ROMA, CINEMA PRONTO A PROTESTA PER IL FILMFEST IL FRONTE SI INCRINA
Parole, parole, parole. Il ministro Bondi, alla vigilia dell’apertura del Festival di Roma e sotto la stretta delle proteste annunciate dal mondo del cinema, tenta l’ennesimo colpo di teatro nel tentativo di distendere il clima. Così nel pomeriggio di ieri ha convocato improvvisamente la stampa a Palazzo Chigi per annunciare insieme al sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta il reintegro del Fus e il rinnovo delle agevolazioni fiscali per il cinema (tax credit e tax shelter) nel decreto di fine anno. Il tutto, però, «compatibilmente con le esigenze di bilancio e i conti pubblici». Vale a dire: se Tremonti deciderà i tagli, tagli saranno. Con buona pace dell’industria dell’audiovisivo ridotta ormai al lumicino. Nulla di nuovo sotto il cielo della crisi, insomma. Se non le solite assicurazioni di Bondi che va ripetendo da un anno, con l’aggiunta di un tiepido sostegno da parte del governo nella persona di Letta. Un po’ poco, dunque, per far rientrare le annunciate manifestazioni sul red carpet della kermesse capitolina a partire da stasera. «Bondi certe assicurazioni le ha date infinite volte. Anche di fronte al presidente Napolitano – dice Andrea Purgatori dei Centoautori- Dunque per noi non cambia nulla». La protesta, quindi, ci sarà. La convocazione è per questo pomeriggio alle 17.30 davanti al palazzetto dello sport, a pochi passi dall’Auditorium. Eppure l’uscita del ministro è servita a spaccare il fronte della lotta fin qui del tutto compatto. Agis e Anica che l’altro giorno avevano dato la loro solidarietà nel bel mezzo dell’occupazione della Casa del cinema, si mostrano più tiepidi dopo l’uscita del ministro. «La novità positiva di questo incontro è che c'è un impegno che non è più solo di Bondi ma anche della presidenza del consiglio a nome del governo. Però il fatto che non esista una certezza lascia margini alla preoccupazione», dice Paolo Protti, presidente dell'associazione italiana dello spettacolo. «Resta il nostro sostegno agli obiettivi della protesta – conclude – ma non quello alla manifestazione». Dello stesso tenore anche il commento di Paolo Ferrari, presidente dell’Anica, la confiindustria del cinema: «È evidente che si tratta di una riassicurazione del governo e dobbiamo prenderla per buona». Chi non crede affatto alle rassicurazioni di Bondi è Vincenzo Vita del Pd che, sempre ieri in Commissione cultura al Senato, attendeva un’audizione del ministro sui temi del cinema convocata due mesi fa. Ma al dunque Bondi ha dato forfait, improvvisamente. «È di una gravità inaudita che dopo due mesi di attesa il ministro rinvii all'ultimo minuto l'audizione sul cinema e il fondo unico per lo spettacolo», denuncia Vita. «Le rassicurazioni di Bondi sono soltanto parole». Intanto ieri mattina quando le associazioni del cinema, Cantautori in testa, si sono riuniti all’Auditorium per concordare le modalità della manifestazione si sono trovati di fronte un muro. «Dopo le dichiarazioni di Bondi non c’è più il motivo del contendere», è stata la risposta. Poi via con una serie di difficoltà. Se gli americani sanno delle proteste non vengono più. Poi l’idea di dare ai manifestanti i biglietti, giusto un centinaio per non uscire fuori dalle regole e contenere i “danni”. «Neanche si stesse a parlare dei centri sociali», ribatte Purgatori. L’elenco dei «ribelli», infatti, oltre alle sigle delle associazioni, è composto dai nomi che fanno tutto il cinema italiano: Montaldo, Cavani, Scola, Luchetti, Bellocchio, giusto per citarne alcuni. Ma per i nostri ministri, evidentemente, si tratta dei soliti parassiti.