LA SICILIA CAMBIA, SCEGLIE CROCETTA M5S PRIMO PARTITO,
CROLLA IL PDL IL CANDIDATO DEL PD VINCE COL 30,5%. RECORD ASTENSIONI: 52%
Rosario Crocetta Pd (foto), vince le elezioni: sarà il
presidente della Sicilia. 61 anni, vicepresidente della Commissione speciale
Antimafia (Crim) dell’Ue, sotto scorta dal 2003, sostenuto da Pd-Udc, Api e
Psi, ha ottenuto, a spoglio quasi ultimato, il 30,5% dei consensi. Vince lui e
vince l’astensionismo, in una Regione dove solo il 47,4% degli elettori si reca
alle urne mentre il resto dei siciliani diserta le urne e guarda dalla finestra
lo sfaldamento di un intero sistema politico. Scenario: ora che succedera' in
assemblea? Se la vittoria di Crocetta indica un radicale cambiamento, il dato
sull’astensionismo denuncia un allarmante sfiducia verso la politica e i
partiti che finora l’hanno interpretata. Crolla il Pdl, che si ferma al 12,6%
del consensi, una frana irrecuperabile se si pensa a quel 61 a zero nei
confronti del centrosinistra nel 2001 o a quel 66,6% di Raffaele Lombardo, nel
2008 con la coalizione che inglobava anche Mpa e Udc. Il Pdl allora viaggiava
sul 33,5% e Berlusconi aveva qui la sua roccaforte. Un’altra era politica
rispetto ad oggi, con il segretario Angelino Alfano che perde nella sua isola e
perde ancor peggio nella sua Agrigento. Spopola Grillo con quel 14.7% che
consacra il M5s primo partito dell’isola e spazza in un giorno i voti di Idv e
Sel al punto da non fargli superare la soglia di sbarramento e bloccarli con
quel 3% circa di consensi fuori dal Palazzo. Il Pd raccoglie il 13,6%, perde
voti rispetto al 2008 ma nel dato non si può non considerare il fatto che
Crocetta, del Pd, ha una sua propria lista e dunque qualche punto percentuale
in meno è “fisiologico”. L’Udc raccoglie il 10,8% e fa dire a Pier Ferdinando
Casini che alla luce di quanto emerge in Sicilia a livello nazionale occorre
lavorare a «maggioranze solide». Erano dieci i candidati alla poltrona oltre
Crocetta. I nomi più “pesanti” si portano dietro le sconfitte più cocenti:
Nello Musumeci (Pdl, Pid e Ld), che ha preso il 25,5% dei voti; Gianfranco
Miccichè (Fli, Pds-Mpa, Gs e Mps), con il 15,4%; Giovanna Marano (Fed, Sel,
Verdi, Idv) con il 6%. Ride e parla di un «grande successo» Giancarlo
Cancellieri, il grillino che approda nell’Ars con il 18%. Un quadro politico
complesso quello che viene fuori dal laboratorio politico d’Italia a cui da
Roma hanno sempre guardato con grande attenzione. Il dato politico è senza
dubbio la vittoria di Crocetta, il primo politico di sinistra che arriva al governo
della Sicilia, e sul quale ha puntato da subito l’Udc. Eppure, quella che il
segretario Pd Pier Luigi Bersani, definisce «una vittoria storica» è una
vittoria che non garantisce la maggioranza assoluta sui novanta seggi dell’Ars.
Quando stiamo per mandare il giornale in stampa, infatti, questa la situazione
con lo scrutinio relativo a 4717 sezioni su 5308: il Movimento 5 Stelle avrebbe
14 deputati; le liste collegate a Rosario Crocetta, conterebbero 30 deputati
(14 il Pd, 5 Crocetta presidente, 11 l’Udc); quelle che appoggiano Musumeci 21
seggi ( Pdl 13, Musumeci presidente 4 seggi, Cantiere popolare 4 seggi);
Miccichè 15 seggi (a Grande sud 5 seggi, 10 al Partito dei siciliani-Mpa). A
questi 80 seggi andrebbero aggiunti gli 8 dei candidati nel listino del
presidente vincitore, quello del presidente stesso e quello del candidato
governatore arrivato secondo. Crocetta potrebbe dunque contare su 39 seggi su
90. E questo è il primo dato con cui il neo-governatore dovrà fare i conti. Per
governare dovrà cercare il consenso tra i deputati che non lo hanno sostenuto
alle elezioni. Crocetta garantisce che non ci saranno inciuci, che chiederà la
maggioranza sui singoli provvedimenti e che se alla fine non sarà possibile
governare è ai siciliani che chiederà di dargli un mandato pieno tornando alle
urne. L’altro dato è la fine di un’epoca, il berlusconismo, che proprio in
Sicilia aveva le sue fondamenta più solide, «la zona blu» l’ha sempre definita
Ilvo Diamanti, cioè quella dove il centrodestra era più forte. Non c’è più
adesso, malgrado Alfano definisca «straordinariamente positivo» quel 25%
raccolto dal suo candidato. Tutta la politica, invece, dovrà fare i conti con
un astensionismo, oltre il 52%, che non aveva mai raggiunto questi livelli dal
dopoguerra ad oggi. L’astensione e il boom di Grillo - che arriverà in forze
anche in Parlamento a Roma - sono il frutto di una crisi profonda che
attraversa tutti i partiti. Se il Pd tiene e resta l’unica forza politica con
il carattere del grande partito di massa tutti gli altri perdono consistenza
mettendo sulle prossime elezioni politiche una pesantissima ipoteca. r.c.m.s.d.p.a.