premier della Lega 2.0. E Berlusconi non vede l'ora di fare il suo
ministro dell'Economia per continuare a litigare a spese nostre.
U come Udienze. Mai senza. Ruby e le Olgettine. Tarantini e
la D'Addario. Il nastro Unipol e i diritti tv. I risarcimenti di Mediaset che
“gridano vendetta” e gli alimenti a Veronica che non tengono conto della crisi.
Però tenetevi forte: subito prima del voto di febbraio potrebbe arrivare la
sentenza milanese sulla vicenda della giovane marocchina.
V come Verdini. E' l'uomo forte, ora come prima. Ha spianato
Alfano. E' inquisito ma fa le liste pulite. E' toscano ma fa le liste
dappertutto. E' un ex forzista ma più aennino di La Russa. E' sempre in sella e
ci resterà a lungo.