martedì 15 marzo 2011

CONCIA CONTRO BINDI?
E' UNA TRAPPOLA

Sono molto preoccupata della piega che sta prendendo la discussione sulle coppie di fatto in commissione diritti.Trovo inquietante che la discussione esterna alla commissione si stia concentrando su un battibecco tra Paola Concia e Rosy Bindi e temo, lo temo fortemente, che questo possa spostare l’attenzione sul vero problema: l’incapacità di quel tavolo di rappresentare la vera posizione del Pd. Per questo voglio assolutamente sorvolare sulla questione tra Rosy e Paola che non considero figlia della politica altrimenti la Bindi non avrebbe affidato il ruolo di relatrice a Paola e avrebbe spedito dallo psicologo anche una buona parte di coloro che compongono la commissione, Scalfarotto compreso. Vorrei che Rosy comprendesse la rabbia che tutti abbiamo dentro, che significherebbe anche ammettere, finalmente, la nostra discriminazione e dall’altra vorrei che Paola fosse all’altezza del suo ruolo e sopportasse, per noi tutti, di sentire dire cose omofobe e non si sentisse sola perché sola non è. Ogni volta che glielo sento dire mi sento personalmente ferita così come è ingiusto affermare – da parte di siti non firmati la cui proprietà intellettuale è però nota a tutti - che Scalfarotto e Marino non erano schierati con Paola sui temi. So che è difficile, cara Paola, ma quella è la sede del dolore, come lo è una sala operatoria per intenderci. Quello è il luogo ultimo dove dobbiamo resistere, il luogo dove si decidono le sorti non del partito, ma del Paese. E’ inutile ripetere che se il Pd non scioglie quel nodo e non si libera dai gangli dell’omofobia difficilmente riusciremo, in Italia, ad avere una legge decente. Siamo nel Pd per questo. Certo non per stare comodi ed al caldo e di sicuro non per fare sconti per avere posti al sole come qualcuno ha accusato, vigliaccamente, Ivan Scalfarotto che ha invece fatto un discorso accorato e bellissimo e che prima ancora che il movimento italiano ci arrivasse, chiedeva il matrimonio e le adozioni e si sentiva dire dai leader del movimento che aveva posizioni troppo avanzate e non opportune. E’ visibile ormai anche ai ciechi che le posizioni della dirigenza Pd su questi temi non rappresentano le posizioni degli iscritti e nemmeno degli elettori. Questo non significa che noi omosessuali e lesbiche del partito, insieme a tutte le persone eterosessuali (la maggioranza di questo partito) non dobbiamo rispettare le difficoltà che hanno alcuni democratici. Amo dire che l’accettazione che ognuno di noi ha affrontato su di sé o la pazienza con cui ha dovuto aspettare che i propri genitori capissero è il microcosmo che si ripete anche nel macrocosmo politico. Ma la pazienza ha un limite e questo non significa che io non sia incazzata ed esasperata per le resistenze reazionarie che ci troviamo a combattere. Chi pensa di riproporre i Dico, può scordarseli perché non sarà accettabile da parte nostra e delle persone intelligenti uno strumento così offensivo. Non dobbiamo cadere in questa trappola della diatriba personale che manda a nozze giornalisti da quattro soldi o i nostri detrattori in malafede e che non ha nulla di politico: serve solo a spostare l’attenzione. Questa, in ultimo, non è una guerra tra gay e cattolici. Questo è quello che fa piacere pensare e millantare a molti omosessuali di professione fuori e dentro il Pd e a molti cattolici. Da una parte chi fa il combattente solitario ed eroico dicendo di essere solo contro tutti e dall’altra a quei cattolici in malafede che possono dire che la posizione è minoritaria. Noi non dobbiamo cadere in questo tranello. La nostra battaglia è di molti e valorizzarlo sarà la nostra vera forza. Per questo sono contraria alle associazioni esterne, ma vicine al Pd (mentre sono a favore di associazioni come 3D che invece sono associazioni ufficialmente legate al senso del partito democratico) o a chi spara comunicati stampa con sigle di propria proprietà quando ha la tessera del Pd in tasca. Voglio politici che sappiano valorizzare i compagni delle proprie battaglie, che siano generosi e che nello stesso tempo quando parlano parlino sotto la bandiera del partito. Fa comodo a tutti che si parli sotto altri simboli. Così quella bandiera resta in mano a chi non è dalla nostra parte. E io non ci sto più ed è uno dei motivi per cui insieme al partito romano stiamo costruendo una consulta aperta a tutti ed ampia, una novità assoluta a chi era abituato a fare ghetti per moltiplicare poltrone. Io in quella consulta voglio tutto il partito: giovani e vecchi, cattolici e atei, omosessuali ed eterosessuali. Insomma: ci voglio il Paese. Questa nostra guerra è squisitamente la guerra tra chi è in buona fede e chi non lo è e molti, moltissimi, credenti sono dalla nostra parte e si rendono conto che non riconoscere diritti alle famiglie omosessuali sarebbe un atto disumano, così come riconoscere solo parte dei diritti, come se i nostri amori non meritassero la stessa interezza, la stessa forza. L’atto di limitazione politica è un atto di giudizio dell’intimità, una violazione, una considerazione dei sentimenti di milioni di persone. Un atto di superbia fondamentalista. Per questo faccio appello alle persone in buona fede dentro quella commissione di resistere dandosi però un termine perché la resistenza ha un limite. Un limite che però deve essere politico e non personale e collettivo e non individuale. Nel momento in cui la posizione di una commissione costruita a tavolino per approvare la posizione della Bindi dovesse palesarsi (proponendo per esempio i Dico e che Dio ce ne scampi) sarà necessario ricorrere ad un altro strumento che non dovrà avere alcuna paternità personale o di corrente. Lanciamo il referendum tra gli iscritti, strumento previsto dallo Statuto, e verifichiamo se davvero la posizione del Partito diffuso è quella che qualcuno vuole farci credere. Il Pd è molto più avanti dei suoi dirigenti. Dimostriamolo con coraggio mostrando la nostra leadership politica, guidando il partito finché la questione non sarà risolta. In ultimo mi appello alla presidente di quella commissione Rosy Bindi affinché applichi la stessa durezza che sta applicando con Paola Concia anche al primo dei non eletti nel Lazio tale Mario Adinolfi, iscritto visibile e mediatico di questo partito, che semina odio omofobico dal proprio blog e dalla propria pagina di Facebook e per il quale, appellandoci al nostro bello statuto, abbiamo chiesto l’espulsione che sarà discussa tra poche settimane. Mi chiedo però: se avesse detto che i neri erano inferiori o che gli ebrei sono un popolo criminale, non sarebbero intervenute le più altre cariche del partito a censurarlo? Non vi approfittate della calma di alcuni di noi o dell’irascibilità di altri per considerare gli uni più moderati o gli altri da isolare come schegge impazzite. Perché quando sarà il dunque noi saremo tutti insieme compatti e saremo tantissimi.

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lunedì 14 marzo 2011

CROCEFISSO UNICO SIMBOLO AMMESSO IN AULE CASSAZIONE: 'NON È UNA MINACCIA ALLA LIBERTÀ RELIGIOSA'



ROMA - Per esporre negli uffici pubblici, tra i quali rientrano le aule di giustizia, simboli religiosi diversi dal Crocefisso "é necessaria una scelta discrezionale del legislatore, che allo stato non sussiste". Lo sottolinea la Cassazione nelle motivazioni con le quali ha confermato la rimozione dalla Magistratura del giudice 'anticrocefisso' Luigi Tosti, che rifiutava di tenere udienza finché il simbolo della Cristianità non fosse stato tolto da tutti i tribunali italiani. In alternativa Tosti chiedeva, anche in Cassazione, di poter esporre la 'Menorah', simbolo della fede ebraica. Dopo aver respinto la pretesa di Tosti per quanto riguarda la richiesta di esporre il simbolo ebraico accanto al Crocefisso, la Cassazione rileva che una simile scelta potrebbe anche essere fatta dal legislatore valutando, però, anche il rischio di "possibili conflitti" che potrebbero nascere dall'esposizione di simboli di identità religiose diverse."E' vero che sul piano teorico il principio di laicità - scrive la Cassazione - è compatibile sia con un modello di equiparazione verso l'alto (laicità per addizione) che consenta ad ogni soggetto di vedere rappresentati nei luoghi pubblici i simboli della propria religione, sia con un modello di equiparazione verso il basso (laicità per sottrazione)"."Tale scelta legislativa, però, presuppone - spiega la Cassazione - che siano valutati una pluralità di profili, primi tra tutti la praticabilità concreta ed il bilanciamento tra l'esercizio della libertà religiosa da parte degli utenti di un luogo pubblico con l'analogo esercizio della libertà religiosa negativa da parte dell'ateo o del non credente, nonché il bilanciamento tra garanzia del pluralismo e possibili conflitti tra una pluralità di identità religiose tra loro incompatibili". NON E' MINACCIA A LIBERTA' RELIGIOSA - L'esposizione del Crocefisso nelle aule dei tribunali, e negli uffici pubblici, può non essere avvertito come un pericolo per la libertà religiosa di chi non é cristiano. Lo sottolinea la Cassazione nelle motivazioni della sentenza 5924 con la quale ha confermato la rimozione dalla Magistratura del giudice di Camerino, Luigi Tosti. "La presenza di un Crocefisso - scrive la Cassazione - può non costituire necessariamente minaccia ai propri diritti di libertà religiosa per tutti quelli che frequentano un'aula di giustizia per i più svariati motivi e non solo necessariamente per essere tali utenti dei cristiani, con la conseguenza" che il giudice Tosti non poteva "rifiutare la propria prestazione professionale solo perché in altre aule di giustizia (rispetto a quella in cui egli operava) era presente il Crocefisso". Secondo Tosti invece, la presenza del Crocefisso violava i diritti di libertà religiosa e di coscienza degli utenti di quelle aule. A Tosti era stata messa a disposizione un'aula senza alcun simbolo ma lui, lo stesso aveva rifiutato di tenere udienza chiedendo la rimozione del Crocefisso da tutti i tribunali italiani.

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domenica 13 marzo 2011

BOLLETTE PIÙ CARE PER LA CRISI LIBICA PER OGNI FAMIGLIA 25 EURO IN PIÙ

Il caro greggio, legato anche alla crisi libica che ha già spinto la benzina ai massimi, non tarderà a ripercuotersi anche sulle bollette della luce e del gas. Già per aprile gli esperti tariffari di Nomisma Energia stimano infatti un rincaro del 2% per il metano e dell'0,8% per l'elettricità. Un aumento che, se sarà confermato dall'Authority per l'energia nel consueto aggiornamento trimestrale atteso a fine marzo, si tradurrebbe in un aggravio di quasi 25 euro su base annua della spesa di ogni famiglia (+21,2 euro per il gas, +3,2 euro per la luce). «Dopo le fiammate del prezzo della benzina, tornato ai massimi di luglio 2008, stanno arrivando le stangate sulle tariffe elettriche e del gas», spiega Davide Tabarelli, esperto di Nomisma Energia, sottolineando che se le previsioni trovassero conferma nell'aggiornamento tariffario dell'Autority, si tratterebbe del secondo aumento trimestrale consecutivo per il gas e del primo rincaro delle bollette elettriche da oltre due anni. Nel prossimo trimestre aprile-giugno - spiega Tabarelli - le bollette del gas sono attese registrare un incremento del 2% a 76,5 centesimi al metro cubo che per una famiglia tipo (1.400 metri cubi consumati in un anno) si tradurrebbe in un aggravio di 21,2 euro su base mensile. Una stima che - aggiunge - è basata sul «calcolo automatico e fissato dalle regole dell'Autorità». Sul fronte della luce per la quale le stime «sono più difficili», le previsioni lasciano ipotizzare - prosegue - un rincaro dello 0,8%. Vale a dire un aumento a 15,7 centesimi al chilowattora che per la stessa famiglia tipo (225 chilowattora consumati in un mese ed una potenza impegnata di 3 chilowatt) significherebbero un aumento della spesa annua di poco più di tre euro. Gli attesi rincari dovrebbero essere i primi di una lunga serie, fa notare l'esperto di Nomisma Energia spiegando che si attende un trend rialzista «che continuerà per tutto il 2011» per «i meccanismi, regolatori o di mercato, con i quali vengono trasferiti ai consumatori finali i maggiori costi del petrolio». L'Italia «è tra i paesi più esposti alle dinamiche internazionali del petrolio, e lo si vede proprio nelle bollette, con il prezzo del gas che di fatto, con un ritardo di nove mesi, è ancorato a quello del barile. Ed è anche la fonte più usata nella generazione elettrica».

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sabato 12 marzo 2011

L'ITALIA? E' COME LO
STIVALE DI GARIBALDI

 

Garibaldi non è mai sceso dall'Aspromonte: zia Lisabetta giura d'incontrarlo tutte le mattine, quando all'alba va nel terreno di famiglia, una mezza timpa in discesa infestata da castagni semoventi, gatti parlanti e noci profetici. “Buongiorno Generale” lo saluta la zia, educata. E lui, cordiale: “Buongiorno, signora. Come va oggi?” e poi prosegue per sentieri segreti (l'Aspromonte ha un numero incalcolabile di passaggi, attraverso passati e futuri) col suo poncho e gli stivali camperi che fanno rumore d'esercito. In effetti, per le zie Garibaldi è il santo laico più vecchio di tutti, viene prima di Che Guevara, di Gramsci e di John Kennedy. Ma in qualche modo è anche il più domestico, visto che il suo sangue fa ancora odore di ferro e sale, al Cippo di Gambarie, e la sua foto consunta – quella famosa con la ferita bene in vista, la spada, le medaglie allineate sulla camicia rossa e sullo sfondo un portone di legno rinforzato preciso a quello di nonno Stefano – che ammonisce come il primo giorno (e non c'è nulla da fare: ho provato, io nipote positivista, a dire alle zie che si tratta d'un falso: “Certe volte la verità è un'intenzione” mi rispondono, imperative e categoriche, quelle filosofe). Garibaldi è l'Italia delle zie, l'Italia mitologica non più grande d'un cortile, dove siamo tutti imparentati, se non per sangue almeno per intenzione e affetto,e parliamo la stessa lingua soprattutto perché vogliamo capirci. Garibaldi non si farà mai eleggere per farsi i fatti suoi, non corromperà tribunali e coscienze, non userà il suo immenso potere per costruire ingiustizie. Garibaldi ha preso l'Italia pezzo per pezzo e l'ha ricomposta come un puzzle, aiutato dal fatto che la letteratura e l'arte e la lingua e persino la natura già lo avevano composto, quel puzzle, ed era venuto fuori uno stivale, come quello del generale, donato dagli operai di Milano e sforacchiato dalla pallottola dei nemici e poi raccolto come una reliquia in Aspromonte il 29 agosto 1862 dal volontario Rocco Ricci Gramitto da Girgenti. Quello stivale, frutto d'un dono generoso, calzato in marcia e in combattimento, bucato dal nemico, raccolto e conservato come una reliquia è come l'Italia. Le zie raccontano sempre la storia del generale, dello stivale e dell'Aspromonte che lo ospitò, anzi lo accettò perché è una montagna vecchia e suscettibile, ma che sa benissimo di trovarsi in un punto di quello stivale: la parte per il tutto, e il tutto per la parte. Le zie non lo sanno, ma il loro Risorgimento senza fine sta tutto lì.
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venerdì 11 marzo 2011

TORNA "VIENI VIA CON ME" SAVIANO: «DISGUSTATO» DA  PREMIER

In autunno torna ma con sei puntate invece di quattro “Vieni via con me”, il programma di Fabio Fazio e Roberto Saviano tanto odiato da esponenti dell'attuale maggioranza, e mal digerito dal direttore generale della Rai Masi per il successo registrato. Almeno è nelle intenzioni. Lo ha annunciato il direttore di Raitre Paolo Ruffini: la seconda edizione è « prevista sempre in autunno e vorremmo fare due puntate in più, sei invece di quattro». Nel frattempo lo scrittore si è detto “disgustato” da Berlusconi che, dopo la pubblicazione di “Gomorra”, disse che quel libro diffamava l'Italia. Saviano ha parlato oggi a Radio2, al programma di Chiara Gamberale “Io, Chiara e l'oscuro”: «La cosa che più mi disgusta tra quelle fatte da Berlusconi? Potrei dare molte risposte, do quella che mi riguarda personalmente, che mi ha tolto il sonno di una notte: quando ha detto che ho dato supporto promozionale alle mafie, scrivendo il mio libro. Ha detto che chi racconta queste cose diffama il paese, lo mette in cattiva luce. È una roba terribile, sia perché ha infangato la memoria delle persone morte per raccontare di mafia, molte in italia, e sia perché ha perso un occasione». Per lo scrittore invece «L'italia, raccontando le storie di mafia, dimostra che è altro dalla mafia, che ha una cultura inversa a quella dell'omertà e soprattutto (e questa è l'occasione persa), il mondo quando deve affrontare il problema mafioso, dal Messico alla Russia, si rivolge all'Italia perché abbiamo una giurisprudenza antimafia tra le migliori della terra. Questo bisognava sottolineare, non dire che chi racconta infanga, ma invitare semmai gli italiani che all'estero sono sotto pressione per il luogo comune 'mafia'».
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giovedì 10 marzo 2011

DANTE: «COI TEMPI CHE CORRONO, L'8 MARZO È TORNATO IMPORTANTE»

L’8 marzo Emma Dante l’ha passato in teatro, al Palladium di Roma, per preparare il debutto romano (ieri) della sua già rodatissima Trilogia degli occhiali. «Coi tempi che corrono la festa delle donne è tornata importante per ciò che continua a rappresentare» dice. «Io l’ho festeggiata lavorando perché per me lavorare è sempre una festa. E fare il mio lavoro al meglio mi sembra il modo migliore di celebrarla». La Trilogia (Acquasanta, Il castello della Zisa, Ballarini) è anche un libro, appena uscito da Rizzoli. Parla della capacità/incapacità di vedere con il consueto impasto di lingua in dialetto, scurrile, carnale che in teatro diventa tutt’uno coi corpi martoriati degli attori, forzati fino al limite, contorti, urlati. «Anche se in questo spettacolo c’è così tanta dolcezza e malinconia da sorprendere prima di tutto me stessa, in fondo è uno spettacolo romantico». Libri i suoi non di trama, ma di accadimenti, libri che sono testi teatrali in un modo che nulla spartisce col teatro di parola, la Trilogia degli occhiali come Carnezzeria (Fazi). «Anche se la parola è importante comunque, sia quando è centrale come nel monologo di Acquasanta, sia quando procedo per sottrazione, come negli altri due testi». Si affretta, Emma, a dire che lei non è una scrittrice, che il teatro resta al centro dei suoi interessi, che lei è nata attrice. Non era nei suoi progetti scrivere e diventare una regista. Ma a 31 anni torna da Roma nella sua Palermo e si sente un’attrice fallita. Allora, due anni dopo, nel ’99, fonda una compagnia sua, Sud Costa Occidentale, per sperimentare il teatro che le piace. Ogni spettacolo è un successo, in Italia e all’estero, viene letteralmente ricoperta di premi e riconoscimenti. Finché nel 2009 debutta nella regia lirica con una Carmen che divide, si becca i primi fischi della sua vita e l’esperienza deve ancora farle male perché quando si nomina Carmen Emma, inavvertitamente abbassa gli occhi fieri, sempre malinconici, e si mette sulle difensive. La descrivono dura fino al sadismo come regista, ma non c’è traccia di questa leggendaria cattiveria nella donna gentile e appena eccentrica (una frezza biondo/bianca fra i capelli, una lunga treccina bionda tormentata in continuazione, un anello gigante fra le dita) che in mezzo alle poltrone vuote del teatro risponde alle domande senza pose e senza ritrosie, saettando intorno quel suo sguardo drammatico, opaco di un vecchio dolore. «Forse una volta ero un po’ talebana» ammette. «Ma sono cambiata, ora sono più tranquilla. Certo, resto esigente, però se fossi un uomo nessuno me lo rimprovererebbe... Il mio teatro tende a violentare i corpi degli attori, è vero, ed è richiesta una grande partecipazione, rigore. Quando vengono meno m’incazzo. Però non sono io a essere violenta, è la domanda che mi faccio a esserlo. Perché io m’interrogo sempre sull’essere umano, che è atroce». L’essere umano che le interessa è povero, malato, vecchio, di scarto insomma. Oppure terribilmente prepotente, primitivo. Come nel suo unico romanzo, Via Castellana Bandera (pubblicato da Rizzoli nel 2008) da cui progetta di trarre un film. Ha già scritto la sceneggiatura con Giorgio Vasta ed è in cerca di un produttore. Anche quel libro, dice, non l’ha scritto pensandosi romanziera, no. Lei l’ha scritto pensando al cinema, per questo la sceneggiatura le è venuta così bene, c’era già il cinema dentro. «Scrivere non è il mio talento» insiste. «Ma la storia che racconto è davvero capitata a me e non potevo farmela sfuggire. Siamo state due ore una di fronte all’altra». Come in un duello: due donne restano imbottigliate in una strada stretta di Palermo e nessuna delle due cede il passaggio all’altra. «Il cinema m’interessa come esperimento. Io trovo il mio baricentro nello sperimentare, fa parte della mia ricerca. Se poi il film dovesse andare male, mi avrà comunque dato qualcosa, non mi spavento». Dice che lavorare con uno scrittore come Vasta, un siciliano che vive al nord e ha una visione di Palermo diversa dalla sua, è stato un arricchimento. Palermo Palermo Palermo. Che non la ama, che non la sostiene, che se ne frega del suo lavoro. Che a lei è impossibile lasciare nonostante tutto. Va fiera Emma della sua autonomia, però non le va giù l’indifferenza della sua terra per l’amore che lei mette nel teatro, per le difficoltà che incontra persino un’artista dal prestigio internazionale come lei. «Dei tagli alla cultura, al teatro, soffriamo tutti, anche gente come noi che non ha mai preso una lira dalla regione e dallo stato, mai chiesto un finanziamento pubblico». A Caltanissetta ha curato per anni un festival che è stato fatto morire nel silenzio. «Far girare gli spettacoli è complicato, le tournées vengono tagliate all’ultimo momento, ridotti i soldi che ti offrono. I produttori non rischiano su spettacoli nuovi. Io uno spettacolo lo provo per due mesi, faccio laboratorio prima di andare in scena. Agli attori che stanno con me devo garantire una situazione continuativa e le paghe devono essere all’altezza della loro disponibilità. Quando sono io il produttore, se lo spettacolo fa fiasco, rinuncio alla mia paga. E nella sitazione di grande indigenza in cui versa il teatro italiano non si può più contare sulla forza di uno spettacolo. Non mi si dica che la povertà può diventare un incentivo per la fantasia: io già faccio teatro povero. Non giro con i camion: tutta la Trilogia degli occhiali entra in qualche valigia. Dove altro devo tagliare?» I costumi da sempre se li fa da sola e sono parte importante degli spettacoli. «Sono la pelle dei personaggi. Anche per Carmen ci ho pensato io». Suo marito (dal 2007), in compagnia dall’anno precedente, è l’attore Carmine Maringola (anche bravissimo fotografo), un «creattore», lo definisce. Di quelli cioè che intervengono nel farsi di uno spettacolo, attori/autori. «Non sono prevaricatrice come si dice, lascio che le cose accadano e spesso la mia idea iniziale viene stravolta in corso d’opera». Purché il teatro non sia intrattenimento, ma «qualcosa di mostruoso che mi pervade», purché in pieno sole lei possa raccontare «l’ombra intorno».

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mercoledì 9 marzo 2011

VECCHIONI, GUERRITORE, BUSI...80 PIAZZE PER LA COSTITUZIONE

Sul palco della manifestazione dedicata alla Costituzione organizzata per sabato 12 marzo alle 14 a Roma, saliranno artisti, costituzionalisti, attori e musicisti. Da Ottavia Piccolo a Monica Guerritore, da Ascanio Celestini alla grande orchestra che intonerà, insieme ad un coro di centinaia di persone, il Dies Irae di Mozart ed il Va pensiero di Verdi dal Nabucco. Poi Roberto Vecchioni, un genitore della scuola di Adro, rappresentanze del popolo libico, Roberto Natale, il costituzionalista Alessandro Pace, il mondo della scuola, Francesco Baccini, Daniele Silvestri e tanti altri ancora, compresa un'orchestra del tutto straordinaria composta da elementi provenienti da tutto il mondo. Aprirà il corteo un gigantesco tricolore di 200 metri quadrati ed uno striscione che dirà che la Costituzione è viva. A condurre il palco Santo della Volpe insieme ad altre giornaliste e giornalisti. La manifestazione investirà 80 e più piazze in Italia, tra cui quella di Milano con Dario Fo e Franca Rame, Vincenzo Consolo e Nando Dalla Chiesa. Ma presidi anche in tutto il mondo: da New York a Londra, da Barcellona a Praga, da Edimburgo a Madrid. Il Comitato a Difesa della Costituzione, che mette insieme oltre 100 sigle tra partiti, movimenti e associazioni, ha presentato il programma ed ha lanciato una sfida agli italiani che amano la Costituzione. «Paghiamoci noi la manifestazione - ha spiegato Gianfranco Mascia del Popolo Viola - per questo abbiamo lanciato la campagna 60 ore per la Costituzione in cui si proverà a raggiungere l'obiettivo dei 60mila euro necessari per pagare palco e tutto ciò che serve all'allestimento». Il corteo, invece, partirà alle 14 da piazza della Repubblica, tutti muniti di un tricolore (bandiera o coccarda) e di una copia della Costituzione italiana. Tanti gli esponenti politici che hanno aderito all'iniziativa, da Pierluigi Bersani a Nichi Vedola, passando per parlamentari, non solo di sinistra, come Angela Napoli e Fabio Granata di Fli, Bruno Tabacci, Pino Pisicchio di ApI. «60 ore per la Costituzione». È il nome della sottoscrizione lanciata dagli organizzatori del C-Day di sabato prossimo per raccogliere fondi da impiegare per l'organizzazione della manifestazione e per l'allestimento del palco in piazza del Popolo, tappa finale del corteo che partirà da piazza della Repubblica. «Vogliamo che la manifestazione cammini con le proprie gambe e per questo chiediamo un doppio impegno ai sostenitori e ai cittadini che scenderanno in piazza: portare con sè il tricolore e un copia della Costituzione in piazza ma anche mettere mano al portafoglio e sostenere l'iniziativa con una donazione, anche di pochi euro»,ha spiegato Gianfranco Mascia, uno degli organizzatori.L'obiettivo della sottoscrizione è raccogliere 60mila euro in 60 ore, denaro che sarà impiegato principalmente per l'allestimento del palco. «Se non dovessimo arrivare alla cifra che ci siamo prefissati e non dovessimo riuscire ad allestire il palco - ha aggiunto Mascia - arriveremo in corteo a piazza del Popolo e qui penseremo a forme alternative con le quali declinare questo evento». Con o senza palco, hanno assicurato gli organizzatori, saranno tanti gli interventi dedicati alla giustizia, alla legalità, alla scuola, alla cultura e alla lettura degli articoli della Costituzione. «La manifestazione - ha osservato Santo Della Volpe che coordinerà gli interventi dal palco - arriva cinque giorni prima del 17 marzo, della festa nazionale per i 150 anni dell'Unità d'Italia con la quale ha un legame speciale». Gli organizzatori hanno annunciato che è in lavorazione uno spot video che sarà distribuito a tv e siti internet per il quale attori, intellettuali, giornalisti e privati cittadini hanno prestato il loro volto e la loro voce per leggere gli articoli della Costituzione. La manifestazione di Roma, hanno ricordato in conclusione, non sarà la sola iniziativa in programma per sabato con gli stessi obiettivi: hanno, infatti, aderito molte altre città italiane oltre che Londra, Praga, Siviglia ed Edimburgo.

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SUPERMOTO/PRENDE IL VIA DA BUSCA IL MONDIALE



di SERGIO CONTI

BUSCA– Inizia la settimana prima, a Ottobiano, la marcia di avvicinamento al mondiale Supermoto di Busca, in programma nel kartodromo della cittadina piemontese il 2 e 3 aprile prossimi e valido per l’assegnazione del GP d’Italia. Quello del 27 marzo nel pavese, infatti, rappresenta il primo appuntamento internazionale d’Italia che il Circus ha scelto per settare definitivamente le moto e arrivare allo start di questa stagione nelle migliori condizioni psico-fisiche ma anche tecniche. Sarà ancora la TM la moto da battere? Ormai mancano pochissime settimane al via del Mondiale ed i giochi tecnici di adattamento sono (quasi) fatti. Quasi tutti i piloti sono in pista per gli ultimi ritocchi, ma per tutti l’ultima possibilità sarà offerta dalla prova tricolore di Ottobiano, la settimana prima, che sarà l’unico ma intenso esame di riparazione nelle due giornate di gare. Poi, il primo weekend di aprile tutti in pista per l’attesissimo via del torneo iridato della nuova stagione.Il campionato, come sempre, parte al buio perché non vi sono riferimenti tali da poter fare un confronto. I più attesi sono sicuramente i protagonisti dello scorso anno, ad iniziare dal francese campione in carica Thomas Chareyre, che si ripresenta motivatissimo ancora in sella alla TM factory. A cercare sin da subito di spodestare il numero uno al mondo troveremo senz’altro la coppia italiana più forte del momento, il vicecampione Davide Gozzini, da questa gara in sella alle Ktm del team 747 Motorsport, e il campione italiano Ivan Lazzarini (HM Honda). Saranno loro gli azzurri più seguiti, ma non dimentichiamo gli altri pur forti pretendenti, come gli ex tricolori Massimo Beltrami (Honda TDS Faor), Massimiliano Verderosa (HM Honda) e Fabio Balducci (Ktm). Ma, della partita saranno anche il bolognese Christian Ravaglia in sella alla Suzuki del Team Lux, il veneto Elia Sammartin (Suzuki Pergetti), Fabrizio Bartolini (Yamaha V2 Racing), Edgardo Borella (Suzuki Lux), Andrea Occhini (Suzuki Rigo), Teo Monticelli (Honda Freccia), Paolo Gaspardone (Honda Gazza IFG), Giovanni Bussei (Honda SBD Union Bike), per citarne alcuni ma che ovviamente sono solo una parte dei concorrenti italiani al via. Oltre a loro non bisogna trascurare la presenza degli altri stranieri, con il progressivo finlandese numero tre al mondo Mauno Hermunen, o ancora Adrien Chareyre (Aprilia), il transalpino pluriiridato Thierry Van Den Bosch, (PMR-H2O Aprilia). Mancherà a tutto l’ambiente l’ex iridato tedesco Bernd Hiemer, passato alla velocità in Spagna nella categoria Moto-2. Il kartodromo Kart Planet non è nuovo ad eventi di questa caratura ma per la prima volta ha l’onore di inaugurare la stagione mondiale, la più attesa, in programma sabato 2 e domenica 3 aprile nel visibilissimo percorso che comprende una contenuta e spettacolare sky section di 220 metri, questa è la caratteristica tecniche principale del kartodromo cuneese, dove si sfideranno i migliori motarder al mondo. La tappa di Busca non segna solo l’apertura del torneo iridato, ma anche l’inizio del Campionato Europeo che darà il via a molte sfide avvincenti, come nella passata edizione, nella quale dopo un lungo confronto nelle piste più belle d’Europa ha visto emergere lo sloveno Uros Nastran (Husqvarna) in classe Open e l’austriaco Lukas Hollbacher (Ktm) in S3. Il Supermotard ha raggiunto un traguardo importante sotto ogni aspetto mentre la presenza di team ufficiali e piloti di buon blasone, hanno permesso uno sviluppo sempre più ampio. Spettacolo, coinvolgimento del pubblico, elevato livello tecnico, sono gli ingredienti più appetitosi del Motard. IL CIRCUITO KART PLANET DI BUSCA- Il circuito buschese Kart Planet realizzato nel 1999, ha uno sviluppo complessivo di 1.420 metri ed è dotato di tutte le più moderne e funzionali strutture. Si presenta con requisiti di ampia rilevanza come un paddock di 10.500 mq, due tribune per il pubblico, e poi la pista che ha una larghezza media tra 8-12 metri con i migliori requisiti nazionali e internazionali in fatto di sicurezza, oltre ad un servizio di ristorazione e bar, per citare solo alcuni dei servizi e strutture presenti. COME RAGGIUNGERE IL CIRCUITO DI BUSCA Attraverso la A6 Torino - Savona:- Uscita Fossano, quindi seguire per Centallo - Busca.- Uscita Mondovì, quindi seguire per Cuneo, giunti a Cuneo seguire direzione Saluzzo, quindi Busca.- Uscita Marene, quindi seguire per Villafaletto poi Busca.PREZZO BIGLIETTI- Sabato € 10- Domenica € 20- Sabato e Domenica € 25 Under 12 omaggio- Sconti FMI
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martedì 8 marzo 2011

TRIAL/ CAMPIONATO ITALIANO INDOOR CITI PRIMA PROVA


di SERGIO CONTI

MORBEGNO- Ottimo inizio per il Campionato Italiano Trial Indoor grazie all’ottima regia del Motoclub VAL.Com ha saputo offrire ai circa mille spettatori presenti un grande spettacolo di trial in una location ottimale quale il Palafiere di Morbegno. E’ stata una serata entusiasmante, che alla fine ha visto ancora una volta la vittoria di Fabio Lenzi (Montesa) che ha dato continuità al suo score vincente della stagione 2010. La prima grande notizia di questo inizio di campionato è stata la presenza di ben 24 piloti, tutti impegnati nella fasi di qualifica: i migliori per guadagnarsi una buona posizione di partenza, gli altri per conquistare uno dei cinque preziosi posti in palio per accedere alla gara.Da questa prima fase, giocatasi su quattro zone, sono usciti Orizio (Gasgas), Garnero (Beta), Saleri (Beta), Maurino (Beta), Vaccaretti (Beta), Iolitta (Beta), Tournour (Gasgas), Challoner (Beta), Lenzi (Montesa) e Grattarola (Gasgas) che in questo ordine sono partiti per la prima fase della gara vera e propria. Adesso per tutti cinque zone, una delle quali la 3, la scalinata, si rivela subito molto impegnativa, tanto che a zero passano solo un performante Vaccaretti e l’inglese Challoner, mentre Lenzi stacca un uno.Delude l’attesissimo Grattarola che si posiziona solo quinto nella generale, preceduto anche da Maurino, anche se di un solo punto. Esce di scena anche l’attesissimo Simone Staltari che cadendo nella discesa della zona 1, si procura una lussazione di una spalla e deve abbandonare. La prima fase di gara finisce con Challoner primo con soli 3 punti, seguito da Lenzi con 6 e Vaccaretti con 7 e quando si parte per la finale, con punteggi azzerati, tutto può ancora accadere. Si inizia con il classico confronto parallelo, dove tutti si scontrano con tutti: questo è il “must” di Lenzi che si rivela ancora una volta imbattibile. Fabio affibbia a Vaccaretti due punti, mentre Challoner, che ha perso tutti gli scontri, inizia con al passivo ben quattro penalità. Zone a percorrenza invertita per la finale e la lotta è punto a punto; Vaccaretti fa un bel tre alla zona due contro i cinque degli avversari, mentre Challoner accusa due punti di tempo alla quattro, mentre Lenzi stacca due netti molto importanti. La gara è apertissima fino al termine ma alla fine è Lenzi che vince, seguito da un ottimo Vaccaretti distanziato di un solo punto, mentre Challoner chiude terzo.
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