domenica 6 marzo 2011

LE DONNE PDL: «NON SIAMO OCHE SE SIAMO QUI CE LO MERITIAMO»


Più che «Fattore D» avrebbero dovuto definire questa kermesse «Fattore B». B. di Berlusconi, ovvio. Tutte le donne del Pdl in campo per difendere il Capo dagli attacchi strumentali «di una magistratura politicizzata», della sinistra e di una piazza, quella del 13 febbraio, «demagogica», con donne, come certifica il ministro per le pari opportunità Mara Carfagna, che manifestavano accompagnate «dai loro maschietti, accecate dal furore ideologico». «Un corteo di insulti con l’unico obiettivo di chiedere che Berlusconi si dimettesse».Il «Fattore D» del Pdl, che si riunisce all’Auditorium della Tecnica di Roma promettendo di parlare di lavoro e occupazione femminile, lancia un attacco frontale al movimento «senonoraquando» e alle inchieste milanesi, senza rinunciare ad un po’ di propaganda ad uso interno sul «grande lavoro che solo i governi di destra hanno fatto per le donne»: la legge sullo stalking, più posti di lavoro, nuovi asili nido (mai arrivati), le quote rosa. Più che un appuntamento di lavoro sembra un incontro consolatorio. Il risveglio dell’orgoglio delle azzurre, portatrici sane di «valori sani», famiglia, figli, lavoro e promotrici di una nuova rivoluzione «alla fine della quale saranno gli uomini a chiedere le quote». Scettici i maschi presenti in sala. Paolo Bonaiuti consegna il messaggio scritto del premier, mentre Beatrice Lorenzin, responsabile del Dipartimento Pari Opportunità invita la stampa «a lasciare respiro ai ministri in prima fila» e la governatrice del Lazio Renata Polverini, si mette in posa: «Dajè famose ‘na foto». Michela Vittoria Brambilla distribuisce sorrisi, il ministro Sacconi prende posto, non si vedono Daniela Santanché e Stefania Prestigiacomo.Si parte con le parole del premier: «Care amiche, me lo avete sentito dire tante volte: voi donne siete più brave di noi». Assicura: «Noi uomini riconosciamo questo talento in ogni ambito della vita e vogliamo che diventi un fatto normale e non eccezionale, che le donne ricoprano ruoli decisionali nella vita nostra società». Se qualcuno si aspetta una nota critica per i fatti dell’Olgettina, le prestazioni sessuali retribuite con ruoli istituzionali, macchine e gioielli, vuol dire che non ha capito nulla dello spirito di questa iniziativa. Il problema non è qui, è di là, a sinistra. Giorgia Meloni parte con toni pacati: «Qui dentro non c’è odio, noi siamo portatrici di altri sentimenti, di amore per la nostra nazione. Noi scegliamo di rispondere con concretezza e umanità». Poi sfodera gli artigli: «Noi siamo prima di tutto dei militanti non siamo delle oche. Veniamo sempre tacciate di essere “fasciste esaltate” o “prostitute” o delle “gallinelle del potere”, cito il copyright di un signore che qualcuno si ostina a chiamare “intellettuale” e che porta il nome di Giorgio Bocca». Carfagna rivendica: «Non siamo mica state catapultate dall’alto nelle stanze del potere». Ed è anche ora di finirla con questo «senso di inferiorità» rispetto alle colleghe di sinistra, «non abbiamo nulla da imparare» perché adesso «loro dovrebbero prendere lezione da noi». Cinzia Bonfrisco urla: «Siamo le sorelle d’Italia, siamo le migliori, le più capaci, nessun governo della Repubblica ha mai avuto ministre così brave e così belle». Applauso scrosciante. Gelmini alle manifestanti: «Rispetto la loro indignazione ma dico anche l’indignazione non è l’undicesimo comandamento e non ha neppure prodotto grandi risultati in questo paese». Il caldo si fa insopportabile, le sedie si svuotano quando ancora Carfagna deve iniziare a parlare per chiudere i lavori. La tavola rotonda con le parti sociali e il ministro Sacconi viene compressa nei tempi. «Ne faremo un’altra». Gianni Alemanno fa un’analisi dei fatti: «C'è una retorica del femminismo, c'è una strumentalità della sinistra che viene utilizzata in ogni circostanza. Ma la realtà di fatto è che in questi anni se l'universo femminile ha fatto qualche passo avanti» è stato per merito del centrodestra. Quanto alla violenza sessuale, Alemanno non ha dubbi: affonda le radici in «una cultura consumista, edonista, che ha presentato il sesso come una merce da consumare. Noi che crediamo nei valori della famiglia e della persona dobbiamo contestare questa cultura, nata quando si sono sradicati i valori tradizionali della società e il radical progressismo ha imposto una logica materialista». Vada a spiegarlo al premier che il Pdl è contro il sesso come merce da consumare.

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