L’esodo è finito. Per qualche giorno milioni di individui si sono spostati da un capo all’altro dell’immenso territorio nazionale. Per ognuno la meta era il luogo di origine, dove era imperativo arrivare non oltre la vigilia del Capodanno, che quest’anno in Cina cade il 23 gennaio. La tradizione vuole che la ricorrenza si festeggi con la famiglia nel posto dove si è nati. Aerei, treni, autobus erano stati prenotati con largo anticipo. Per pagarsi la trasferta, molti hanno attinto ai risparmi faticosamente accumulati in mesi di duro lavoro. Questo vale soprattutto per i contadini attratti dal miraggio dell’occupazione in fabbrica nelle città costiere, quelle che più di tutte hanno contribuito al boom economico dell’ultimo decennio. Inizia l’anno del Drago, unico animale ad avere carattere mitologico tra i dodici cui è intestata la scansione del calendario tradizionale. Per questa ragione i 365 giorni che vivremo all’ombra dell’immaginario bestione, sono considerati forieri di eventi straordinari. Si prevedono importanti cambiamenti, per lo più positivi. E non a caso i demografi, più ancora degli astrologhi, pronosticano un incremento delle nascite in Cina pari al 5%, perché avere un figlio benedetto dal Drago porta bene al pargolo non meno che a chi gli sta intorno. Curiosamente gli esperti cinesi si dilungano nel descrivere i cambiamenti repentini che il prossimo futuro potrebbe riservare ai popoli degli altri Paesi, alludendo all’eventualità di cocenti sconfitte per Obama, Putin, Sarkozy, nelle rispettive sfide elettorali in Usa, Russia, Francia. Silenti o evasivi restano invece sulle prospettive politiche di casa propria. Eppure alcuni sviluppi sono pressoché scontati. Per ottobre è fissata da tempo la convocazione del congresso del partito comunista. Il diciottesimo della serie. È già stabilito che due terzi del comitato permanente dell’ufficio politico del partito, del Consiglio di stato e della Commissione militare centrale vadano in pensione. E allora se gli astrologhi evitano di addentrarsi nei meandri dei palazzi del potere e descrivere le lotte intestine che si preparano, non è solo per il timore di spiacere a qualche pezzo grosso, come solitamente accade nei regimi totalitari, ma anche perché il congresso incombente non è di facile lettura. La transizione del 2012 si preannuncia più complessa di quella che, nel 2002, vide l’avvicendamento fra la coppia Jiang Zemin-Zhu Rongji e quella attualmente al vertice della Repubblica popolare: Hu Jintao come capo di Stato e Wen Jiabao come premier. I nuovi leader designati, Xi Jinping e Li Keqiang, non sembrano avere una consolidata presa sull’insieme del partito. Con Xi Jinping è schierata la vecchia guardia, i cosiddetti «principi rossi», vale a dire gli eredi dei campioni della lunga marcia e della rivoluzione. Li Keqiang gode invece del favore dei giovani e dei riformatori. In realtà le distinzioni non sono così nette, perché Xi a sua volta, almeno in economia, propone misure liberalizzanti e ha uno stile relativamente anticonformista. L’uno e l’altro sono circondati nel Politburo da figure abbastanza ingombranti, come Bo Xilai e Wang Yang. Il primo è stimato da chi vuole rimettere l’economia sotto il controllo dello Stato, il secondo è il beniamino di coloro che vogliono maggiori aperture al mercato. Insomma possiamo prevedere che Xi succeda a Hu e Li a Wen, ma è meno chiaro il contesto in cui questo avverrà. Intanto una trasformazione epocale è avvenuta senza nemmeno aspettare il via libera del Drago. Nel più popoloso Paese contadino della terra per la prima volta gli abitanti delle campagne sono meno numerosi di quelli delle città. Il sorpasso è fotografato dalle rilevazioni dell’Ufficio nazionale di statistica. Le cronache sportive direbbero che i secondi prevalgono di una incollatura: 51,3% contro 49,7. In realtà il mutamento era maturato nei fatti già da un po’, ma è la prima volta che il censimento rispecchia la realtà abitativa dei lavoratori migranti, che ufficialmente risiedono nei villaggi ma trascorrono la maggior parte dell’esistenza in città. Corollario della crescente urbanizzazione è la crescita delle agitazioni sociali. Proprio nelle zone di massima espansione produttiva, l’anno passato ha visto il moltiplicarsi di scioperi e proteste. La regione del Guandong, avanguardia delle privatizzazioni e della modernizzazione tecnologica, sta diventando anche la locomotiva delle contestazioni che da sindacali si fanno sempre più spesso apertamente politiche. Cittadine come Wukan e Wanggang stanno conquistandosi un posto nelle cronache e forse un giorno nei libri di storia, per le vittoriose battaglie popolari contro la corruzione delle autorità. Sempre più apertamente viene messo in discussione il ruolo egemone del partito comunista, anche se poi capita che i promotori delle rivolte contro le requisizioni forzate dei terreni a vantaggio dei latifondisti amici dei dirigenti politici, diventino segretari dell’organizzazione di partito locale, come è accaduto a Wukan. In groppa al Drago vedremo con ogni probabilità cavalcare schiere di cittadini e contadini desiderosi di equità sociale non meno che di miglioramenti nelle condizioni di vita materiali. Meno facile è prevedere il modo in cui le autorità reagiranno alla domanda di giustizia e di libertà che sale dalle vittime dei soprusi e degli arbitri. m.c.s.p.