giovedì 27 gennaio 2011

SILVIO B. PARLA AL PUBBLICO SUCCEDE TUTTO IN TV

«L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello» è il titolo del fortunatissimo saggio del neurologo Oliver Sacks che raccoglie una serie di casi clinici da lui personalmente osservati in casa di cura, tra cui quello del titolo. Il nostro caso clinico nazionale ha scambiato l’Italia per un bordello e non si trova in casa di cura ma al governo del Paese. Chiunque abbia seguito la trasmissione di Gad Lerner ha potuto constatare in cosa consistano le sue crisi di incontinenza. Monologhi di insultante violenza concepiti solo come propaganda agli elettori.Silvio B. parla al pubblico, l’unico tribunale da cui concepisce l’ipotesi di essere giudicato, si atteggia a vittima e insieme a invincibile secondo un copione rodatissimo negli anni e assai efficace. Nella variante osservata l’altra sera l’assetto padronale ha preso il sopravvento. Ha difatti ordinato a Iva Zanicchi, che considera sua dipendente, di alzarsi ed andarsene. Zanicchi non l’ha fatto, si vede che non era stata “briffata”. Briffate, dice delle ragazze di Arcore Nicole Minetti: preparate sul da farsi da un breafing. I giornalisti alle dipendenze del caso clinico, difatti, vengono regolarmente briffati ad Arcore in riunioni in cui il padrone assegna loro una parte e la declina mostrando come si fa: la sceneggiata più in voga ultimamente è alzarsi e andarsene. Altre disposizioni sono la reiterazione di un concetto semplice anche in disprezzo alla logica e senza relazione con la domanda. Il dito medio, la crisi mistica, la logorrea urlante, il silenzio opportuno sono varianti declinate secondo la personalità individuale. Augusto Minzolini per esempio, briffatissimo, è pagato per tacere. Briffato Filippo Facci, che usa una pagina intera di Libero per additare al disprezzo l’Unità colpevole di aver mostrato come Silvio B. usi i programmi più popolari (da anni, del resto) per fare disinformazione.Briffato in origine il Giornale di sua proprietà gestito dalla coppia Sallusti-Santanchè: ieri è arrivato a scrivere che il monologo recitato da Lucrezia Lante della Rovere (quello che ha fatto dire all’esperto: “questa trasmissione è un postribolo”) sia un testo “con frecciate neanche tanto larvate al sexy gate”. “Malamore”, da cui è tratta l’intervista alla prostituta Cristina, è un libro del 2008. Marco Santambrogio, filosofo del linguaggio, illustra oggi le due caratteristiche del sistema-melassa: la costanza della macchina propagandistica, il progressivo (conseguente) impoverimento culturale del paese. Mentre il Quirinale premia le “eccellenze femminili”, mentre 50 mila donne (tra cui Ilaria D’Amico e Lucrezia Lante, le “cosiddette signore”) hanno già firmato il nostro manifesto «Esistono altre donne» - concetto che Emma Marcegaglia ha declinato in tv usando le stesse parole - l’attuale preoccupazione del premier è quella di far sparire il pubblico in studio dai talk show. Masi, briffato, dirama circolare: il pubblico è pericoloso, può far pensare a chi guarda da casa di avere un’opinione. Guai, terribile delitto. Nei paesi oltremare i cittadini insorgono contro i governi dispotici. Nel nostro accendono la tv e ammutoliscono: è scomparsa una salma. È di Mike Bongiorno, naturalmente. Succede tutto in tv. Allegria.Allegria.Allegria.

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mercoledì 26 gennaio 2011

IL MONDIALE SUPERBIKE 2011 PRESENTATO A PORTIMAO

di SERGIO CONTI

Si è svolta all’ Autodromo dell’ Algarve (Portimao) la conferenza stampa di presentazione del Campionato Mondiale Superbike 2011, alla presenza di Paolo Flammini, CEO della Infront Motor Sports, di Paolo Ciabatti, General Manager del Campionato Mondiale Superbike, e di Giorgio Barbier, Responsabile Attività Racing Pirelli Moto.Alla presenza dei piloti della Superbike Max Biaggi, James Toseland, Carlos Checa, Jonathan Rea, Tom Sykes, Michel Fabrizio e Marco Melandri e della Supersport Fabien Foret, Broc Parkes, Luca Scassa e Miguel Praia, sono stati illustrati gli elementi più interessanti del Campionato che prenderà il via il 27 febbraio sul circuito australiano di Phillip Island. Paolo Flammini ha sottolineato la presenza di un numero più che interessante di piloti sia in Superbike (21 piloti permanenti) sia in Supersport (29 piloti), nonostante il difficile momento economico. Importante il successo delle scelte regolamentari nella Supersport che hanno portato ad un considerevole risparmio di costi che ha favorito l'iscrizione di piloti e team in numero decisamente superiore al 2010. Nel corso della presentazione, alla quale sono intervenuti anche numerosi piloti e addetti ai lavori, è stata anche sottolineata la validità del format del Campionato che ha favorito il percorso di molti giovani negli ultimi sette anni. Basti, infatti, ricordare la carriera di alcuni piloti oggi di primo piano iniziata dalle classi promozionali per arrivare, in alcuni casi alla Superbike: James Toseland, Chris Vermeulen, Michel Fabrizio, Kenan Sofuoglu, Jonathan Rea, Ayrton Badovini, Florian Marino, Gino Rea, Joan Lascorz.La scelta quindi di assegnare alle due classi Superstock la funzione di categorie destinate ai giovani che iniziano a correre a livello internazionale e alla Superbike e Supersport di classi professionistiche con la presenza delle Case ha dato i suoi frutti. E per ampliare questo programma coinvolgendo piloti ancor più giovani, da questa stagione verrà disputata la European Junior Cup con motociclette Kawasaki Ninja 250, che si disputerà in sei tappe europee del Campionato."Prosegue inoltre - ha aggiunto Paolo Flammini - il nostro programma di sviluppo della programmazione televisiva che vedrà da quest'anno l'introduzione delle telecamere onboard e della grafica 3D animata.Anche Giorgio Barbier, Responsabile Attività Racing Pirelli Moto, ha voluto esprimere la soddisfazione per l'andamento del Campionato dichiarando: "Lo sviluppo delle diverse categorie è uno degli obiettivi di un campionato internazionale come questo. Per questo motivo la strategia di Infront, della FIM, dei costruttori e di Pirelli è quella di permettere a nuovi talenti di emergere e voglio sottolineare come due dei migliori piloti Supersport 2010 (Lascorz e Laverty) e i due migliori piloti 2010 Superstock 1000 (Badovini e Berger) correranno in Superbike. Il Mondiale Supersport poi vedrà piloti di 16 Paesi diversi". Dal punto di vista tecnico la Pirelli svilupperà due nuove misure sia per le classi Supersport e Superstock 1000, mentre sarà esteso il premio per il giro più veloce per entrambe le classi Superstock in ogni gara. Per evidenziare come il presente della Superstock sia il futuro della SBK in occasione dell'ultima gara del Campionato, a Portimao, saranno invitati i tre migliori piloti dei campionati Superstock 600 nazionali da Regno Unito, Spagna, Francia, Germania e Italia per partecipare alla gara, concorrendo anche ad una classifica speciale Pirelli. La 24esima stagione del Mondiale Superbike inizia sul circuito australiano di Phillip Island dal 25 al 27 febbraio, mentre gli ultimi test ufficiali per i team saranno lunedì 21 e martedì 22 febbraio, sempre a Phillip Island.

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BERLUSCONI-FEDE, FINITO L'IDILLIO? «TI DIFFIDO DAL NOMINARE I MIEI FIGLI»

La notizia circolava da qualche giorno, ma ieri sera è finita prima sul sito del settimanale Oggi e poi, manco a dirlo, sul sito Dagospia: Silvio Berlusconi starebbe per silurare Emilio Fede, soprannominato Emilio Fido da Striscia la Notizia per la sua parossistica attaccatura al capo.La goccia che ha fatto traboccare il vaso? Una frase di troppo pronunciata dal direttore del Tg4 domenica scorsa, alla trasmissione "In mezz'ora", condotta da Lucia Annunziata su Raitre. «La discoteca di Arcore? Serve al figlio maggiore e ai suoi amici», aveva detto il direttore del Tg4. Passano poche ore e, riferisce Oggi.it, il direttorissimo riceve una telefonata molto alterata dal presidente del Consiglio: «Ti diffido dal nominare i miei figli in qualsiasi occasione, in privato e in pubblico». A seguire, la decisione di "dimettere" il direttore. In lizza per la sostituzione ci sarebbero già Mario Giordano, Salvo Sottile e Giorgio Mulé.Sempre il settimanale riferisce che la situazione di Fede era già critica da quando erano uscite le intercettazioni tra lui e Lele Mora, soprattutto quella dove i due parlano di soldi da chiedere a Berlusconi e una presunta «cresta» sfilata da Fede a Mora per una commissione: circostanza smentita dal giornalista e dunque tutta da vedere. La vicenda ovviamente non poteva essere risolta perché, dice Oggi.it, «la rimozione di Fede sarebbe suonata come un’ammissione di colpa e di bunga bunga, come dire: «Ti caccio perché hai lucrato sulle mie festicciole». Ma il premier aveva già in mente di sostituire il conduttore. Anche perché, diciamola tutta, il direttore del Tg4 sta per compiere 80 anni e forse potrebbe anche pensare che sia giunta l'ora di farsi da parte e dar spazio a qualche "giovane sessantenne"...e invece no. Fede smentisce categoricamente. Anzi, sostiene di aver ricevuto rassicurazioni da Mauro Crippa (direttore generale news di Mediaset) e addirittura da Fedele Confalonieri. Ma una crepa s'insinua nella sua debole smentita: Fede infatti rivela di non aver sentito più Berlusconi «da quando è scoppiato questo casino». E se veramente i due erano "compagni di bisboccia", sembra davvero strano che, all'improvviso, la comunicazione tra loro si sia così bruscamente interrotta.

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martedì 25 gennaio 2011

L'AQUILA, IL GOVERNO TRADISCE ANCHE GLI STUDENTI: TAGLI ALL'ATENEO

Delle tante promesse fatte all’Aquila dal governo Berlusconi all’indomani del sisma del 6 aprile del 2009, una riguarda il cuore pulsante dell’economia cittadina e della vita del centro abruzzese: l’università. Mentre il centro storico muore e la ricostruzione tarda ad arrivare, si taglia silenziosamente all’ateneo aquilano. E dire che il Ministero dell’Università e l’Università dell’Aquila avevano firmato un accordo di programma a maggio 2009 volto a garantire supporto all’ateneo per fronteggiare la situazione post-sisma. In particolare l’accordo di programma prevedeva che all’università dell’Aquila sarebbero stati assegnati per il triennio 2008-2011 stanziamenti pari all’FFO (Fondo di finanziamento ordinario) del 2008, ovvero 68,5 milioni di euro. A ridosso di Natale, però, la sorpresa del Ministro Gelmini che firma il decreto di riparto del FFO prevedendo un taglio del 3.72% per l’ateneo abruzzese, ovvero 2 milioni e 500 mila euro in meno. L’Unione degli Universitari (Udu) dell’Aquila denuncia la situazione e interpella la Gelmini «che fa rispondere al suo Direttore generale che non c’è stato nessun taglio perché la cifra si sarebbe raggiunta con i soldi degli scatti stipendiali, soldi che sarebbero comunque spettati all’Università dell’Aquila accordo di programma prevedeva dunque un mimino garantito di fondi, ma non si trattava di un tetto massimo e dunque l’ateneo può ricevere ulteriori risorse derivate da ulteriori fondi», spiega Tino Colacillo, membro dell’esecutivo nazionale dell’Udu.«Il taglio c’è stato ma il ministro nega invece di darci spiegazioni – denuncia Chiara, 24 anni, studentessa di Psicologia e coordinatrice dell’Udu dell’Aquila – siamo una città dove è fondamentale che ci siano stanziamenti per l’ateneo perché L’Aquila era e deve rimanere una città universitaria. Già facciamo fatica a riprenderci, le borse di studio e le mese sono molto penalizzate, questo taglio ci mette ancora di più in difficoltà perché come al solito ricadrà sui servizi agli studenti». Gli studenti chiedono dunque che il Ministro Gelmini elimini il taglio e che anche l’Università aquilana si esprima ufficialmente sulla questione. «Il contesto è già drammatico di suo - insiste Colacillo - perché per gli universitari non hanno qui nessuna forma di sostegno, questo taglio è un invito a non iscriversi e ad andarsene dall’Aquila mentre l’università è l’unica chance che ha la città per riprendersi, gli studenti erano il motore economico della città».
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lunedì 24 gennaio 2011

ROCCO SIFFREDI: «IL PREMIER? HA SUPERATO ANCHE ME!»


Sono tante, tantissime, le donne legate in un modo o nell'altro al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. La notizia ha fatto il giro del mondo, ma dopo lo sgomento iniziale, il continuo susseguirsi di notizie “a luci rosse” sul governo italiano ha portato anche i quotidiani stranieri a dare un taglio meno prosaico, a volte paradossale. Come mai gli italiani non si rivoltano contro il loro discutibilissimo premier? ci si chiede in molti editoriali. La risposta alla fine è giunta, ed è la più semplice, quella che parla alla pancia del Paese. Lo spiega The Observer, il domenicale del britannico Guardian: «La verità è che gli Italiani sono orgogliosi di uno come Berlusconi, che ha 74 anni, ama il sesso e ha una vita sessuale particolarmente intensa». A spiegarlo agli inglesi è chi di queste cose se ne intende: Rocco Siffredi. Il 46enne, attore e regista di film porno, tra le cinquanta migliori star al mondo in questo settore, è ora impegnato nel campo della moda e non “esercita” più dal 2004, ma rimane un esperto e grande consumatore di patatine e in questa veste è stato intervistato dal quotidiano. Famoso anche per una pubblicità delle patatine Amica Chips che si concludeva con: «Fidati di uno che le ha provate tutte», Siffredi si è detto sicuro che «se il presidente del Consiglio riuscirà a evitare il carcere per le accuse di aver pagato minorenni in cambio di sesso e le pressioni alla polizia, sarà perdonato dagli elettori italiani: in altri Paesi sarebbe stato costretto ad andarsene anni fa, ma in Italia riesce a farla franca».Il videomessaggio: «Ha potere e perversione». Già un paio di mesi fa, in un videomessaggio ai suoi fan di “Rocco's world”, il pornoattore aveva rilasciato un'intervista dallo stesso tono: «Voi avete detto Rocco for President, ma il vero presidente, quello che tromba per davvero, ce l'avete già ragazzi. Io tromberò la metà della metà della metà di quello che fa lui», ha detto l'attore, che ha dichiarato in un'altra occasione di essere stato a letto con oltre 6000 donne per lavoro e circa mille nella vita privata prima del suo matrimonio. «Lui mi ha superato», ha spiegato Siffredi «la sua è perversione vera: mettere due, tre ministre, un paio di veline, tre mogli di calciatori, qualche personaggio dello spettacolo – ho visto una lista che non finiva più! - mescolate insieme a vere escort. Ma non quelle d'alto bordo, escort un po' “low profile”, diciamo... Lui è il numero uno!». «Quando riesci a fare questo», ha spiegato la pornostar, «vuol dire che il tuo senso del sesso naturale, quello normale, quello di tutti gli esseri umani in generale, vuol dire che è stato passato da un bel po' di tempo! Ragazzi, io queste cose qua le vivo solo nei film! Sono cose quasi impossibili da realizzare: lui ce l'ha fatta, riesce a farsi queste feste pazzesche, con questo mix di tutto, dal buono al cattivissimo. È il potere. La massima espressione del potere è far fare a chi vuoi tu quello che vuoi tu. Pazzesco!». Silvio e Rocco, sfida all'ultima patatina. Siffredi, infine, ha rivolto anche un pensiero all'uomo solo che si cela dietro tutto questo potere: «Se c'è una cosa che accomuna Berlusconi e me è la dipendenza. La dipendenza è dura: alcol, droga, sesso. Siamo lì, ve lo assicuro. Ve lo dice qualcuno realmente che è stato qualche anno male per questa dipendenza. La mia grande fortuna, purtroppo non quella del nostro presidente, è stata quella di avere una moglie che mi ha capito. Credo, veramente di poter dare a Berlusconi, se volesse, dei consigli su come uscire da questa dipendenza. Fategli sapere che Rocco, probabilmente, ha veramente la possibilità di aiutarlo, che facesse una telefonatina a Rocco...».
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domenica 23 gennaio 2011

È MORTO SILVIO BERLUSCONI SCIVOLATO SU UN LASTRONE DI GHIACCIO ED ERA DI SINISTRA

Silvio Berlusconi, 57 anni, omonimo del premier, è morto ieri in un incidente in montagna nel Comasco, sul sentiero che sale alla capanna Menaggio. Berlusconi è scivolato su un lastrone di ghiaccio ed è precipitato per trenta metri: inutili i soccorsi, il corpo è stato recuperato dall'elicottero del 118. Operaio in tessitura, Silvio Berlusconi viveva a Veniano (Como) e spesso la sua omonimia era stata al centro di servizi giornalistici, specialmente in occasione delle elezioni politiche, dal momento che il Silvio Berlusconi comasco era un sostenitore del centrosinistra. Ironizzò ad esempio quando il premier si definì «Presidente operaio». «Di Silvio Berlusconi operaio ci sono soltanto io» disse l'omonimo, che raccontò anche di avere rifiutato le candidature che gli erano state offerte da liste civetta, ansiose di poter vantare un Silvio Berlusconi capolista.
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sabato 22 gennaio 2011

IL SILENZIO DEI PADRI PER LE NOTTI DI ARCORE

Non solo il cavaliere, non solo le ragazzine, non solo le maitresse e gli adulatori, non solo gli amici travestiti da maggiordomi, le procacciatrici di sesso, i dischi di Apicella e la lap dance in cantina: in questa storia da basso impero ci sono anche i padri. E sono l’evocazione più sfrontata, più malinconica di cosa sia rimasto dell’Italia ai tempi di Berlusconi. I padri che amministrano le figlie, che le introducono alla corte del drago, le istruiscono, le accompagnano all’imbocco della notte. I padri che chiedono meticoloso conto e ragione delle loro performance, che si lagnano perché la nomination del Berlusca le ha escluse, che chiedono a quelle loro figlie di non sfigurare, di impegnarsi di più a letto, di meritarsi i favori del vecchio sultano. I padri un po’ prosseneti, un po’ procuratori che smanacciano la vita di quelle ragazze come se fossero biglietti della lotteria e si aggrappano alle fregole del capo del governo come si farebbe con la leva di una slot machine…Insomma questi padri ci sono, esistono, li abbiamo sentiti sospirare in attesa del verdetto, abbiamo letto nei verbali delle intercettazioni i loro pensieri, li abbiamo sentiti ragionare di arricchimenti e di case e di esistenze cambiate in cambio di una sveltina delle loro figlie con un uomo di settantaquattro anni: sono loro, più del drago, più delle sue ancelle, i veri sconfitti di questa storia. Perché con loro, con i padri, viene meno l’ultimo tassello di italianissima normalità, con loro tutto assume definitivamente un prezzo, una convenienza, un’opportunità. Ecco perché accanto ai dieci milioni di firme contro Berlusconi andrebbero raccolti altri dieci milioni di firme contro noi italiani. Quelle notti ad Arcore sono lo specchio del paese. Di ragazzine invecchiate in fretta e di padri ottusi e contenti. Convinti che per le loro figlie, grande fratello o grande bordello, l’importante sia essere scelte, essere annusate, essere comprate. Dici: colpa della periferia, della televisione, della povertà che pesa come un cilicio, della ricchezza di pochi che offende come uno sputo e autorizza pensieri impuri. Balle. Bernardo Viola, voi non vi ricordate chi sia stato. Ve lo racconto io. Era il padre di Franca Viola, la ragazzina di diciassette anni di Alcamo che, a metà degli anni sessanta, fu rapita per ordine del suo corteggiatore respinto, tenuta prigioniera per una settimana in un casolare di campagna e a lungo violentata. Era un preludio alle nozze, nell’Italia e nel codice penale di quei tempi. Se ti piaceva una ragazza, e tu a quella ragazza non piacevi, avevi due strade: o ti rassegnavi o te la prendevi. La sequestravi, la stupravi, la sposavi. Secondo le leggi dell’epoca, il matrimonio sanava ogni reato: era l’amore che trionfava, era il senso buono della famiglia e pazienza se per arrivarci dovevi passare sul corpo e sulla dignità di una donna. A Franca Viola fu riservato lo stesso trattamento. Lui, Filippo Melodia, un picciotto di paese, ricco e figlio di gente dal cognome pesante, aveva offerto in dote a Franca la spider, la terra e il rispetto degli amici. Tutto quello che una ragazza di paese poteva desiderare da un uomo e da un matrimonio nella Sicilia degli anni sessanta. E quando Franca gli disse di no, lui se l’andò a prendere, com’era costume dei tempi. Solo che Franca gli disse di no anche dopo, glielo disse quando fece arrestare lui e i suoi amici, glielo urlò il giorno della sentenza, quando Filippo si sentì condannare a dodici anni di galera. Il costume morale e sessuale dell’Italia cominciò a cambiare quel giorno, cambiò anche il codice penale, venne cancellato il diritto di rapire e violentare all’ombra di un matrimonio riparatore. Fu per il coraggio di quella ragazzina siciliana. E per suo padre: Bernardo, appunto. Un contadino semianalfabeta, cresciuto a pane e fame zappando la terra degli altri. Gli tagliarono gli alberi, gli ammazzarono le bestie, gli tolsero il lavoro: convinci tua figlia a sposarsi, gli fecero sapere. E lui invece la convinse a tener duro, a denunziare, a pretendere il rispetto della verità. Tu gli metti una mano e io gliene metto altre cento, disse Bernardo a sua figlia Franca. Atto d’amore, più che di coraggio. Era povero, Bernardo, più povero dei padri di alcune squinzie di Arcore, quelli che s’informano se le loro figlie sono state prescelte per il letto del drago. Ma forse era solo un’altra Italia.
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venerdì 21 gennaio 2011

CANONE RAI, LA TASSA PIÙ INDIGESTA LO RIVELA UNA RICERCA DEL CENSIS

La grande maggioranza degli italiani giudica troppo elevato il carico fiscale. Ma l'imposta più odiosa è quella per il possesso del televisore. Seguono bollo auto e tassa sull'immondizia

E' il canone Rai la tassa che gli italiani non possono proprio digerire. Lo rivela un'indagine realizzata dal Censis per il Consiglio nazionale dei commercialisti sul rapporto dei contribuenti con il fisco. Dell'imposta per il possesso degli apparecchi radiotelevisivi - da pagare fra l'altro entro in 31 gennaio onde evitare di incorrere in sovrattasse ancora più odiose - ne fabbero volentieri a meno il 47,3% degli interpellati. Al secondo posto si piazza il bollo auto (14,5%) e a seguire l'Ici (12,7%), la tassa sulla nettezza urbana (12,1%) e l'Irpef (11,6%).Nel complesso, la grande maggioranza degli italiani (l'81,1% del campione) giudica troppo elevato il carico fiscale. La percezione che gli italiani hanno del fisco continua a essere sostanzialmente negativa: ingiusto per il 36,2%, inefficiente per il 25,5% ed esoso per il 23,7%. Solo il 9,9% lo giudica efficiente e il 4,7% solidale. Per una riforma del sistema fiscale ''solo'' il 23,4% chiede di abbassare il livello dell'imposizione e il 22,1% di semplificare il sistema tributario. Aumentare le forme di tutela è la priorità per il 20% del campione, per il 16,6% la soluzione è il federalismo fiscale, per il 12,5% l'introduzione del quoziente familiare, ossia la tassazione del reddito medio dei membri della famiglia secondo il modello francese, che secondo l'Eurispes comporterebbe un risparmio medio annuo d’imposta di circa 800 euro a nucleo familiare.Dalla ricerca del Censis emerge che le tasse non sono giudicate troppo alte in assoluto, quanto in relazione alla qualità dei servizi ricevuti (per il 58,1% degli intervistati). Il 55,7% del campione, infatti, sarebbe disposto a pagare più tasse in cambio di servizi migliori. Il Canone Rai, ad esempio, è indigesto proprio perché la maggioranza dei contribuenti non è soddisfatta dei programmi televisivi trasmessi dal servizio pubblico.Negli ultimi anni diverse associazioni di consumatori si sono battute per abolire la tassa di possesso del televisore, spesso considerata anacronistica (risale al 1938) e ingiusta. L'Aduc, ad esempio, ha fatto della lotta al canone Rai uno dei suoi cavalli di battaglia. Grazie all'associazione, a suon di interrogazioni parlamentari, studi e inchieste sono emerse molte ambiguità legate a questa tassa. Ancora oggi, infatti, non è del tutto chiaro se anche i possessori di una Adsl o di un telefonino di nuova generazione debbano pagare. Non si tratta, in fondo, di apparecchi “atti alla ricezione di programmi televisivi”, come recita il regio decreto? Sul sito della Rai, per esempio, è possibile vedere tutti i programmi del digitale terrestre in streaming. Un altro aspetto molto nebuloso è quello del “canone speciale”. Dovrebbero pagarlo tutti i baristi, i negozianti, le redazioni e gli uffici in possesso di un televisore. Una misura discutibile soprattutto per i piccoli commercianti e coloro che svolgono un'attività privata, obbligati a pagare due canoni: quello ordinario per la casa e quello speciale per il lavoro. Secondo uno studio Aduc la Rai ha rinunciato, di fatto, a perseguire queste categorie. Le ispezioni a domicilio sembrano quindi un'esclusiva riservata solo ai privati cittadini. Il risultato? Nel 2007 quasi il 96% delle imprese evadeva il canone Rai. Numeri che fino ad oggi non sono cambiati in maniera significativa. Secondo un'indagine presentata dall'Associazione contribuenti italiani, invece, l'evasione dei privati si attesterebe “solo” al 38%. Proprio per combattere questo fenomeno, di recente il ministro dello Sviluppo Economico, Paolo Romani, ha ritirato fuori la proposta di legare il pagamento del canone al contratto di fornitura di energia elettrica di casa o dell'ufficio. L'idea però, come sottolinea ancora l'Aduc, si scontra con un banale problema tecnico: non esiste un unico fornitore di energia elettrica, ma centinaia piccoli e grandi, ognuno con propri problemi, anche economici, e tutti dovrebbero versare all'Erario/Rai la relativa imposta. Lo farebbero gratis o i contribuenti finirebbero per pagare in più per questi nuovi esattori? Inoltre ogni cittadino può essere titolare di più utenze elettriche, non tutte necessariamente collegate alla presenza di un televisore. Da quando è partito lo switch-off del digitale terrestre le proteste contro il canone Rai sono aumentate. Molti italiani, infatti, hanno scelto di non comprare il decoder digitale terrestre e di vedere la tv attraverso il satellite. Anche il pacchetto Sky, infatti, consente di vedere i canali generalisti. Molto spesso, però, la Rai (così come Mediaset) oscura sul satellite alcuni dei suoi programmi. Soprattutto eventi sportivi, fiction e film in prima serata. Il problema però, è che il canone Rai non dipende da quanti e quali canali si possono vedere, ma dal semplice possesso di un televisore. E allora, l'unico modo per sottrarsi alla tassa è quella di vendere o disfarsi del proprio apparecchio oppure “impacchettarlo”, ovvero ottenerne la "sigillatura". Si può chiedere, infatti, alla Rai di mandare la Guardia di Finanza a chiudere l'apparecchio in un sacco di juta accuratamente sigillato per renderlo inutilizzabile.
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giovedì 20 gennaio 2011

LA CASSAZIONE: NON ANNULLABILI I MATRIMONI DI LUNGO CORSO

I giudici italiani non possono convalidare l'annullamento ecclesiale dei matrimoni concordatari nei quali la convivenza tra i coniugi si sia protratta per lunghi anni o, comunque, per un periodo di tempo considerevole. Questo perchè una volta che il rapporto matrimoniale prosegue nel tempo è contrario ai principi di ''ordine pubblico'' rimetterlo in discussione adducendo riserve mentali, o vizi del consenso, verificatisi nel momento del si' all'altare. Lo ha deciso la Cassazione, accogliendo il ricorso di una moglie e invalidando la nullità di un matrimonio durato venti anni.La Suprema Corte ha dato parere negativo al quesito di diritto posto da Maria Lorenza R., la moglie 'ripudiata' dal marito dopo due decenni di convivenza con la scusa che la signora gli avrebbe taciuto la sua contrarietà a mettere al mondo figli. ''Può essere riconosciuta nello Stato italiano - ha chiesto la signora alla Cassazione - la sentenza ecclesiastica che dichiara la nullità del matrimonio quando i coniugi abbiano convissuto come tali per oltre un anno, nella fattispecie per vent'anni, o detta sentenza produce effetti contrari all'ordine pubblico, per contrasto con gli articoli 123 del codice civile (simulazione del matrimonio) e 29 della Costituzione (tutela della famiglia)?''. No, non può essere riconosciuta, è stata la risposta dei supremi giudici. Cosi' il ricorso è stato ''accolto'' e ''cassata'' la sentenza con la quale la Corte di Appello di Venezia, l'11 giugno 2007, aveva convalidato la nullità del matrimonio di Maria Lorenza e Gianpaolo V. sancita dal Tribunale ecclesiastico regionale ligure nel novembre 1994, e dichiarata esecutiva dalla Segnatura Apostolica con decreto del marzo 2001. A chiedere l'annullamento era stato il marito sostenendo che le nozze celebrate nel giugno del 1972 erano viziate poichè la moglie - sosteneva lui - gli aveva taciuto di non volere figli, dunque era escluso uno dei 'bona matrimoni', gli elementi che danno vitalità alle unioni concordatarie. Dando ragione al reclamo di Maria Lorenza, la Cassazione - sentenza 1343 - spiega, con riferimento ''alle situazioni invalidanti l'atto del matrimonio'', che ''la successiva prolungata convivenza è considerata espressiva di una volontà di accettazione del rapporto che ne è seguito e con questa volontà è incompatibile il successivo esercizio della facoltà di rimetterlo in discussione, altrimenti riconosciuta dalla legge''.In pratica, dopo tanti anni, per mettere fine alla vita a due bisogna intraprendere la strada della separazione civile, senza cercare la scorciatoia della nullità, che mette al riparo dal dover pagare l'assegno di mantenimento alla ex ma viola i principi del nostro ordinamento.

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