mercoledì 24 novembre 2010

NEL CAPITALISMO DI RELAZIONE LIGRESTI NON PUÒ MAI CADERE

In questo Paese non cambia mai nulla. Siamo ancora qui a discutere di un piano finanziario per salvare il costruttore Salvatore Ligresti, uomo di potere per tutte le stagioni, traghettato dalla Prima alla Seconda Repubblica con il suo pesante carico di inchieste, condanne e sospetti, sopravvissuto al naufragio craxiano grazie alla fedeltà tributata in epoche diverse a Enrico Cuccia, a Silvio Berlusconi, a Cesare Geronzi. Ma è inutile sorprendersi. Ligresti è immortale, non può fallire. Può forse finire male, abbandonato, umiliato, un personaggio che da quarant’anni è in prima fila nelle battaglie per la conquista degli affari più ricchi, un campione del capitalismo di relazione che siede nei salotti di Mediobanca, del Corriere della Sera, delle Assicurazioni Generali, di Unicredit, della Pirelli? Il capitalismo italiano è talmente piccolo, oligarchico che i protagonisti devono far finta di niente, anche se non si sopportano, e mostrare almeno esteriormente un simulacro di unità, di condivisione delle disgrazie degli altri sodali anche se, in verità, non vorrebbero nemmeno mangiare un pizza insieme. L’ipocrisia trionfa, soprattutto sul mercato. Ieri la Borsa ha bocciato l’aumento di capitale di Premafin (la scatola finanziaria dei Ligresti) di 225,7 milioni di euro e quello della controllata Fondiaria Sai di 460 milioni. I titoli delle due società sono caduti, ma non succederà nulla di clamoroso. L’emergenza di Ligresti nasce dal fatto che il suo gruppo ha un debito di oltre 2 miliardi di euro, circa la metà verso il sistema Mediobanca. A fronte di questa situazione delicata il costruttore ha messo in campo una serie di alleanze e l’ aumento di capitale che, in poche parole, rappresentano la sintesi del conflitto di interessi, della commistione indebita tra parti correlate e della prevalenza degli interessi dell’azionista di controllo rispetto alle minoranze. Prima di deliberare il doppio aumento di capitale, che sarà garantito dal Credit Suisse guidato da quel Federico Imbert che in altri tempi finanziò la scalata dell’Olivetti a Telecom Italia, Ligresti ha stretto un accordo con i francesi di Groupama, un’importante compagnia di assicurazioni francese che possiede il 5% di Mediobanca a sua volta primo azionista delle Assicurazioni Generali. Groupama rileva circa il 17% di Premafin, la finanziaria posseduta da Salvatore Ligresti con i figli Jonella, Giulia e Paolo, ma questo sarebbe solo un investimento di portafoglio. È ridicolo. È chiaro che Premafin passa da un controllo singolo (la famiglia Ligresti) a uno congiunto (Ligresti col 34% più Groupama col 17%) e quindi è necessaria un’offerta pubblica di acquisto sull’intero capitale, ma questa opzione dovrà essere valutata dalla Consob del neo presidente Giuseppe Vegas. Groupama ha fatto sapere che in caso di opa l’alleanza salterebbe. Vedremo di che pasta è fatto Vegas. Ma non è finita qui. Contestualmente all’accordo con Groupama, Ligresti ha fatto entrare in Premafin anche il finanziere francese Bollorè, anche lui azionista di Mediobanca e premiato con la vicepresidenza alle Generali per l’appoggio garantito a Cesare Geronzi nella sua scalata al vertice della compagnia di Trieste. Questa ammucchiata finanziaria meriterebbe qualche chiarimento da parte dalla Consob, dell’Antitrust e dell’Isvap (l’Autorità delle assicurazioni). Ma è probabile che non succederà nulla. Ligresti ha superato mille ostacoli, gode ancora di fedeli alleati e di solidi protettori. Una volta stava con gli amici di Paternò, Michelangelo Virgillito e Raffaele Ursini al quale sfilò il primo pacco di azioni Sai. Era amico fraterno del senatore Antonino La Russa, padre di Ignazio il fascista ripulito nelle acque di Fiuggi oggi ministro della Difesa. Perchè Ligresti dovrebbe temere di perdere il trono? Anzi, è capace di sottili vendette. Al Corriere della Sera si fa rappresentare da Massimo Pini, l’uomo di Craxi nelle Partecipazioni Statali. Il passato offre insegnamenti e risorse. Il costruttore, che secondo la leggenda avrebbe iniziato con un sopralzo in via Savona, finì in carcere per l’inchiesta Mani Pulite: restò quattro mesi a San Vittore, senza spiegare perchè nella “Milano da bere” due licenze edilizie su tre finivano sempre alla sua Grassetto. Fu condannato a due anni e 4 mesi di reclusione e affidato ai servizi sociali. Prima del suo reinserimento nel mondo degli affari si convinse a spiegare il suo ruolo nell’inchiesta Eni-Sai e patteggiò per le tangenti sui piani edilizi di Pieve Emanuele, per i lavori al palazzo di Giustizia di Milano e per la vendita degli immobili Ipab. A settembre Ligresti ha perso la moglie, Antonietta Susini. Nel 1981 la signora fu vittima di un rapimento. Due degli autori, più tardi, furono trovati ammazzati e un terzo, affiliato al capo mafia Stefano Bontate, scomparve nel nulla.
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martedì 23 novembre 2010


BERSANI: «PAESE NEL PANTANO SE SI VA AL VOTO, VINCIAMO»


E' scontato che il governo sara' sfiduciato? "Non c'e' niente di scontato", risponde il segretario del Pd Pier Luigi Bersani, che stamattina è ospite di Radio Anch'io. "Con la nostra mozione di sfiducia- aggiunge- di certo almeno si capira' chi e' a favore e chi e' contro. Credo che la nostra iniziativa fara' riconoscere i dati reali della situazione politica. Sara' l'occasione per chiarire che c'e' una crisi formale di questo governo e io voglio sperare che sara' l'occasione per aprire una diversa fase". E' possibile un governo di transizione dopo il 14 dicembre? "Rispondo di si' purche' il tema sia ben posto", dice Pier Luigi Bersani a Radio Anch'io. "Il 14 dicembre- aggiunge- il massimo a cui puo' aspirare Berlusconi e' avere un voto in piu' anche alla Camera. Non credo che ci arrivera', ma questo non significa governabilita' ma un'ulteriore debolezza di questo governo". "Non ho paura delle elezioni. Faccio questo pronostico: se andiamo a votare vinciamo". "Ma riflettiamo un attimo sull'Italia: con una legge elettorale che consente di eleggere il presidente della Repubblica con il 34 per cento, neppure io vorrei vincere. Serve allora una legge elettorale decente che consenta l'apertura di una situazione nuova. Questo e' meglio per il paese", aggiunge il segretario del Pd. "Posso capire che nella tempesta finanziaria in giro per l'Europa avere una cosa che si possa chiamare legge di stabilita' evita qualche rischio speculativo", dice Pier Luigi Bersani a Radio anch'io. "Ma sta di fatto- aggiunge- che anche questa legge non risolve niente"."Trovo irresponsabile per un capo di un governo descrivere una situazione fittizia e mettere del cloroformio in giro cercando di sopravvivere. Per un paese come il nostro e' una presa in giro". Cosi' il segretario del Pd Pier Luigi Bersani a Radio Anch'io. "Noi siamo quelli dei guelfi e dei ghibellini, il bipolarismo l'abbiamo nel sangue", dice Bersani a Radio anch'io. "Credo- aggiunge- alla legittimita' di posizioni centrali che diano flessibilita' al sistema ma non immagino la possibilita' di una balena nel mezzo". A proposito di Fini, Bersani spiega: "Credo che stia lavorando per impostare un nuovo tipo di destra, liberale, meno populista. In Italia non l'ho mai vista, ma gli faccio gli auguri". "Il governo apra un tavolo con tutte le istituzioni interessate e anche con l'opposizione". Lo chiede Pier Luigi Bersani a Radio anch'io a proposito dell'emergenza rifiuti. "Come sono andato a piedi a palazzo Chigi- aggiunge- sono pronto ad andarci invitato a una riunione in cui vediamo assieme cosa facciamo seriamente per uscire da questo problema. Su questo do assoluta disponibilita'". "Siamo alle tattiche, al gioco del cerino, a chi si fa dire di 'no' e a chi dice di 'ni', ma non credo che queste tattiche portino lontano". Cosi' il segretario del Pd commenta la recente apertura di Casini al centrodestra. "Anche per questo- aggiunge- abbiamo avanzato la mozione di sfiducia perche' con questa si dice 'basta con i tatticismi'".
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lunedì 22 novembre 2010

LA CANOTTIERI SEBINO EMERGE NEL FONDO NAZIONALE – PRESTIGIOSO RICONOSCIMENTO DALLA GEMELLATA GLASGOW UNIVERSITY BOAT CLUB

di PAOLA MAURIZIO

La Canottieri Sebino è pronta ad affrontare con grande determinazione i nuovi appuntamenti invernali incentrati sul fondo, la disciplina del remo che impegna gli atleti sulla distanza dei 6 km. Grandi soddisfazioni in questo campo sono già pervenute dalle due impotanti gare di livello nazionale disputate sul Lago di Varese nello scorso week end. Sabato la Coppa Insubria, regata riservata a equipaggi singoli, giunta alla sua 11^ edizione e partecipata da 88 atleti, ha visto Paolo Ghidini emergere come 4° assoluto: un risultato entusiasmante con il quale Paolo si è classificato 1° nella categoria juniores. Qui occupano posizioni di rilievo anche i compagni di squadra Adriano Mascarino (3°) e Pietro Cipolloni (4°), le cui performance hanno portato ad un piazzamento assoluto rispettivamente in undicesima e ventquattresima posizione. Meritevole di nota anche l'esito della gara dedicata ad Allievi e Cadetti disputata sulla distanza di 4km, nella quale Simone Mascarino si è piazzato 5° assoluto, con il rilievo del 4° posto nella specifica classifica per la categoria Cadetti. Domenica è seguita la prima prova di Coppa Italia di Gran Fondo, che ha visto in acqua 260 equipaggi ed oltre 500 vogatori impegnati nelle specialità singolo, 2 senza, quattro di coppia e 8con. In tutte la Sebino ha partecipato con propri equipaggi o con soluzioni miste per gli armi più 'complessi'. Con l'ammiraglia si è distinto il Master biancoazzurro Massimo Sangrigoli che insieme agli atleti della Varese e della Tritium ha ottenuto la medaglia d'argento. Sul podio del singolo junior ritroviamo Paolo Ghidini che anche in questa seconda manifestazione ha dato conferma delle sua qualità atletica, regalandoci un bel terzo posto, tanto più incisivo perchè conquistato a seguito di una sfida particolarmente emozionante giocata con i bravissimi concorrenti di Sispert e Alpis in un 'fazzoletto' di 2"60. Un gratificante bronzo è stato ottenuto anche dal quattro di coppia master composto da Aristide Bonomelli, Paolo Gabriello, Luca Giuliani insieme al collega Barzaghi della Tritium. Benchè escluso dal podio si evidenzia l'onorevole quinto posto di Gabriele Bonomelli e Davide Macario nel 2 senza, segno di una buona competitività nell'ambito di una graduatoria articolata su quattordici posizioni. Alla soddisfazione per questi risultati agonistici la Sebino affianca oggi il compiacimento per una bella notizia giunta poco fa dal quartier Generale del Glasgow University Boat Club: il prestigioso sodalizio remiero scozzese ha suggellato l'intensa relazione di gemellaggio che lo lega da anni alla Sebino intitolatando alla società loverese una nuova imbarcazione. Con questo gesto il Club,che con i suoi 140 anni di storia è uno dei più antichi esistenti in Europa e che vanta una posizione di primo piano nel panorama delle società universitarie, ha riconoscendo un tributo di affetto ed un segnale di amicizia nello sport davvero profondo alla Sebino. Dopo i primi contatti avvenuti nel 2007 i due sodalizi hanno instaurato un programma di collaborazione unico nel suo genere, che mette a confronto modi diversi di vivere la passione per il canottaggio e unisce le forze per cogliere con ancora maggiore entusiasmo gli stimoli offerti dal panorama agonistico internazionale. Grazie al supporto degli amici scozzesi la Sebino ebbe modo di partecipare per la prima volta nel 2008 alla mitica Horr sul Tamigi di Londra, mentre l'estate successiva la squadra scozzese si è allenata sulle acque del sebino per prepararsi alla storica Henley Royal Regatta di Oxford. I ritiri incrociati, sia estivi che invernali, si sono susseguiti in questi quattro anni a ritmi cadenzati, sino all'ultima ospitalità prestata dalla Glasgow a nove atleti della Sebino nell'agosto scorso. Una nuova occasione di incontro si prospetta per la prossima primavera, quando sarà la Sebino ad accogliere sulle proprie acque l'intera squadra femminile del Club. La nuova barca "Sebino" ha le fattezze di un 'quattro' di punta, ed è stata inaugurata in occasione della animatissima festa sociale che il Club ha organizzato sabato scorso. La Sebino, seppur invitata, non ha potuto presenziare alla cerimonia del battesimo, ma pensa con emozione ed onore alla propria insegna che d'ora in poi solcherà le placide acque del Clyde River!
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domenica 21 novembre 2010

E UN GIORNO SILVIO MI CHIAMÒ «BEL BOCCONCINO...»


di Maria Luisa Busi


Ho conosciuto Silvio Berlusconi molti anni fa. Stava per nascere il Tg5, che da quel gennaio del 1992, fu come una scossa per l’allora incontrastata informazione del servizio pubblico. Dalla Rai erano appena passati a fondarlo Enrico Mentana come direttore, Lamberto Sposini, Clemente Mimun, vicedirettore. Fu Gianni Letta a chiamarmi. Con grande garbo mi disse al telefono che il Cavaliere voleva conoscermi per farmi un’offerta professionale. Ne parlai con il direttore del Tg1 Vespa, che mi fermò nel corridoio del montaggio del telegiornale, allora in via Teulada. «Vuoi andare al Tg5?» mi chiese secco. Risposi che non credevo proprio avrei fatto quella scelta. Ero arrivata da due anni, ero molto soddisfatta del mio lavoro lì. «Sono molto legata al servizio pubblico, lo sai» gli risposi. «Ma sono curiosa di sentire quale offerta mi faranno.» E poi la richiesta era stata assai cortese. E lusinghiera, anche, da parte dell’imprenditore che in quel momento rappresentava il nuovo nell’informazione, che sfidava la corazzata Rai, che aveva chiamato grandi professionisti a intraprendere quella avventura. Perché rifiutare di andare a un colloquio? Le offerte professionali si ascoltano sempre. Arrivo puntuale a via dell’Anima. Era inverno, tardo pomeriggio. Mi accolgono le guardie del corpo, al portone del palazzo. In ascensore, fino ai piani dell’appartamento. Un maggiordomo mi fa accomodare in una sala d’attesa, con un grande tavolo al centro, un vassoio con della frutta sopra. Pieno d’uva. Ricordo tutti questi particolari perché attendo parecchio in quella stanza. Seduta. Fino a che si apre una porta e compare il Cavaliere. «Come sta?» Affabile, mi stringe la mano con ambedue le sue, familiare, sembra mi conosca da anni. Dietro di lui Gianni Letta, si presenta anch’egli e in mezzo secondo quasi, mentre si presenta Berlusconi, mi chiede se non ho preso un po’ d’uva e me ne consegna in mano un po’, mentre dice «venga da questa parte che le faccio vedere la casa» e in un altro mezzo secondo procediamo e siamo in fila indiana dietro a Berlusconi che ci precede e io poggio l’uva su un tavolino di passaggio e facciamo molta strada e il capofila parla di continuo cordiale e dice guardi guardi di qua, le piace la casa, mi chiede, sì rispondo cortese e già un po’ interdetta. Ci sediamo nel salottino finale del percorso. Tutti e tre. Io su una poltrona. Gianni Letta su un divano. Berlusconi di profilo davanti a me. «Allora quando viene da noi?» esordisce, rivolgendosi anche a Gianni Letta come se stessimo lì a cose già fatte. Io accenno imbarazzata che veramente non so, dico, mi diceva il dottor Letta che volevate farmi una proposta professionale. Sono qui a sentire da lei. Parte una conversazione un po’ surreale, in cui Berlusconi imprenditore televisivo mi si rivolge come se la sottoscritta lo avesse cercato e quindi di cosa dobbiamo parlare? «Lei viene da noi perché noi siamo una grande famiglia» mi dice. «Lì in Rai non è così, conta la politica». «Qualche volta anche le capacità» provo a ragionare io. «Vespa mi ha appena assegnato alla conduzione del giornale...» Niente da fare, non lo convinco, fa no con la testa, dice deve venire da noi, in Rai oggi c’è domani non c’è più. Chiedo allora per quale ruolo vorrebbe impegnarmi nelle sue televisioni e dove. Dice ma sì, adesso vediamo intanto venga da noi ribadendo gli stessi concetti: loro sono una grande squadra, da loro non è come alla Rai. Chiedo di nuovo sempre più titubante quale sia la sua proposta professionale, che cosa pensi della sottoscritta. E lui risponde: «Beh, innanzitutto lei è un bel bocconcino». Lo dice così, come se nulla fosse, vuole fare un complimento, si capisce. E poi prosegue a parlare come niente, prosegue la frase forse dicendomi anche finalmente in quale ruolo mi vedrebbe nella sua nuova sfida televisiva e se per il Tg5 o se per il Tg4 o dove. Senz’altro lo dice ma io ho smesso di ascoltare e guardo Gianni Letta seduto e dico ma sta scherzando? E lo dico sorridente ma sbalordita, mentre Letta mi pare piuttosto imbarazzato e tenta di scusarlo, gli dice Silvio guarda che la signora è un tipo a cui penso che queste battute non piacciano. E rivolto a me anche, dice, sempre garbatissimo, guardi lei non lo conosce il Cavaliere è così lui, scherza. Berlusconi si sorprende e dice ma perché che cosa ho detto di strano, e che i tipi così lui li conosce e che è tutta apparenza. Sarà durata a dire tanto cinque minuti, la conversazione. L’ultima parte dopo il bocconcino, neanche una decina di secondi. Mi alzo, prendo la borsa e dico sorridente: «Vi saluto, credo che abbiate perso un po’ di tempo». E rifacciamo in fila indiana il percorso inverso: rivedo i saloni, cammino in fretta, rivedo gli acini che ho poggiato sul tavolino e Berlusconi e Letta dietro e il Cavaliere che ripete «Ma era una battuta, non vorrei si fosse offesa, ma lei non sta agli scherzi» e davanti all’ascensore mi offre un autista per andare via. «No, grazie prendo un taxi». Dopo qualche giorno mi arrivò comunque da Letta per iscritto una proposta di contratto.
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sabato 20 novembre 2010

IL PAPA DICE SÌ AL PRESERVATIVO PER LE PROSTITUTE È GIUSTIFICATO

 
Per il pontefice il preservativo in certi casi può essere usato. È sbagliato vietare sempre e comunque il burqa alle donne. E sì alle moschee in occidente. Affermazioni sorprendenti contando che arrivano da papa Ratzinger, capo della Chiesa cattolica finora molto conservatore. Le frasi di Benedetto XVI sulla sessualità e altro sono contenute nel nuovo libro intervista scritto dal giornalista Peter Seewald, dal titolo «Luce del mondo», di cui oggi l'Osservatore Romano ha anticipato alcuni brani. Il preservativo, sostiene il Papa, è giustificato, «ad esempio quando una prostituta utilizza un profilattico, e questo può essere il primo passo verso una moralizzazione, un primo atto di responsabilità per sviluppare di nuovo la consapevolezza del fatto che non tutto è permesso e che non si può far tutto ciò che si vuole».«Tuttavia - prosegue il Pontefice - questo non è il modo vero e proprio per vincere l'infezione dell'Hiv. È veramente necessaria una umanizzazione della sessualità». Quindi il Papa ribadisce: «Concentrarsi solo sul profilattico vuol dire banalizzare la sessualità, e questa banalizzazione rappresenta proprio la pericolosa ragione per cui tante e tante persone nella sessualità non vedono più l'espressione del loro amore, ma soltanto una sorta di droga, che si somministrano da sé».Per quanto riguarda il burqa, Benedetto XVI non vede «ragione di una proibizione generalizzata. Si dice che alcune donne non lo portino volontariamente ma che in realtà sia una sorta di violenza imposta loro. È chiaro che con questo non si può essere d'accordo. Se però volessero indossarlo volontariamente, non vedo perché glielo si debba impedire». E parlando delle moschee, il papa spiega che i «cristiani sono tolleranti ed in quanto tali permettono anche agli altri la loro peculiare comprensione di sé. Ci rallegriamo del fatto che nei Paesi del Golfo arabo (Qatar, Abu Dhabi, Dubai, Quwait) ci siano chiese nelle quali i cristiani possono celebrare la Messa e speriamo che così accada ovunque. Per questo è naturale che anche da noi i musulmani possano riunirsi in preghiera nelle moschee».
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venerdì 19 novembre 2010

URNE, PARTITA APERTA SE SI VOTASSE ORA

 
Centrosinistra in sorpasso su Pdl e Lega? Lo scenario elettorale, disegnato ieri da Ilvo Diamanti su Repubblica sulla base di un sondaggio Demos, conferma una tendenza già presente da alcuni giorni anche in altre rilevazioni. I dati chiave sono questi: un crollo della fiducia nel leader Berlusconi, con conseguente travaso di voti da Pdl a Fli; un centrosinistra che, pur non aumentando i suoi consensi, diventa competitivo per la presenza di un terzo polo di centro, che drena voti al centrodestra e consente quindi a Pd-Idv-Sel di “giocarsela” col Cavaliere. Pd-Pdl, sfida aperta. Entrambi i poli principali, infatti, si attesterebbero intorno al 38-40%, in una sfida all’ultimo voto. I numeri di Demos sono poco distanti da quelli della Swg e della Ipsos di Pagnoncelli: in tutti e tre i casi il centrosinistra supera di un soffio il centrodestra (per Demos 40 a 37), conteggiando però anche il 2% di Prc e Pdci, un partito difficilmente inglobabile in una coalizione. Ma anche sottraendo i comunisti, il ragionamento non cambia: partita aperta. E non cambia neppure leggendo l’ultimo sondaggio di Mannheimer, che inverte i fattori: Berlusconi-Bossi al 38,3%, Pd e alleati al 37,2%. Un altro dato è comune a Demos e Swg: il crollo della fiducia in Berlusconi, poco sopra il 30%. Swg, nel grafico che presentiamo in questa pagina, mostra l’andamento di questi due anni: dal 48% del luglio del luglio 2008 fino al 31% di questi giorni, con uno spartiacque abbastanza definito: la primavera del 2009, quando Berlusconi, dopo un anno di lieve ribasso, è tornato all’apice in concomitanza col terremoto dell’Aquila, per poi iniziare la sua discesa col Noemi-gate e la separazione dalla moglie Veronica. Anche quest’anno il Ruby-gate segnala un momento di calo di consensi. Secondo Demos, circa il 60% degli intervistati giudica «molto condannabile» sia le feste con giovani ragazze che la telefonata in questura. Roberto Weber, presidente della Swg, conferma: «Il caso Ruby ha fatto da detonatore dell’insofferenza di una quota di elettori Pdl, che si sono spostati su Fli». I numeri della Swg parlano infatti di un Pdl al 24%, oltre 13% punti in meno del 2008. E dei finiani al 9%. «Lo confermano anche le analisi qualitative che abbiamo fatto: quel tipo di atteggiamento del premier, la telefonata in Questura, ha ferito una parte del suo elettorato, quella che già non era entusiasta di Berlusconi». Insomma: sono rimasti i berluscones di stretta osservanza, quelli che delle feste si disinteressano o pensano che si tratti di montature della stampa ostile al Cavaliere. La doccia gelata di Piepoli Nicola Piepoli non condivide l’analisi dei colleghi. Per lui il divario tra le due coalizioni resta alto: Pdl-Lega al 43% e centrosinistra al 39%. Con un centro Fini- Casini al 12%. Numeri in sintonia con quelli di Euromedia di Alessandra Ghisleri, sondaggista di fiducia del premier (42% contro 36%). «Resta una tendenza verso destra», spiega Piepoli. «Secondo noi la fiducia nel premier è stabile attorno al 40%, il caso Ruby non ha scalfito quell’elettorato». C’è un elemento però che accomuna Piepoli e Weber: l’idea cioè che il centro, con la discesa in campo di Montezemolo, «potrebbe moltiplicare i suoi consensi». E riuscire cioè in quella operazione che, anche per la Swg, per ora non è riuscita al Pd: rubare consensi al Cavaliere. «Per ora i flussi sono tutti dentro gli schieramenti, Fini “ruba” a Berlusconi e Idv e Sel al Pd», spiega Weber. Con il presidente della Ferrari a capo dello schieramento, il Centro potrebbe spiccare il volo. Per ora il dato migliore è quello di Pagnoncelli: 22%. Mentre per Swg si ferma al 14%, e la Ghisleri lo inchioda al 12%, come Piepoli. La situazione, dunque, è molto fluida. Solo il centrodestra ha un leader (quasi) certo in caso di elezioni. Mentre Pd e Centro, per ora, non hanno ancora un condottiero. A sinistra scalpita Vendola: per Demos è il leader più gradito, con il 47%, seguito da Bersani con il 40%. Mentre a destra Tremonti surclassa il Cavaliere: 46 contro 32%.
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giovedì 18 novembre 2010

CHI DIFENDE LA SCUOLA? NON CERTO GLI INTELLETTUALI

Cercasi intellettuale riposato che difenda la scuola statale italiana in maniera precisa e circostanziata. Dal particolare all’universale e scusate, se in questo caso, il particolare sono io. Mi serve per piantare i piedi per terra: dalla Leopolda alla cattedra il viaggio sembra lunghissimo e invece è breve. E’ vero sono una rottamatrice. Ma non di persone: di banchi. Li sminuzzerei uno ad uno. Giuro. In realtà anche alcune teste le rottamerei e non sono solo teste politiche. Sull’aereo di ritorno da Firenze: “ah ma lei è una professoressa.. brutte bestie ‘sti ragazzi vero? E poi..certo la scuola di oggi non è più quella che abbiamo fatto noi…ci vorrebbe più rigore” (come ti peremetti? “brutte bestie”?). Vorrei premere un bottone e vederlo lanciato fuori dall’aereo questo giovane medico ultraspecializzato in malattie epatiche ma portatore sano di luoghi comuni a chili. Attacco con il pilota automatico “ Ma sa..le cose non stanno esattamente in questo modo e forse un interesse maggiore e una sana curiosità su quello che accade veramente oggi nelle scuole dovremmo averla tutti non crede?” Per fortuna è interessato e dunque in un ora e mezza qualche certezza gliel’ho smontata. Gli occhi mi cadono su una bella petizione di Dario Fo a difesa della cultura e dell’istruzione italiana. Come dire: chiudiamo il cancello adesso che i buoi sono scappati. Cominciano a parlarne in tanti è bene che lo faccia anche lui…Mi dice il giovane medico: meglio tardi che mai no? Si certo, ma a che serve essere un premio nobel della letteratura se non si è capace di fiutare quando qualcuno lo sta spalancando quel cancello? Dov’è stato Lei maestro Fo, in questi tre anni, mentre ci smontavano le scuole? Anche Lei è di quelli “certo la scuola oggi non è più quella che abbiamo fatto noi e ci vorrebbe più rigore”? No? Giro la pagina ed è la volta di Battiato. Grande, grandissimo Battiato. Eppure leggo «Gli intellettuali ci sono ma sono stanchi. Sono stanchi di certi giornali che non informano ma servono solo il padrone, sono stanchi di tutti gli scandali che scoppiano ogni momento e sfumano in niente, è come se il peggio del passato fosse moltiplicato per dieci. È pazzesco. “. Stanchi? Stanchi di cosa, di grazia? Ci siamo messi sottosopra in questi tre anni per avere uno straccio di intellettuale al fianco e invece niente. Nessuno. Missing. Ogni battaglia era degna di appelli, dal Tibet, a Eluana, a qualunque cosa santa e giusta, ma la scuola no. Per carità: mica ci arrivi in tv con la scuola, o sulle prime pagine dei giornali..a meno che non ti metti in mutande o non mangi per qualche settimana. Figurarsi se sei un intellettuale e difendi la scuola: l’audience ti crolla sotto la fossa delle Marianne. Ma manco Saviano si arrisica nel sentiero impervio della difesa dei docenti della scuola statale (perché loro la tengono in piedi, mica altri..): è più pericoloso che parlar di Camorra. Rischi il disinteresse: perché agli italiani, diciamola per intero, non gliene frega assolutamente nulla della scuola. A onor del merito uno lo abbiamo avuto accanto, di intellettuale. Vincenzo Consolo. Appesantito dagli anni e col fisico invecchiato ma con gli occhi limpidi venne a Palermo, due anni fa, a un incontro auto organizzato da alcuni docenti e dai musicisti precari delle due orchestre sinfoniche. Venne e parlò. Ci scaldò il cuore e la mente. L’eccezione e la regola. Certo non c’è più la scuola di una volta (e chissà a che tipo di scuola ci si riferisce), non ci sono più le mezze stagioni, Parigi val bene una messa e gli intellettuali sono stanchi. Oltre che assenti. Ripeto: stanchi di cosa? E aggiungo: intellettuali per cosa?
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mercoledì 17 novembre 2010

IL TEAM SKODA AL RALLY DI MONTECARLO 2011

di SERGIO CONTI

Il Team Škoda Motorsport, Campione in carica dell’Intercontinental Rally Challenge, sarà al via del prossimo Rally di Montecarlo, in programma nel mese di gennaio. L’edizione numero 79 della corsa monegasca avrà quindi tra i protagonisti entrambi gli equipaggi della Casa di Mladá Boleslav: i finlandesi Juho Hänninen e Mikko Markkula, vincitori del Titolo Piloti nell’IRC 2010, e i cechi Jan Kopecký e Petr Starý. “Il Rally di Montecarlo è un appuntamento molto speciale per noi, in modo particolare perché è la gara che nel 2009 ha visto il debutto assoluto della Fabia Super 2000. A gennaio, nel Principato si celebreranno i 100 anni della corsa, e nel 2011 la Škoda festeggerà i 110 anni di attività nell’ambito dell’automobilismo sportivo: è senza dubbio una combinazione interessante. Inoltre, il Rally di Montecarlo è una delle gare più spettacolari in assoluto e siamo molto motivati” ha dichiarato Michal Hrabánek, Responsabile della Škoda Motorsport.

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martedì 16 novembre 2010

NESSUN COLPEVOLE PER LA STRAGE DI BRESCIA

Quel giorno, il 28 maggio 1974, in piazza della Loggia c'era una manifestazione contro il terrorismo neofascista. L'avevano organizzata i sindacati, il comitato antifascista, c'erano Franco Castrezzati della Cisl, il segretario della Camera del lavoro locale Gianni Panella e Adelio Terraroli del Partito Comunista Italiano. Esplose una bomba in un cestino della spazzatura. Morirono 8 persone, i feriti furono 102 e oggi a Brescia tutti gli imputati sono stati assolti con la formula dell'insufficienza di prove. Parenti delle vittime in aula hanno gridato “vergogna”. Dunque la strage rimane impunita. Anche il terzo processo non ha individuato i colpevoli. La corte di assise di Brescia, presieduta da Enrico Fischetti, ha assolto i cinque imputati Carlo Maria Maggi, Delfo Zorzi, Maurizio Tramonte, Francesco Delfino e Pino Rauti “per non aver commesso il fatto”. La sentenza si basa sull'insufficienza di prove. Revocata la misura cautelare nei confronti di Delfo Zorzi, ex esponente di Ordine Nuovo, che vive in Giappone. L'inchiesta era cominciata nel 1993. La procura aveva chiesto l'ergastolo per Zorzi e Maggi (anche lui di Ordine nuovo), per il collaboratore dei servizi segreti Tramonte e per il generale dei carabinieri Delfino. Per l'ex segretario dell'Msi Rauti la procura aveva chiesto l'assoluzione. I COMMENTI: SENTENZA E' INSULTO ALLE VITTIME «Provo un sentimento di impotenza perché la città voleva due cose: verità e giustizia – commenta il sindaco di Brescia, Adriano Paroli - ma non si è riusciti a raggiungerle. La città continuerà comunque a cercare verità e giustizia». Amareggiato e indignato è Paolo Corsini, deputato del Pd, già sindaco della città lombarda: «Sgomento e sconcerto per una sentenza che, va detto con chiarezza, pone fine alla vicenda giudiziaria. È un insulto irreparabile a quanti quella mattina sono caduti in piazza, ai loro familiari, un'offesa che umilia la città e rischia di spegnere un ansia di verità e giustizia che la ricerca storica e il giudizio politico hanno invece da tempo appagato».
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