LA POLITICA, BEPPE GRILLO E I SUOI ASSESSORI A 5 STELLE (LUSSO)
Ci vuole niente a passare dalle buone intenzioni al
surreale. La richiesta di curriculum per vagliare «assessori a 5 stelle»,
avanzata dal candidato sindaco grillino di Parma, è di quelle che non avrebbero
sfigurato nella commedia all’italiana. Ma prima ancora bisogna soppesare questa
storia degli «assessori a 5 stelle». Non solo partendo dal fatto che, come
sosteneva il carosello di una marca di salumi (e un mirabile cantautore in una
delle sue più belle canzoni), «le stelle sono tante, milioni di milioni» –
tenuto conto dell’abbondanza, Parma potrebbe ritrovarsi con più assessori di
quanti guerrieri di terracotta (circa ottomila) ebbe l’antico imperatore
cinese. Non è questo, non è il rivangare in lode la società civile e il
rimestare in letame quella politica: i ladri! i corrotti! i figli di mignotta!
– di là; la gente! gli onesti! i poveri figli di mamma! – di qua! Sobrietà,
soldi pochi, integrità – braccino corto sempre. Ottime intenzioni. Bene. E alla
fine della fiera l’assessore deve essere a 5 stelle? Cos’è, un resort di lusso
all’Urbanistica? L’Excelsior alle Attività produttive? L’Emirates Palace alla
Cultura? Un «assessore a 5 stelle» – si sa: intese quali priorità grillesche,
certo nobili, nobilissime anzi; ma non ignobile la suggestione filmica di una
Greta Garbo /Madame Grusinskaya mollemente adagiata sui divani del Grand Hotel
– in giorni di penuria e duro tozzo di pane non suona, mediaticamente parlando,
molto bene. La molestia verbale (sia a torto, sia a ragione) può giocare brutti
scherzi. Le parole, a cominciare dal richiamato e imprescindibile e generoso
«vaffanculo!» del Gran Beppe, sono importanti – perciò con attenzione
andrebbero usate. L’«assessore a 5 stelle» se lo potrebbero permettere,
diciamo, al municipio di Dubai. A cena ad Arcore (una volta: assessora femmina,
però). Alla corte di Putin, casomai. Ma con l’aria che tira – e l’aria che tira
soffia voti dalla parte dei grillini come il polline agli allergici – sarebbe opportuno
richiedere «assessore a mezzo servizio», oppure «assessore a 1 stella», crepi
l’avarizia, «assessore a 2 stelle», ma con colazione e mezza pensione.
L’«assessore a 5 stelle» ha un che di pretenzioso nella sua definizione
giornalistica – lo immagini varcare la soglia municipale con un volpino al
guinzaglio e un gessato di Cetto La Qualunque. Molto meglio – siamo a John
Wayne, 1973 – «un assessore alla stella di latta»: amministratore coi
controcazzi, lo sceriffo che la portava nel film. IL NUOVO TOTEM Poi, il
curriculum. Ormai tutti vogliono il curriculum – dalla Rai ai primi cittadini.
Il totem del nuovo che avanza, tra la rivoluzione e Alberto Sordi –ma ‘ndo vai
/ se il curriculum non ce l’hai? Vi immaginate se avessero chiesto, per dire,
il curriculum a Luigi Petroselli? Funzionario di partito a Viterbo? Vade retro!
Vagliare curriculum è noioso – oltre che, probabilmente, inutile. C’è da
ipotizzare il trionfo di qualche personale, mesta megalomania. Sa di chiusa,
faticosa burocrazia. Fidarsi del curriculum? Un curriculum (per 5 stelle o per
un cielo di nuvole a pecorelle) sempre e comunque resta ciò che descriveva
un’immensa poetessa, Wislawa Szymborska – ché niente del nostro essenziale un
curriculum di micragna esistenziale può contenere, «conta di più chi ti conosce
che chi conosci tu… l’appartenenza a un che, ma senza un perché. Onorificenze
senza motivazione. Scrivi come se non parlassi mai con te stesso e ti
evitassi…». Le stelle meglio cercarle nelle poesie (quelle grandi). Nel
curriculum, a volte,a scrutare in controluce, s’intravedono stalle velate. m.s.r.d.c.p.